Mostrare il seno sui social o no? Meta ci ripensa e forse lo consentirà
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Mostrare il seno sui social o no? Meta ci ripensa e forse lo consentirà

Facebook potrebbe rivedere la sua politica e non censurare più alcun capezzolo, né maschile né femminile in nome di una maggiore libertà di espressione. Racconto un pomeriggio trascorso a discutere con due amiche sull'argomento.

Mostrare il seno sui social o no? Meta ci ripensa e forse lo consentirà
Una protesta del 2021
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5 Febbraio 2023 - 11.42 Culture


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di Agostino Forgione

Voi non ci crederete, ma ci sono dei pomeriggi durante i quali le discussioni prendono strane pieghe e si finisce a parlare con amiche e colleghe di seni maschili e femminili, degli stili di vita che mutano e ribaltano luoghi comuni o confermano tendenze in atto. Così è capitato, nell’unico vero freddo pomeriggio di quest’inverno, di toccare con mano quanto sia difficile e complesso affrontare questi argomenti.

Parto da una “scoperta”, chiamiamola così, per comodità. Per quanto possa sembrare strano (quantomeno lo è sembrato a me), in tempi moderni i primi a lottare per il diritto a mostrarsi a petto nudo sono stati gli uomini e non le donne.

Era il 1935 quando 42 ragazzi furono arrestati ad Atlantic City, in New Jersey, colpevoli di protestare in topless affinché venisse riconosciuto loro il diritto di poter uscire di casa a petto nudo. Quella società era così pudica che un corpo troppo scoperto era un tabù a prescindere dal sesso. Persino in spiaggia, gli stessi uomini non potevano esimersi dall’indossare il costume integrale. Bisognerà aspettare l’anno seguente, il 1936, affinché venisse riconosciuto loro il diritto di poter mostrare i capezzoli in pubblico, senza rischiare una multa per “condotta disordinata”.

Oggi, quasi un secolo dopo, nessun genitore si sognerebbe di coprire gli occhi del figlio davanti un uomo dal torso scoperto. Anzi, ciò che un tempo era bene coprire è diventato, ora, un elogio alla virilità.

Una delle pratiche che si sono diffuse è, infatti, quella di allenarsi e farsi i muscoli per poterli mettere in bella mostra. Condizione che, nel 2014, ha portato il collettivo “Free the nipples” a imporsi sulla scena mediatica con un film dall’omonimo titolo.

E qui è sorta la prima domanda di fondo che ha dato origine alla disputa: perché agli uomini è concesso di mostrarsi a petto nudo senza infrangere le norme del buoncostume mentre alle donne no? Ma è poi vero che oggi sia così e che questo atteggiamento riguardi la gran parte dell’opinione pubblica?

In realtà, questo atteggiamento si è poi evoluto negli anni. Ad esempio, c’è molto da dire sui modi e le norme con cui gli algoritmi dei social network trattano il corpo femminile, regolamentando proprio quelle immagini che ritraggono i capezzoli.

Da sempre Meta ha mostrato un’assoluta intransigenza, censurando, ad eccezione di pochi specifici casi, ogni seno femminile. Questo atteggiamento ha prodotto, negli anni, esiti paradossali, come quando l’algoritmo di Facebook ha oscurato una fotografia ritraente la Venere di Botticelli. La rimozione di un’immagine ritraente il seno di un uomo transgender (poi prontamente ripubblicata) ha riproposto la questione che ha assunto, però, nuove tinte e ha fatto emergere un ulteriore quesito: è sbagliato per un uomo transgender non potersi mostrare in topless sebbene si identifichi nel genere maschile?

Impugnando il diritto alla libertà di espressione, l’Oversight Board (cioè il Consiglio di sorveglianza indipendente di Meta composto da esperti, giuristi e accademici) ha chiesto alla Società di rivedere le proprie norme al fine di “definire criteri chiari, oggettivi e rispettosi dei diritti”. Da quando è stata presentata questa istanza, la direzione della piattaforma social ha 60 giorni per accoglierla o meno, sebbene sembrerebbe essere sulla strada di accettare tale indicazione.

Capezzolo libero per tutti, dunque?

Rimane però un ulteriore dubbio: è giusto considerare uguali i capezzoli di un corpo maschile e di uno femminile?

È stato proprio questo uno degli argomenti che ci ha fatto discutere un bel po’, con pareri a volte divergenti, tra me e le due amiche, entrambe studentesse in psicologia. Il punto su cui entrambe concordano a pieno è che se è vero che a pensar male si fa peccato ma spesso ci s’indovina, la decisione di Meta potrebbe essere – quantomeno in parte – una mossa utile a strappare una fetta di utenti agli altri social che hanno norme sul nudo molto meno stringenti (n.d.r. vedi TikTok).

In accordo coi manuali medici, l’amica Antonella afferma che esiste una differenza tra seni femminili e maschili, in quanto i primi sono considerati degli organi sessuali mentre i secondi no. Una differenza prettamente anatomica e fisiologica: «Come sappiamo – spiega- ciò che distingue l’uomo dalla donna muove dall’anatomia fino ad arrivare alla differenza nella risposta sessuale extragenitale, ragion per cui nelle donne, contrariamente all’uomo, il seno è considerato anche un organo sessuale». Una diversità oggettiva, dunque, esiste; si tratterebbe, quindi, di cambiare il modo in cui le persone vi si approcciano.

Per capire questa svolta occorrerebbe insegnare ai bambini nuove forme di comportamento a partire dall’educazione sessuale. Una riflessione che porta il tema su un piano prettamente culturale, sottolineando come cardine della questione sia una rieducazione che sensibilizzi su quando sia lecito sessualizzare un corpo e quando no. «Rieducazione che dovrebbe partire anzitutto dalle donne », afferma Antonella.

Francesca, invece, si dichiara favorevole alla nuova policy, sebbene rintracci un fine marcatamente utilitaristico: «Per quanto la riconosca come una trovata di marketing, mi esprimo a favore di questa idea perché, nonostante sia consapevole delle possibilità di strumentalizzazione di questa tendenza, spero che la concessione da parte di Meta riguardo la possibilità di mostrare i propri capezzoli sia il punto di partenza per una riflessione a livello molto più ampio e spero che porterà ad una volontà di fornire un’informazione ed un’educazione migliore riguardo il sesso e riguardo i nostri corpi, smettendo di trattare questi argomenti come tabù».

Anche lei sottolinea, quindi, come a monte della questione dovrebbe esserci un maggiore rispetto e consapevolezza sul corpo delle donne, purtroppo spesso assente. Al di là del fascino delle semplificazioni, è emerso, in questa lunga discissione, un quadro complesso e articolato, che per comodità, qui, ho eccessivamente semplificato.

Sdoganarsi dalle restrizioni di Meta potrebbe essere un modo per normalizzare parzialmente l’immagine del senso femminile, combattendo la sua esclusiva sessualizzazione. Ma credo che la vera emancipazione dovrà essere il frutto di una diffusa educazione sociale anziché un mezzo per perseguirla.

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