Yemen, l'apocalisse umanitaria non porta voti
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Yemen, l'apocalisse umanitaria non porta voti

In Yemen le scorte di cibo rischiano di esaurirsi nel giro di pochi mesi, a causa dell’aumento fuori controllo dei prezzi dei beni alimentari e del costo delle importazioni che coprono il 90% del fabbisogno del Paese

Yemen, l'apocalisse umanitaria non porta voti
Guerra civile nello Yemen
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

28 Luglio 2022 - 17.58


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Fame, siccità, tragedie umanitarie, apartheid vaccinale, guerre “ignorate: statene certi, le grandi piaghe del mondo non troveranno spazio in campagna elettorale. E’ la miseria della politica partitica e dei suoi mediocri attori (le poche eccezioni, confermano la regola”. E se c’è una apocalisse che unifica in sé tutti questi tempi, è l’apocalisse yemenita.

Pochi mesi e poi…

In Yemen le scorte di cibo rischiano di esaurirsi nel giro di pochi mesi, a causa dell’aumento fuori controllo dei prezzi dei beni alimentari e del costo delle importazioni che coprono il 90% del fabbisogno del Paese. Allo stesso tempo il nuovo accordo per lo sblocco di export di grano dall’Ucraina, da cui lo Yemen dipende per il 42%, produrrà effetti solo tra diverse settimane, senza peraltro ridurre i prezzi per la popolazione. Nel frattempo 19 milioni di persone stanno già rimanendo senza cibo e 7,5 milioni potrebbero ritrovarsi sull’orlo della carestia.

È l’allarme lanciato da Oxfam di fronte ad una crisi alimentare senza precedenti dall’inizio del conflitto nel 2015: da marzo i prezzi di alimenti di base come grano, farina, olio da cucina, uova e zucchero sono saliti in media del 30%.

Lo sblocco dell’export di grano dall’Ucraina non basterà

“Non si erano mai raggiunti questi aumenti, forse solo durante l’embargo imposto al Paese dalla coalizione saudita, ma mai per un periodo così prolungato. – rimarca Francesco Petrelli, policy advisor per la sicurezza alimentare di Oxfam Italia – Mentre silos e magazzini sono ormai quasi vuoti, le aziende importatrici non sono in grado di garantire l’acquisto dei beni alimentari di base da cui dipende la sopravvivenza di 30 milioni di yemeniti. E tragicamente qualsiasi calo dei prezzi globali di grano e cereali potrebbe non incidere sulla effettiva disponibilità di cibo a prezzi più bassi sui mercati locali. In un paese in cui gran parte della popolazione basa la propria sopravvivenza sulla disponibilità di pane, questo potrebbe avere effetti catastrofici. Per scongiurare questa ipotesi servono perciò due elementi chiave: la piena attuazione dello sblocco dell’export di grano e cereali dall’Ucraina nel più breve tempo possibile; e che la comunità internazionale aumenti immediatamente gli aiuti, da cui dipende l’80% della popolazione, attualmente fermi al 27% di quanto richiesto dalle Nazioni Unite”.

I dati sul più grave aumento dei prezzi dall’inizio della guerra

Gli ultimi 4 mesi di tregua tra le parti in conflitto hanno dato un po’ di sollievo alla popolazione, ma l’impatto della crisi alimentare globale sommato alla più grave siccità degli ultimi anni – che sta letteralmente distruggendo i raccolti – ha prodotto una crescita fino al 45% del prezzo degli alimenti di base tra marzo e giugno. Nel dettaglio:

• il prezzo della farina è aumentato del 38%;

• dell’olio da cucina del 45%;

• dello zucchero del 36%;

• del riso del 30%;

• dei fagioli in scatola del 38%;

• del latte in polvere del 36%;

• delle uova del 35%.

Nel complesso, il prezzo medio del paniere alimentare di base ha fatto segnare +48% dallo scorso dicembre e un aumento del 25% nel 2022.

