Addio a Gugliemo Mollicone: morto senza aver avuto giustizia per l'assassinio di Serena
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Addio a Gugliemo Mollicone: morto senza aver avuto giustizia per l'assassinio di Serena

La ragazza di Arce, in provincia di Frosinone, nel 2001 fu ritrovata senza vita dopo un paio di giorni dalla sua scomparsa in un boschetto dell'Anitrella

Padre di Serena Mollicone
Padre di Serena Mollicone
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31 Maggio 2020 - 18.04


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Una storia davvero triste: “Finisce la sua vita ma non finisce la sua istanza di giustizia”. Dario De Santis, legale di Guglielmo Mollicone, conferma la morte del papà di Serena, la 18enne di Arce, in provincia di Frosinone, scomparsa a giugno del 2001 e ritrovata senza vita dopo un paio di giorni in un boschetto dell’Anitrella, a pochi chilometri da casa.

Guglielmo Mollicone, a fine novembre, era stato colpito da arresto cardiaco: finito in coma, non si era più ripreso.

Anche se le indagini sono andate avanti e la procura ritiene di aver individuato i responsabile, Guglielmo Mollicone è morto senza aver ottenuto giustizia.

La storia

Il padre di Serena non assisterà all’epilogo delle nuove indagini sull’omicidio di sua figlia avvenuto, per uno strano scherzo del destino, il 1° giugno del 2001. Esattamente 19 anni fa Serena usciva di casa per non rientrarci mai più. Per quel delitto ora sono indagate cinque persone. 
 Il Covid-19 ha rallentato il processo – Era atteso per il mese di marzo la decisione da parte della procura sul processo a carico del maresciallo Franco Mottola, ex comandante della stazione dei carabinieri di Arce, della moglie Anna Maria, del figlio Marco, del maresciallo Vincenzo Quatrale e dell’appuntato Francesco Suprano. Mottola, i suoi familiari e Quatrale sono accusati di concorso in omicidio. Per Quatrale si ipotizza anche l’istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi, mentre l’appuntato Francesco Suprano deve rispondere di favoreggiamento. 
 Spinta contro una porta in caserma e uccisa – Secondo la Procura di Cassino la studentessa morì dopo essere stata spinta contro una porta dentro la caserma dei carabinieri di Arce, forse dopo un litigio con il figlio di Mottola, Marco. La ricostruzione del delitto tratteggiata dalla perizia medico-legale indicò una compatibilità tra lo sfondamento della porta dell’alloggio della caserma dei carabinieri di Arce e la frattura cranica riportata dalla 18enne. Fu inoltre accertata la “compatibilità tra i microframmenti rinvenuti sul nastro adesivo che avvolgeva il capo della vittima e il legno della porta, così come con il coperchio di una caldaia della caserma”, aveva spiegato il procuratore di Cassino, Luciano d’Emmanuele. 
 Il corpo portato nel bosco dopo la morte – La svolta nelle indagini fu la perizia del Ris che rilevò come il corpo di Serena, ormai senza vita, fu spostato nel boschetto dell’Anitrella dove vu poi trovato con mani e piedi legati dal nastro adesivo e una busta di plastica in testa. Durante le nuove indagini, gli inquirenti hanno ascoltato 118 testi, molti dei quali scelti tra i 1.137 più volte sentiti nei diciotto anni di ricerca della verità per il delitto di Arce. La vicenda giudiziaria dell’omicidio della 18enne è stata lunga, tortuosa e segnata da episodi anche inquietanti. Due anni dopo il delitto fu arrestato con le accuse di omicidio e occultamento di cadavere Carmine Belli, un carrozziere poi prosciolto nel 2006 da ogni accusa della Cassazione. Ad aggiungere mistero anche il suicidio del carabiniere Santino Tuzi che nel 2008, prima di essere ascoltato dai magistrati, si uccise sparandosi nella sua auto. 
 Un caso che resta avvolto dal mistero, un omicidio che potrebbe essere stato scatenato da un movente terribile: forse Serena il giorno in cui morì era andata nella caserma dei carabinieri per denunciare alcuni traffici, forse legati alla droga. Successivamente la lite e poi la tragedia. 

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