Tutti caschiamo nel "Phubbing", ma che cos'è?
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Tutti caschiamo nel "Phubbing", ma che cos'è?

Il gesto di guardare il telefono mentre siamo con gli altri spesso irrita anche noi stessi, ma non riusciamo a farne a meno

Phubbing
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globalist Modifica articolo

8 Novembre 2021 - 09.41


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Un gesto a cui nessuno rinuncia eppure è avversato dal codice del galateo.
Si parla di netiquette (dal vocabolo inglese network (rete) e da quello francese étiquette (buona educazione)) per indicare quell’insieme di regole informali che disciplinano il buon comportamento di un utente sul web di Internet, in forum, blog, email e altro.
Rispetto allo smartphone, un oggetto diventato quasi estensione del nostro stesso corpo e dal quale difficilmente ci separiamo, c’è un termine, il Phubbing – dall’inglese ‘Phone’ e ‘Snubbing’ – che descrive l’atto di trascurare con intenzione i propri interlocutori reagendo istantaneamente a qualsiasi notifica proveniente dal telefono o semplicemente navigando su Internet nel bel mezzo di una conversazione, snobbando l’interlocutore. Sebbene il termine non sia molto noto il fenomeno è fin troppo diffuso. E decisamente poco apprezzato.
Quando viene subìto, il Phubbing infatti, è ritenuto un comportamento irritante dalla quasi totalità dei rispondenti alla survey (81%) realizzata da Wiko sul tema. Eppure, oltre il 70% ammette di avervi ceduto almeno una volta. Il 23% degli intervistati, addirittura, afferma di “snobbare” il prossimo frequentemente, lanciando continue occhiate distratte al telefono mentre è in compagnia di una o più persone. Un dato che non stupisce, considerando che il 68% degli utenti controlla il proprio smartphone più di 50 volte al giorno. D’altronde, il device mobile è ormai l’oggetto che mantiene tutti costantemente in contatto e aggiornati, è usato per lavorare, studiare, controllare le notizie, anticipare i cambiamenti del meteo e per socializzare (a quanto pare, però, non con chi ci sta davanti).
Tra le motivazioni più comuni per distrarsi con lo smartphone c’è la noia. Il 78% dei partecipanti alla survey dichiara di controllare il display più spesso se si annoia. Occhio quindi a mantenere le conversazioni sempre brillanti, pena l’essere ignorati. Il restante 22%, invece, cede alla distrazione solo in caso di particolare agitazione. Se l’argomento è spinoso o l’interlocutore mette in soggezione, rifugiarsi nello schermo dello smartphone pare funzionare come un ottimo antistress.
Per quanto odiato, la maggioranza, comunque, ritiene il phubbing giustificato se la causa della distrazione digitale è l’attesa di un messaggio importante (61%). E il 39% ha una soglia di tolleranza perfino più alta: il semplice controllo di notifiche ed e-mail vince sulla buona etichetta. Questioni di priorità.
Nonostante quasi tutti siano d’accordo che il phubbing contribuisca a rendere secondaria l’interazione con gli altri aumentando la possibilità di fraintendimenti, discussioni e malumori, sembra proprio che alcuni non riescano a fare a meno di avere lo smartphone sempre a portata di mano. Il 30% dei rispondenti, infatti, avrebbe grosse difficoltà a lasciare il telefono in tasca per il tempo di una intera conversazione.
 
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