Siccità, picco del costo dell’energia e svalutazione 

“Sulla crescita esponenziale del costo delle importazioni in Yemen, incidono anche le fluttuazioni dei tassi di cambio. La moneta nazionale, il rial, si è svalutato del 28% da gennaio- aggiunge Petrelli – Allo stesso tempo anche i prezzi della benzina e del diesel sono aumentati del 43% nel primo trimestre dell’anno. Elemento che sommato alla siccità fuori stagione, causata dall’aumento delle temperature globali, ha messo in ginocchio agricoltura e allevamento. Una larga fascia della popolazione ha in questi due settori la sua unica fonte di reddito, ma in questo momento i raccolti sono andati distrutti o sono stati ritardati e il bestiame sta morendo”.

Il taglio degli aiuti alimentari

In questo contesto per mancanza di risorse il World Food Program ha dovuto tagliare gli aiuti alimentari a 5 milioni di persone, che adesso devono sopravvivere con metà del cibo necessario a soddisfare il fabbisogno giornaliero minino di calorie, mentre altri 8 milioni andranno avanti con appena un quarto. La conseguenza è che centinaia di migliaia di famiglie si stanno indebitando anche solo per acquistare un po’ di cibo. 

“Non mangiano per sfamare i nostri figli”

La situazione più grave riguarda 4,3 milioni di sfollati interni che per il 56% non ha alcuna fonte di reddito, tra cui quasi 2 milioni di donne e bambini. Drammatica la testimonianza di Arwa, una madre che vive da sola con i due figli e si prende cura anche di sua madre e sua sorella.

“Non abbiamo quasi nulla da mangiare, perché costa troppo – racconta – Io e mia madre spesso saltiamo i pasti per riuscire a sfamare i bambini. Prima ci potevamo permettere di mangiare ogni tanto pollo o pesce e di rado altri tipi di carne. Ora non abbiamo soldi per comprare nemmeno le verdure, riusciamo ad acquistarne circa la metà rispetto ad un anno fa”.

L’appello alla comunità internazionale e alle parti in conflitto

“In questo momento è cruciale che la comunità internazionale intervenga, pagando direttamente le importazioni di grano e cereali e alleggerendo il peso del debito estero del Paese. – conclude Petrelli – Altro elemento imprescindibile è che la tregua, che scadrà il 2 agosto, venga prorogata. Chiediamo con forza alle parti in conflitto di andare in questa direzione, come parte di un processo negoziale che porti ad una pace duratura. La popolazione dello Yemen ha già sofferto in modo indicibile negli ultimi 7 anni e mezzo e adesso deve essere messa nelle condizioni di rialzarsi”.

La risposta di Oxfam

Oxfam sta aiutando la popolazione per metterla in condizione di poter contare su un reddito, cibo, acqua pulita, servizi igienico-sanitari e energia a basso costo attraverso l’uso di panelli solari, sia in casa che al servizio delle comunità. Dal 2021 ha soccorso oltre 23 mila famiglie.

I più indifesi tra gli indifesi: i bambini

Il 60% dei bambini in Yemen conosce qualcuno che è stato ferito durante i sette anni di conflitto nel Paese e per un quarto di essi si tratta di un membro della propria famiglia. È quanto emerge dal nuovo report “No Place is safe” pubblicato il 25 marzo scorso, nel settimo anniversario dall’inizio della guerra, da Save the Children, l’Organizzazione internazionale da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini in pericolo e per garantire loro un futuro, che studia l’impatto di sette anni di conflitto sui bambini

Dopo sette anni di conflitto, il rapporto – che include un’indagine su 400 bambini provenienti da otto dei 21 governatorati dello Yemen – ricorda chiaramente che sono i bambini e le famiglie a pagare il prezzo più pesante per questa guerra brutale.

