Un killer del giudice Livatino chiede di lasciare il carcere per motivi di salute
Top

Un killer del giudice Livatino chiede di lasciare il carcere per motivi di salute

La legale del boss Salvatore Parla ha chiesto la scarcerazione per una "grave infermità fisica e mentale". Il killer avrebbe più volte tentato il suicidio

Rosario Livatino, il "giudice ragazzino"
Rosario Livatino, il "giudice ragazzino"
Preroll

globalist Modifica articolo

12 Dicembre 2020 - 17.51


ATF

Il boss Salvatore Parla, killer del giudice Rosario Livatino e condannato all’ergastolo ha chiesto la scarcerazione, tramite l’avvocato Angela Porcello.

“Salvatore Parla si trova in condizioni di grave infermità fisica e psichica, tali, invero, da esigere un trattamento che non si può attuare nello stato di detenzione carceraria, anzi da necessitare di cure e trattamenti indispensabili non praticabili in tale stato”.

L’istanza è stata discussa davanti al tribunale di sorveglianza di Bologna e, nei prossimi giorni, i giudici scioglieranno la riserva.

Nei mesi scorsi, polemiche per la concessione di un permesso premio di nove ore a Giuseppe Montanti, altro ergastolano condannato per l’omicidio di Livatino.

Ora, la richiesta della difesa di Salvatore Parla che propone di sospendere l’esecuzione della pena si basa esclusivamente sulle precarie condizioni di salute del settantenne che, peraltro, avrebbe pure più volte tentato il suicidio.

“Le sue condizioni di salute – si legge nella richiesta del legale di Parla, che elenca tutte le patologie di cui l’anziano ergastolano, detenuto nel carcere di Parma, soffrirebbe – fanno palesemente apparire l’espiazione della pena in contrasto con il senso di umanità, cui si ispira la Costituzione e in violazione dei tre principi costituzionali di uguaglianza, di senso di umanità e di diritto alla salute”.

Leggi anche:  Ritorna "Trame", il Festival dei libri contro le mafie

Rosario Livatino, il “giudice ragazzino”, fu ucciso il 21 settembre del 1990 lungo lo scorrimento veloce tra Agrigento e la sua Canicattì.

Sulla base di una coraggiosa testimonianza, quella di Pietro Nava, furono individuati gli esecutori dell’omicidio.

Fervente cattolico, il magistrato è già “Servo di Dio” alla fine di una istruttoria della Chiesa.

“Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo credenti, ma credibili”, parole del “Giudice ragazzino”.

Native

Articoli correlati