Libano, morto un capo se ne fa un altro: mentre Israele ordina assassinii mirati e bombardamenti a tappeto
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Libano, morto un capo se ne fa un altro: mentre Israele ordina assassinii mirati e bombardamenti a tappeto

La storia del Medio Oriente è piena di assassinii mirati, di presidenti, primi ministri, capi di organizzazioni paramilitari o terroristi fatti fuori.

Libano, morto un capo se ne fa un altro: mentre Israele ordina assassinii mirati e bombardamenti a tappeto
Hassan Nasrallah
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

28 Settembre 2024 - 19.42


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La storia del Medio Oriente è piena di assassinii mirati, di presidenti, primi ministri, capi di organizzazioni paramilitari o terroristi fatti fuori. Solo per citarne alcuni; Anwar al-Sadat, Yitzhak Rabin, Muammar Gheddafi (e con esecuzioni di Stato Saddam Hussein).  E sul fronte di organizzazioni para militari o terroristiche: Osama bin Laden, Abu Bakr al-Baghdadi, lo sceicco e fondatore di Hamas Ahmed Yassin, il capo dell’ufficio politico di Hamas Ismail Haniyeh, comandanti in capo dei Pasdaran iraniani (uno per tutti, il generale Qassem Soleimani, il leggendario capo della squadra d’élite per le operazioni più segrete, … E ora Hassan Nasrallah. Restando al fronte islamico-militare, la storia offre un’altra lezione: nessuno è insostituibile. Ma al tempo stesso, che non tutti hanno la stessa statura di capo.

E quella di Hassan Nasrallah, era, oggettivamente, una statura “alta”. Nasrallah, 64 anni, ha guidato Hezbollah per 32 anni, da quando Israele ha assassinato il suo predecessore, Abbas al-Musawi, nel 1992. La sua leadership carismatica e la sua abilità politica lo hanno reso una delle figure più influenti in Libano e nel Medio Oriente.

Nato a Beirut nel 1960 da una famiglia povera, Nasrallah era il maggiore di nove figli. Fin da piccolo mostrò un profondo interesse per l’Islam, dedicando gran parte del suo tempo agli studi religiosi. Nel 1975, la sua famiglia fuggì da Beirut a causa dello scoppio della guerra civile libanese. In seguito, Nasrallah si unì ad Amal, un movimento sociale sciita alleato dell’Iran e della Siria, e a 16 anni si recò a Najaf, in Iraq, per studiare in un seminario religioso.

La carriera politica e militare di Nasrallah iniziò sotto la guida di Abbas al-Musawi durante i suoi studi a Najaf. Dopo essere stato espulso dall’Iraq nel 1978, Nasrallah tornò in Libano, dove combatté per Amal e insegnò l’Islam nella Valle della Beqaa. 

Quando Israele invase il Libano nel 1982, Nasrallah lasciò Amal per unirsi al neonato Hezbollah, un’organizzazione estremista ispirata alla Rivoluzione Islamica iraniana del 1979. Hezbollah divenne rapidamente una forza dominante nel frammentato panorama politico libanese, impegnandosi in frequenti attacchi contro obiettivi israeliani e occidentali nel paese.

Alla fine degli anni ’80, Nasrallah aveva scalato i ranghi di Hezbollah, assumendo infine il ruolo di Segretario Generale dopo l’assassinio di al-Musawi da parte di Israele nel 1992. Sotto la sua guida, Hezbollah crebbe militarmente e politicamente, espandendo le sue attività in ambito politico, economico e sociale e partecipando per la prima volta alle elezioni generali in Libano nel 1992, dove ottenne 12 seggi parlamentari.

Lo stile di leadership di Nasrallah è stato caratterizzato da populismo, carisma e una infiammata contro Israele oratoria contr Israele  e gli Stati Uniti. Divenne un simbolo della resistenza in Libano e in tutto il mondo arabo, soprattutto dopo il ruolo di Hezbollah nel costringere Israele a ritirarsi dal Libano meridionale nel 2000. Questa vittoria ha consolidato la reputazione di Hezbollah come attore chiave nella lotta contro Israele e Nasrallah l’ha salutata come un risultato storico.

Il conflitto tra Hezbollah e Israele si è intensificato nel 2006, quando Hezbollah rapisce, provocando la Seconda Guerra del Libano. Nonostante Nasrallah abbia subito pesanti perdite personali e organizzative, tra cui la morte del figlio Hadi nel 1997, ha rivendicato la vittoria nella guerra, dipingendo Hezbollah come una potenza regionale in grado di fronteggiare Israele. I suoi discorsi, trasmessi da località segrete, spesso celebravano le capacità militari di Hezbollah e denunciavano le vulnerabilità di Israele.

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Gli stretti legami di Nasrallah con l’Iran sono stati determinanti per la continua crescita di Hezbollah, ma hanno anche portato critiche all’interno del Libano. Il sostegno a Bashar al-Assad durante la guerra civile siriana ha ulteriormente approfondito la divisione tra Hezbollah e i suoi detrattori. Ciononostante, Nasrallah rimase una figura potente e controversa fino ai suoi ultimi giorni, quando si unì alla guerra del 2023 tra Hamas e Israele, aprendo un fronte settentrionale contro le forze israeliane.

