Parma, dove i giornali sono una Spoon River con la cronaca del cimitero
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Parma, dove i giornali sono una Spoon River con la cronaca del cimitero

Le pagine di necrologi sono sei e, a ben vedere, forse non tengono nemmeno conto delle trentaquattro morti di ieri

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Marco Buttafuoco Modifica articolo

19 Marzo 2020 - 18.09


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La Gazzetta di Parma, il più antico quotidiano italiano ha una curiosa (per chi non è un parmigiano autentico) pagina riservata ai necrologi. E’ corredata da fotografie. A ogni deceduto, di cui spesso viene ricordato anche il soprannome, corrisponde una foto, sotto la quale si snodano l’annuncio della famiglia e le varie partecipazioni al lutto.

E’ una Spoon River iconografica, la cronaca quotidiana di un cimitero.

Di solito la Gazzetta viene letta partendo dalle ultime pagine, quelle dei necrologi, appunto, due di solito, a volte una e mezzo. Di più quando muore qualche persona particolarmente nota.

Quando entri in un bar, ne cerchi la copia e la trovi occupata, devi solo dare una sbirciata. Se l’avventore è alle pagine dei morti, sai che devi aspettare ancora un bel po’ per la tua lettura. Oggi questa pagina trascende la quotidianità minima, l’occhiata frettolosa per capire se devi fare una telefonata a qualcuno per le condoglianze, o per vedere se il tuo annuncio di partecipazione è stato pubblicato correttamente. Oggi è di più, è davvero una Spoon River Le pagine di necrologi sono sei e, a ben vedere, forse non tengono nemmeno conto delle trentaquattro morti di ieri. Molti annunci si riferiscono sicuramente a decessi del 17 marzo. 
La cronaca dei paesi riporta diverse storie di persone scomparse, tante in più rispetto alla media.
Storie di persone comuni, di vite di lavoro, di volontariato. Storie anonime, di quelle che solo i giornali di provincia raccontano, salvandoli dal quasi totale anonimato che caratterizza la vita di una città, anche piccola. Guardando quelle foto, leggendo quei necrologi di paese, si nota che molte di quelle persone erano anziane e forse afflitte da precedenti patologie. Anche questo dato va comunque letto con scrupolo. Il Dottor Giuseppe Finzi, aveva solo sessantadue anni, lavorava ancora all’Ospedale Maggiore, dove dirigeva il reparto Day Hospital. Non era una persona definibile come malato. Era uno dei tanti che doveva fare attenzione alla sua salute, senza per questo rinunciare a una vita attiva e intensa.


Stamattina circolava la foto di un camion frigorifero all’interno dell’Ospedale, vicino alla camera mortuaria.

Purtroppo chi ha postato l’immagine non è un utente qualsiasi, una persona di facili spaventi; Gabriele Balestrazzi è, da quarantacinque anni uno di giornalisti più conosciuti a Parma, una persona che non parla se non basandosi su fonti certe. Il vecchio cronista voleva solo lanciare un altro, durissimo, invito alla responsabilità di tutti. Ieri sera il commissario alla Sanità dell’Emilia Romagna parlava del Parmense come parte del fronte avanzato della lotta a Covid19. 


Vengono in mente i versi di Bertolt Brecht.
Davvero, vivo in tempi bui!


La parola innocente è stolta. Una fronte distesa


vuol dire insensibilità. Chi ride,
la notizia atroce


non l’ha saputa ancora.

Stasera comunque il bollettino parla di sette morti e sessantanove nuovi contagi. La luce non si vede.

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