di Michele Smargiassi*
Faccio una confessione: da molti anni penso che il corteo del 2 agosto dovrebbe lasciare il posto a un’altra cosa, che aiuti la memoria a diventare storia e coscienza critica. A qualcosa che colleghi quell’attimo di distruzione bestiale ad altre distruzioni, altrettanto feroci, spesso ipocritamente contrabbandate per sciagure. Qualcosa che dia conto, testimonianza e rifiuto della riduzione del corpo umano a carne da macello delle strategie mortali della politica, dell’economia, dell’ideologia.
Ma questo passaggio nella mia immaginazione avrebbe dovuto avvenire sonoramente, con l’orgoglio della ragione e la forza della volontà. Invece, proprio quest’anno, proprio in questo anniversario tondo, la pandemia rischia di fornire il pretesto per l’opposto, il lasciare, il dimenticare, il tacere.
Non può accadere che tutto quel che fa soldi e Pil sia autorizzato a ricominciare, mentre la cultura, la scuola, e come in questo caso, la coscienza collettiva, no. Se è così, se qualcuno pensa questo, allora spero che alle 10.25 anche quest’anno gli fischino le orecchie, forte, fortissimo, con la potenza di una locomotiva che non si ferma.
*giornalista di Repubblica