Verità e falsità, tra storia e informazione
Top

Verità e falsità, tra storia e informazione

La verità dello storico e quella del giornalista. A dividerle dalla menzogna, il senso critico e la coscienza critica della cittadinanza attiva.

Verità e falsità, tra storia e informazione
Preroll

Antonio Cipriani Modifica articolo

15 Giugno 2011 - 12.37


ATF

Il rapporto tra storia e verità è complesso. Perché è difficile per lo storico orientarsi tra documenti e testimonianze rintracciando gli elementi di verità inconfutabili, ed è ancora più difficile quando false notizie sono talmente avvincenti e legate alla logica del tempo da apparire più vere di una verità. Come un grande attore che recita la sua parte talmente bene da rendere la finzione scenica più reale e credibile della realtà stessa.

Ma almeno gli storici lavorano sul tempo lungo, con un metodo e con la pazienza dell’analisi delle cause e degli effetti. Figuriamoci il rapporto tra un giornalista e la verità che cosa può essere.

Perché un cronista sul campo, un inviato che fa un reportage o che segue un evento, sono in quel momento i testimoni reali di un fatto storico in divenire. E possono narrarlo, edulcorarlo, esagerarlo, mistificarlo o ancora contestualizzarlo in modo da rendere un racconto più plausibile della realtà stessa.

Come fare, allora?

Marc Bloch diceva: l’arte di discernere nei racconti il vero, il falso e il verosimile si chiama critica storica. Quindi affidava all’esperienza, al senso critico e alla coscienza dello storico la soluzione del problema. E nel giornalismo? Forse seguendo lo stesso tracciato potremmo dire che il senso critico potrebbe avere un suo ruolo. Oltre che la coscienza di chi scrive. E alla coscienza critica collettiva di chi legge, che nell’epoca della rete e della comunicazione globale, potrebbe rendere assai più difficile il racconto di balle giornalistiche o di invenzioni mediatiche.

Leggi anche:  25 aprile 1945: quando la voce di Sandro Pertini chiamò alla rivolta

Quel condizionale, “potrebbe”, è legato invece a quanto diceva Tucidide, ossia che la maggior parte degli uomini non ha voglia di ricercare la verità, preferisce adottare le opinioni che vengono loro riferite già belle e pronte.

Che modernità interpretativa Tucidide, vissuto 2000 anni fa. E che triste fatica controcorrente è la democrazia dell’informazione che auspichiamo, fatta di coscienza e senso critico diffuso. Fatta di partecipazione all’evento informativo. Qua e là, devo dire, qualcosa di buono comincia a vedersi.

Native

Articoli correlati