Ucraina, arrivano i caschi blu?
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Ucraina, arrivano i caschi blu?

Mosca potrebbe anche cambiare idea sul dispiegamento di forze di pace nell’est dell’Ucraina, ma soltanto con l’assenso delle Repubbliche autoproclamate del Donbass

Ucraina, arrivano i caschi blu?
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redazione Modifica articolo

19 Marzo 2015 - 08.21


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Inizialmente arroccato su una posizione di totale dissenso, il Cremlino sembra essere giunto a più miti consigli sulla possibilità di approvare il dispiegamento dei caschi blu delle Nazioni unite nel Donbass, come proposto il mese scorso dal presidente ucraino Petro Poroshenko. Ma un’eventuale missione di peacekeeping nell’est dell’Ucraina, da attuare sia sul fronte che ai confini con la Russia – dove secondo il governo di Kiev e l’occidente transitano truppe armate dotate di veicoli militari e artiglieria pesante – potrebbe ricevere il placet del Cremlino solo con l’assenso delle Repubbliche autoproclamate del Donbass. Ad annunciare una simile apertura diplomatica è stato il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov lunedì pomeriggio, puntualizzando però che Mosca continua a ritenere lo schieramento delle forze di pace dell’Onu una violazione degli accordi di Minsk, in base ai quali il controllo sulla tregua viene affidato esclusivamente agli osservatori dell’Osce. E d’altro canto i ribelli filo-russi, pur non pienamente compatti nell’esprimere a febbraio il loro niet riguardo all’appello di Poroshenko, per il momento non hanno diffuso alcuna dichiarazione che lasci presagire un sostanziale via libera all’invio dei caschi blu. Dopotutto, stando ai termini dell’accordo raggiunto durante il vertice bielorusso del 12 febbraio (cui hanno partecipato anche Russia, Francia e Germania), non sono contemplate altre forze di interposizione e l’Ucraina deve concordare il controllo della frontiera con i miliziani soltanto al termine delle elezioni municipali e una volta adottata la riforma costituzionale. Ad ogni modo, lunedì Poroshenko ha presentato in Parlamento il documento ufficiale – già approvato dal Consiglio di sicurezza ucraino – con cui Kiev chiederà al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite di predisporre una missione di peacekeeper nell’est del Paese per monitorare il cessate il fuoco.

“Saremo pronti a discutere dell’eventualità di non porre il veto in sede di Consiglio di sicurezza dell’Onu alla proposta di inviare un contingente di pace – ha spiegato Lavrov – solo se verrà raggiunta un’intesa in tal senso tra Kiev e le autoproclamate Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk. Ad essere onesti, riteniamo che un’ipotesi del genere vada esclusa perché non contemplata nell’accordo stretto appena un mese fa”.

È pur vero, tuttavia, che alcune dichiarazioni rilasciate poche ore prima dal viceministro degli Esteri russo Gennady Gatilov seguono una direzione ben diversa da quella tracciata più tardi dal titolare del dicastero. “Non credo che la proposta del presidente ucraino sia ragionevole – ha osservato Gatilov -, visto che stiamo agendo in base alle condizioni stabilite con l’accordo di Minsk. E in quel vertice abbiamo convenuto che il controllo della tregua è assegnato unicamente agli osservatori dell’Osce, che peraltro presto diventeranno quasi un migliaio. E non dimentichiamo che l’Ue invierà blindati e fornirà immagini satellitari per monitorare la tregua. Inoltre il dispiegamento delle forze di pace deve essere deciso dal Consiglio di sicurezza, non dal Segretariato delle Nazioni unite che può solo sviluppare i parametri tecnici di tale missione di peacekeeper”.

(Fonte: Ria novosti, Interfax)

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