Il chirurgo di guerra di Emergency, Setti Carraro: "Ho visto cosa è l'ebola, sarà lunga"
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Il chirurgo di guerra di Emergency, Setti Carraro: "Ho visto cosa è l'ebola, sarà lunga"

"Il numero reale dei contagiati è tre, quattro volte superiore ai dati diffusi. Forse per giugno, potremmo aver spento i focolai. Ripeto: forse"

Il dottor Paolo Setti Carraro
Il dottor Paolo Setti Carraro
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25 Marzo 2020 - 08.49


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È convinto che l’emergenza coronavirus durerà ancora a lungo e che non dobbiamo farci illusioni: Paolo Setti Carraro, chirurgo di guerra e volontario con “Emergency” e “Medici senza frontiere”, intervistato dal Corriere della Sera, offre il suo punto di vista, data l’esperienza maturata in Afghanistan, Sud Sudan, Sierra Leone, Iraq, Haiti, Yemen, Striscia di Gaza e in aree flagellate dall’Ebola.

“Sarà lunga. Eventuali consolidamenti nel calo dei contagi non possono illuderci. I divieti devono durare. Il peggio non è affatto passato. Il numero reale dei contagiati è tre, quattro volte superiore ai dati diffusi. Forse per giugno, potremmo aver spento i focolai. Forse”.

Secondo Setti Carraro, è arrivato il momento di puntare tutto sulla prevenzione.

“Servono equipe strutturate e coordinate che tengano sotto controllo le persone a domicilio, persone che hanno parenti ricoverati, persone sintomatiche e asintomatiche. Telefonate ogni giorno, aggiornamenti sulle condizioni fisiche, sostegni morali. Questa gigantesca crisi ci sta già fornendo importanti spunti di riflessione. La nostra sanità è una delle migliori. Poche nazioni, penso al Giappone, hanno numeri come i nostri di sopravvivenza ai tumori. Ma in Italia, come in tutta Europa, manca una politica decisa e articolata di medicina sociale, di formazione culturale, di promozione di stili di vita corretti”.

Prosegue poi facendo il paragone con l’Ebola.

“In Congo, hanno affrontato Ebola pur in un contesto terribile, con intorno 47 bande armate, i famigerati signori della guerra: distruggevano i centri medici, uccidevano i dottori… Hanno affrontato Ebola con decisione e coesione, in Congo, grazie a tanti medici in prima linea, giovani africani, non il solito occidentale gradasso che insegna come gira il vento. […] Ho visto un comportamento disciplinatissimo e virtuoso, in quelle terre, di pura responsabilità; voglio vedere qui le spiagge e le montagne a Pasqua, sperando di essere smentito. Il virus non è un’influenza di stagione, non passa con il caldo”.

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