Stoppani (Fipe) spinge per riaprire a cena: "Con il nuovo Dpcm ristorazione discriminata"
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Stoppani (Fipe) spinge per riaprire a cena: "Con il nuovo Dpcm ristorazione discriminata"

Il presidente di Fipe-Confcommercio: "Siamo abbandonati. Anche con maggiori controlli di sicurezza, ma fateci riaprire"

Stoppani, presidente Fipe-Confcommercio
Stoppani, presidente Fipe-Confcommercio
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27 Febbraio 2021 - 17.37


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Le anticipazioni del nuovo Dpcm lasceranno insoddisfatti chi spinge per le riaperture serali dei ristoranti, almeno in zona gialla.

C’è grande noncuranza dell’aumento dei contagi in Italia, ma spesso si può anche andare oltre gli oltre 300 morti e 20mila contagi giornalieri.

Il presidente di Fipe-Confcommercio, Lino Enrico Stoppani chiede a gran voce di non proseguire con le chiusure dei ristoranti a cena.

“Questi provvedimenti ripropongono le stesse prassi che ci hanno fatto già tanto male. Siamo impotenti. Nonostante le rassicurazioni che ci erano state fatte e nonostante il presidente del Consiglio, Mario Draghi ci abbia detto che era intenzionato a far ripartire in sicurezza le imprese ci ritroviamo a punto e a capo”.

“Se vogliono inasprire i protocolli di sicurezza – sottolinea – va benissimo, li accettiamo. Siamo disponibili a garantire un servizio solo con prenotazione obbligatoria, siamo disponibili ad accettare il pagamento solo con le carte di credito, adottando nuove misure di sanificazione. Ma dobbiamo avere una prospettiva. Rischiamo di vedere fallire molte delle 300 mila imprese del settore che nel 2019 hanno registrato complessivamente un fatturato di 86 miliardi di euro. Giro d’affari che nel 2020 è sceso a 37,7 mld. Siamo abbandonati, dimenticati e maltrattati”.

Per il presidente Federazione Italiana Pubblici Esercizi, nei confronti della ristorazione “c’è un atteggiamento discriminatorio. Giustamente si parla di riaprire in prospettiva i cinema, i teatri e i musei ma lo stesso impegno deve esserci anche nei nostri confronti e nel trovare una soluzione per una graduale riapertura in sicurezza anche la sera a cena. Siamo assolutamente sicuri che il servizio al tavolo possa rappresentare una soluzione al problema degli assembramenti che tra l’altro continuano indipendentemente dal fatto che i bar o i ristoranti restano chiusi. Aprire i ristoranti per pranzo e cena con le persone sedute al tavolo migliorerebbe la sicurezza”.

 “Osservo con amarezza – aggiunge Stoppani – che ci sono due tipi di imprese e di lavoratori: le imprese che vengono considerate essenziali e quelle che vengono considerate non essenziali; ci sono i lavoratori garantiti e quelli non garantiti come gli autonomi. Si pone un vero e proprio problema di equità perché non ci dicano che nelle fabbriche, nelle imprese di altri settori o nella grande distribuzione i problemi legati all’emergenza sanitaria siano minori rispetto ai nostri. L’attività della ristorazione viene considerata come il male massimo e veniamo castigati con le chiusure. E se diciamo qualcosa veniamo bollati come irresponsabili e come insensibili di fronte alla crisi sanitaria”.

“Siamo disarmati, preoccupati e non sappiamo più a chi appellarci. Il comparto della ristorazione – sottolinea il presidente di Fipe – sta vivendo delle grandissime criticità. Senza lavoro si chiude, ma non per qualche settimana, si chiude per sempre”.

Il provvedimento ristori, poi, rileva Stoppani, “se ne parla ma non arriva. Quando arriverà il rischio è che molte imprese siano già fallite o chiuse”.

Per il presidente di Fipe, “non c’è solo l’emergenza sanitaria” come sfida da affrontare, c’è anche quella economica: “dietro ai fallimenti delle nostre imprese ci sono famiglie e lavoratori, oltre 1,2 milioni di persone. Stiamo vivendo una crisi di una gravità inaudita. Il servizio serale rappresenta la principale voce per la ristorazione: il servizio di consegna, che è un’attività complementare alla ristorazione, è solo un palliativo”.

Per Stoppani bisogna anche avere in mente che “la crisi del settore della ristorazione porta con sé anche quella dell’agroalimentare”, che il settore “rappresenta anche un ruolo nel tessuto sociale della nostra società” e che con le difficoltà economiche riscontrate “c’è il rischio di un’infiltrazione della criminalità che provocherebbe altri danni a un settore già in gravi difficoltà”.

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