Strage di Brescia, annullate le assoluzioni
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Strage di Brescia, annullate le assoluzioni

La Cassazione ha deciso per nuovo processo a carico di Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte. Escono dal procedimento Delfo Zorzi e Francesco Delfino.

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21 Febbraio 2014 - 16.19


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A 40 anni dal giorno dell’attentato è stata accolta con le lacrime da parte dei superstiti e dei parenti delle vittime la sentenza della Quinta sezione penale della Cassazione che ha stabilito che dovrà essere celebrato un nuovo processo per la strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974. “Meglio di così non poteva andare”, ha detto commosso Redento Peroni, uno dei 103 feriti dalla bomba piazzata sotto il colonnato nascosta in un cestino dei rifiuti. Nuovo processo d’appello, quindi, a carico di Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, due degli imputati assolti in appello.

I giudici della quinta sezione penale della Suprema Corte, dopo una camera di consiglio durata circa due ore, hanno accolto in parte il ricorso presentato dalla procura generale di Brescia. Il ricorso della procura è stato invece rigettato sul punto riguardante la posizione di Delfo Zorzi.

I giudici hanno inoltre annullato senza rinvio la sentenza d’appello pronunciata dai giudici di Brescia il 14 aprile 2012 sul punto in cui disponeva delle statuizioni a carico delle parti civili ricorrenti. Infine, è stato dichiarato inammissibile il ricorso presentato da una delle parti civili contro Francesco Delfino, assolto dai giudici del merito, per il quale la procura di Brescia non aveva presentato appello. La sua assoluzione, dunque, era già passata in giudicato: l’accoglimento del ricorso della parte civile avrebbe portato soltanto alla riapertura di un processo in sede civile.

I fatti e l’iter del processo – Otto morti e 103 feriti. Questo il drammatico bilancio della strage di Piazza della Loggia a Brescia. Erano le 10.12 del 28 maggio 1974 quando, durante una manifestazione antifascista indetta dai sindacati, la bomba nascosta in un cestino dei rifiuti esplose. Le indagini seguirono da subito la pista eversiva del neofascismo e cinque anni dopo si arrivò al primo processo.

Il 2 giugno 1979 i giudici della Corte d’assise di Brescia condannano all’ergastolo il neifascista Ermanno Buzzi e a dieci anni Angelino Papa, mentre assolvono gran parte delle 16 persone incriminate dal pm Francesco Trovato e dal giudice istruttore Domenico Vino, o li condannano a pene inferiori, ma solo per detenzione di esplosivi o per altri attentati. Due anni dopo, il 18 aprile 1981, Buzzi, personaggio in bilico tra criminalità comune e politica, viene strangolato nel supercarcere di Novara. A ucciderlo sono Mario Tuti e Pierluigi Concutelli, esponenti di primissimo piano dell’eversione neofascista. I due motivarono l’omicidio con il fatto che Buzzi fosse “pederasta” e confidente dei carabinieri, ma è sempre rimasto il sospetto è che temessero fosse intenzionato a fare dichiarazioni nell’imminente processo d’appello.

I giudici della Corte d’assise d’appello di Brescia assolvono tutti gli imputati compreso Angelino Papa il 2 marzo 1982. Due anni dopo il pm Michele Besson e il giudice istruttore Gian Paolo Zorzi aprono la cosidetta ‘inchiesta bis’. Imputati i neofascisti Cesare Ferri, il fotomodello Alessandro Stepanoff e Sergio Latini. La nuova pista è aperta dopo le dichiarazioni di alcuni pentiti tra cui Angelo Izzo, neofascista della Roma-bene, protagonista del Strage del Circeo.

Sempre nel 1984, giudicando sul primo processo, la Cassazione annulla la sentenza di appello e dispone un nuovo processo per Nando Ferrari, Angelino e Raffaele Papa e Marco De Amici. Il 20 aprile 198, la Corte d’assise d’appello di Venezia, davanti alla quale è celebrato il nuovo processo di secondo grado, assolve tutti gli imputati del primo processo bresciano.

Il 23 maggio 1987, l’inchiesta bis, conclusa con una serie di rinvii a giudizio, approda in aula: i giudici di Brescia assolvono per insufficienza di prove Ferri, Latini e Stepanoff. Ferri e Latini sono assolti anche dall’accusa di aver ordinato l’omicidio di Ermanno Buzzi che, secondo i pentiti, fu fatto uccidere perché non parlasse. Nello stesso anno, il 25 settembre, la Cassazione conferma la sentenza di assoluzione dei giudici della Corte d’Appello di Venezia e pone fine ai processi nati dalla prima inchiesta sulla strage.

Il 10 marzo 1989 la Corte d’assise d’appello di Brescia assolve, questa volta con formula piena, Ferri, Stepanoff e Latini. Pochi mesi dopo, a novembre, la prima sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Corrado Carnevale, conferma e rende definitive le assoluzioni di Ferri, Stepanoff e Latini. I primi due saranno anche risarciti per la carcerazione subita.

Il 23 maggio 1993 il giudice istruttore Gian Paolo Zorzi proscioglie gli ultimi imputati dell’inchiesta bis. Pochi mesi dopo viene aperta la nuova inchiesta, quella sfociata nel processo odierno: si chiude con il rinvio a giudizio di nomi noti della cellula veneta di Ordine nuovo e personaggi già entrati nell’inchiesta sulla strage di piazza Fontana.

Molti anni dopo, il 16 novembre 2010, i giudici della Corte d’assise di Brescia assolvono Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Francesco Delfino, Pino Rauti e Maurizio Tramonte. Per quella che una volta era definita insufficienza di prove. La Procura aveva chiesto l’ergastolo per gli ex ordinovisti veneti Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi, per il collaboratore dei servizi segreti Maurizio Tramonte e per il generale dei carabinieri Francesco Delfino. Per l’ex segretario dell’Msi Pino Rauti era stata chiesta l’assoluzione. Viene revocata anche l’ordinanza per la misura cautelare nei confronti di Delfo Zorzi che vive ormai da decenni in Giappone.

E infine, il 14 aprile 2012 la Corte d’Assise d’Appello conferma le assoluzioni. La procura fa appello, ma dai pm arriva quasi una dichiarazione di resa: “Abbiamo fatto tutto il possibile. E’ una vicenda che va affidata alla storia”. Sui quell’appello ha deciso oggi la Cazzazione. Fino a oggi, dunque, tre filoni istruttori, ma nessun colpevole.

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