Nasrallah si lascia alle spalle un’eredità di resistenza militante, di influenza politica e di inflessibile opposizione all’esistenza di Israele. La sua morte segna la fine di un’era per Hezbollah, un’organizzazione che sotto la sua guida ha plasmato la storia moderna del Libano e del Medio Oriente”. .

Annota su La Stampa Giordano Stabile tra i più preparati giornalisti di politica internazionale: e profondo conoscitore della realtà libanese: “[…]L’idea di preservare la leadership con il trasferimento all’estero, come hanno fatto i capi di Hamas, anche se con alterne fortune, non fa parte delle tradizioni del gruppo. La prospettiva del “martirio” è molto più radicata nei movimenti sciiti che in quelli sunniti. Perché lo sciismo è il culto di un “perdente”, l’imam Hussein bin Ali, ucciso dal califfo Yazid. La venerazione degli imam martiri scandisce il calendario degli sciiti, i pellegrinaggi annuali in Iraq che hanno creato una comunità coesa all’interno del mondo musulmano, dal Mediterraneo al Mar Rosso e fino agli altipiani iranici. È la base demografica dell’asse della resistenza, il collante ideologico che permette a Teheran di mobilitare centinaia di combattenti. Nasrallah non può sfuggire al suo destino, pena rinnegare la sua legittimità. 

Poi c’è la peculiarità libanese che radica ancora di più il Partito di Dio al territorio. La potente influenza del filosofo iraniano Ali Shariati, teorico della fusione fra sciismo e marxismo, e del religioso Mousa Sadr. Attraverso di loro molti esponenti di partiti di ispirazione laica, nasseriana, socialista sono entrati nelle file dei militanti sciiti addestrati dalla teocrazia iraniana. E ne hanno caratterizzato la difesa degli “ultimi”, i “diseredati”, i “mahrumin”, come li aveva battezzati lo stesso Sadr. Queste sono le radici di Hezbollah, che si estendono al di sotto dei bunker scavati nelle fondamenta degli edifici di Dahiyeh. La distruzione del suo vertice, l’uccisione dei comandanti militari e politici, fino al capo supremo, non sarà sufficiente. Un’operazione di terra, con l’eliminazione del grosso dei combattenti potrebbe invece renderlo impotente per un certo numero di anni. Ma il “dopo” è cento volte più complesso che il “dopo Hamas” a Gaza. La corrente sciita, in Libano e altrove, è sopravvissuta a 1350 anni di campagne di annientamento molto più radicali, prolungate e spietate. Gli sciiti libanesi, due milioni di abitanti sui sei del Libano, rimarranno lì, con l’idea che è giusto schierarsi dalla parte dei “diseredati” palestinesi, pur sunniti”.

Concetti e suggestioni che permeano la conferma di Hezbollah della morte del leader, riportata dall’emittente del Partito di Dio, Al Manar. “Il segretario generale di Hezbollah, si è unito ai suoi grandi e immortali martiri, di cui ha guidato il viaggio per quasi trent’anni”, dice Hezbollah. “Sua eminenza, il Maestro della Resistenza, il giusto servitore, si è schierato dalla parte del suo Signore come grande martire, leader coraggioso ed eroico, credente saggio, perspicace e fedele, unendosi all’eterno carovana dei martiri di Karbala alla luce luminosa del cammino divino della fede sulle orme dei profeti e degli imam martiri”, aggiunge Hezbollah secondo Al Manar. “La leadership di Hezbollah è impegnata a continuare la jihad contro il nemico, a sostegno di Gaza e della Palestina e in difesa del Libano”. Lo riferisce l’organizzazione sciita sempre nella nota in cui ha confermato la morte del suo leader.

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Secondo l’esercito israeliano, Nasrallah è stato ucciso insieme ad altri membri di alto livello di Hezbollah, tra cui Ali Karaki, il comandante del fronte meridionale dell’organizzazione. Sui suoi canali social, l’Idf ha diffuso un organigramma dei vertici di Hezbollah con 18 nomi, incluso quello di Hassan Nasrallah apponendo su ognuno di essi la scritta «eliminated»

Il nome in codice dell’operazione dell’esercito israeliano (per l’uccidere il capo di Hezbollah, era «Nuovo Ordine». Lo riferisce l’Idf, che ha diffuso le immagini del centro di comando sotterraneo dell’aviazione israeliana durante gli attacchi aerei su Beirut di ieri. Lo riporta il Times of Israel. Un “Nuovo Ordine” insanguinato.  Sanguinario. Da guerra totale. L’obiettivo di Netanyahu è, da sempre, il coinvolgimento dell’Iran. Ci siamo. 

