Arrestato un oncologo: ha intascato 130mila euro da un malato per iniettare farmaci gratuiti
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Arrestato un oncologo: ha intascato 130mila euro da un malato per iniettare farmaci gratuiti

Giuseppe Rizzi lavorava all'Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari: "I fatti risalgono al periodo compreso tra dicembre 2018 e dicembre 2019"

L'oncologo Giuseppe Rizzi
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29 Maggio 2021 - 10.04


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Un truffa in piena regola (se confermate le accuse) quella messa in atto per oltre un anno da Giuseppe Rizzi, medico oncologo in servizio fino a circa un anno fa all’Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari, arrestato dai Carabinieri.

Si sarebbe fatto pagare più di 130mila euro da un paziente, poi deceduto, per somministrargli farmaci oncologici salvavita gratuiti.

Al medico, che si trova agli arresti domiciliari, il pm Marcello Quercia contesta il reato di concussione aggravata e continuata in concorso con la compagna, l’avvocatessa Maria Antonietta Sancipriani.

Oltre alla misura cautelare nei confronti di Rizzi i carabinieri hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo per equivalente del valore di 136 mila euro.

In sede di perquisizione, nella sua abitazione, i militari hanno trovato reperti archeologici e denaro contante per oltre 1,9 milioni di euro, nascosto in buste e scatole per calzature.

I fatti risalgono al periodo compreso tra dicembre 2018 e dicembre 2019. L’indagine è partita dalla denuncia dei familiari del paziente, dopo la sua morte.

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I carabinieri hanno così accertato che il medico, all’epoca dirigente nel dipartimento di Oncologia dell’Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari, in orario di servizio e anche fuori turno, e comunque non in regime di attività intra od extramoenia, avrebbe eseguito prestazioni mediche, in particolare iniezioni di un farmaco oncologico salvavita, per la cui somministrazione gratuita, in quanto a totale carico del Servizio sanitario nazionale, avrebbe costretto l’uomo al pagamento in suo favore di ingenti somme di denaro e di altre utilità, sia nella struttura ospedaliera sia nella sede del patronato Caf gestito dalla compagna co-indagata, adibito illegalmente ad ambulatorio medico.

 “Le condotte – dicono gli inquirenti – venivano poste in essere dalla coppia approfittando delle gravi condizioni psico-fisiche della vittima che versava in uno stato psicologico di soggezione e di reverenza oltre che di totale fiducia nel suo medico, al punto di indurre la vittima a riconoscerlo quale unico referente in grado di garantirgli la sopravvivenza e così ottenendo illecitamente la somma di denaro contante di circa 130 mila euro, regali e lavori edili nella sua villa a Palese”.

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Al paziente il medico avrebbe dato “false speranze di sopravvivenza” e l’uomo, “pur di restare in vita, continuava a soddisfare le ingenti e costanti richieste di denaro del professionista, dilapidando a sua volta il proprio patrimonio tanto da dover ricorrere agli aiuti economici di amici e parenti”.

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