“Tutti i musulmani si schierino con Hezbollah: è l’appello lanciato da Ali Khamenei, leader supremo iraniano, in un comunicato scritto diffuso dai media iraniani e panarabi. “È dovere di tutti i musulmani schierarsi con le proprie capacità al fianco del popolo libanese e del vittorioso Hezbollah e aiutarli ad affrontare questo regime usurpatore, ingiusto e malvagio”, ha detto Khamenei in riferimento a Israele. Il comunicato di Khamenei prosegue:
“il massacro del popolo indifeso in Libano, da un lato, ha rivelato ancora una volta a tutti la natura brutale del cane rabbioso del sionismo e, dall’altro, ha dimostrato la miopia e la politica insensata dei leader del regime usurpatore”, in riferimento sempre al governo israeliano. “La banda terroristica che governa l’entità sionista – afferma Khamenei – non ha imparato dalla guerra criminale durata un anno a Gaza, né si è resa conto che l’uccisione di massa di donne, bambini e civili non poteva influenzare o rovesciare la forte struttura della resistenza. Ora stanno sperimentando la stessa folle politica in Libano”. “I criminali sionisti – aggiunge il leader iraniano – devono sapere che sono troppo piccoli per causare un danno significativo alla forte struttura degli Hezbollah libanesi”. “Tutte le forze della resistenza nella regione sono al fianco di Hezbollah e lo sostengono. Il destino di questa regione sarà determinato dalle forze della resistenza, guidate dal vittorioso Hezbollah”. Khamenei prosegue: “il popolo libanese non ha dimenticato che un tempo le forze militari del regime usurpatore (israeliano) mettevano piede anche a Beirut. E fu Hezbollah a tagliargli le gambe e a rendere il Libano caro e orgoglioso. Anche oggi, con la grazia e la forza di Dio, il Libano farà pentire il nemico aggressore, malvagio e codardo”

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Non solo parole. Un funzionario iraniano ha dichiarato alla rete americana Nbc che Teheran inizierà nei prossimi giorni la registrazione per l’invio di truppe in Libano, in seguito all’attacco israeliano in cui è morto il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah. L’ayatollah Mohammad Hassan Akhtari, vicepresidente dell’Iran per gli affari internazionali, ha dichiarato che i funzionari daranno il permesso di schierare le truppe in Libano e sul versante siriano delle alture del Golan. «Possiamo inviare truppe in Libano per combattere contro Israele, proprio come abbiamo fatto nel 1981», afferma.

La successione

Hashem Safieddine, da tempo considerato tra i possibili successori di Hassan Nasrallah, potrebbe a breve essere annunciato come nuovo segretario generale di Hezbollah. Lo hanno indicato tre alti funzionari della difesa israeliana citati dal New York Times. Safieddine, 59 anni, è stato a lungo considerato il “braccio destro” di Nasrallah, un uomo discreto ma potente, responsabile dell’amministrazione finanziaria e organizzativa di Hezbollah. Sebbene non sia stato un volto pubblico di primo piano, ha giocato un ruolo cruciale nella gestione interna del partito, lasciando al suo cugino maggiore la guida strategica e politica. L’influenza di Safieddine non si limita al Libano, ma si estende anche all’Iran, dove ha trascorso anni studiando a Qom, centro nevralgico dell’istruzione religiosa sciita. I suoi stretti legami con Teheran si sono ulteriormente consolidati nel 2020, quando suo figlio Rida ha sposato Zainab Soleimani, figlia del generale Qassem Soleimani, comandante della Forza Quds iraniana ucciso in un attacco statunitense.

La verità che fa male

«Le forze estremiste fanno le cose peggiori per rinfocolare l’odio, l’odio che uccise Yitzhak Rabin», il primo ministro israeliano, laburista, che venne ucciso da un giovane estremista di destra israeliano, lo studente di Giurisprudenza Yigal Amir, nel 1995. «Le stesse voci che spingevano per l’omicidio di Rabin ora si sentono ancora». Lo ha sottolineato, intervenendo la scorsa notte all’Assemblea generale dell’Onu a New York, l’Alto Rappresentante Josep Borrell. «Quante persone devono morire ancora? Il popolo palestinese – aggiunge – non vuole morire come popolo. Non c’è niente di peggio dell’antisemitismo, niente di peggio di uccidere un altro uomo perché appartiene ad un’altra religione. Quindi, per favore, non banalizzate questa parola». «Noi europei – ha aggiunto – vogliamo la sicurezza di Israele. Vogliamo una Palestina libera, a fianco di un Israele sicuro. Prendersi la responsabilità significa dire non solo a che cosa siamo contrari. Se si è contrari alla soluzione a due Stati, bene. Ma allora qual è l’altra soluzione? Qualcuno ne conosce una migliore, che possa essere spiegata e attuata? Dobbiamo agire, e rapidamente, perché ogni giorno costa vite umane. Alla fine, sta a israeliani e palestinesi trovare una soluzione. Entrambe le parti vivono il conflitto come esistenziale. Entrambe le parti temono che l’una voglia distruggere l’altra. Gli israeliani temono di essere gettati in mare, i palestinesi di essere ricacciati nel deserto», conclude.

La risposta di Netanyahu è nell’apocalisse scatenata a Beirut. I falchi dettano legge in Medio Oriente. La “legge” della forza. Dell’arbitrio. Dell’illegalità internazionale. Mascherata dal diritto di difesa. E da assassinii di Stato. 

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