La ricerca ha inoltre rivelato che quasi l’80% dei bambini è costantemente preoccupato per la propria sicurezza e per quella della propria famiglia e amici. La maggioranza di loro ha affermato di impiegare molto tempo per elaborare qualsiasi tipo di shock o stress. Oltre il 70% dei bambini ha riferito di aver subito un attacco alla propria scuola almeno una volta e quasi la metà ha riferito che la propria struttura sanitaria locale è stata colpita dai combattimenti.

Secondo il rapporto diffuso da Save the Children, le famiglie stanno gradualmente perdendo la loro capacità di resilienza e circa la metà dei bambini in tutto il Paese lotta per elaborare il proprio disagio mentale.

“Pensavo che il cecchino mi avrebbe risparmiato vedendo che stavo solo raccogliendo la palla. Di solito non ci spara, lo fa raramente, ma questa volta lo ha fatto. Mi ha sparato alla gamba”, ha raccontato Isaac*, un ragazzo di 14 anni del sud-ovest dello Yemen che è stato colpito da un cecchino mentre giocava a calcio a scuola. “Incidenti come questo fanno sentire me e i miei amici insicuri a scuola. Non ci sono solo i cecchini, ma anche gli attacchi aerei e i bombardamenti. La scuola non è più sicura”

“Negli ultimi sette anni, abbiamo visto come uno spietato conflitto creato dall’uomo ha fatto pagare ai bambini un prezzo che va oltre la fame e la malattia. I bambini sono stati aggrediti mentre giocavano a calcio, nei loro banchi nelle scuole, nei loro letti negli ospedali, nelle loro case e al mercato. Vengono uccisi a migliaia, mutilati, sfollati e traumatizzati al punto che la maggior parte di loro ora vive in uno stato di paura e ansia costante”, ha dichiarato Rama Hansraj, Direttore di Save the Children in Yemen.

“In un luogo in cui i cortili delle scuole sono sotto tiro dei cecchini e i parchi giochi sono trasformati in cimiteri, i bambini si stanno lentamente ritirando dalla dimensione sociale e non sono in grado di giocare all’aperto e interagire con i loro coetanei. Tutto ciò sta minando la loro capacità di sviluppare la propria personalità e sta impedendo loro di attivare i meccanismi per la gestione dello stress. Semplicemente, questo non è un posto dove un bambino può vivere e forse nemmeno per un adulto”.

“Questo lungo conflitto in Yemen sta trasformando il Paese in un inferno in terra per i bambini. Ma la cosa peggiore è il fatto che negli ultimi sette anni sembra che il mondo abbia scelto di chiudere gli occhi o guardare dall’altra parte. Occorre cambiare questo stato di cose e la comunità internazionale deve unirsi e impegnarsi per porre fine a queste sofferenze inutili, una volta per tutte”.

Così Save the Children.

“Lo Yemen è diventato un inferno per i bambini. Milioni di genitori non sanno se i loro figli riusciranno a sopravvivere da un giorno all’altro. Più di 10.200 bambini sono stati uccisi o feriti. La violenza continua, le mine e i residui bellici esplosivi sono una minaccia costante. Nello Yemen oggi, 4 bambini su 5 hanno urgente bisogno di assistenza umanitaria. Senza una soluzione politica in vista, questi bisogni continueranno senza sosta”. E’ l’allarme lanciato da Catherine Russell, direttore Generale dell’Unicef, durante l’Evento di Alto livello sulla crisi umanitaria in Yemen. Russell elenca le cifre della crisi umanitaria: “Circa 2,2 milioni di bambini sotto i cinque anni sono colpiti da malnutrizione acuta. Più di mezzo milione soffre di malnutrizione acuta grave, una condizione pericolosa per la vita. Quasi 8,5 milioni di bambini non hanno accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, aggravando il rischio di malattie trasmesse dall’acqua e di ulteriore malnutrizione. Più di 10 milioni di bambini e quasi 5 milioni di donne non possono accedere adeguatamente ai servizi sanitari o ricevere assistenza medica. Più di 2 milioni di bambini non vanno a scuola. Altri 4 milioni sono a rischio di abbandono, soprattutto le ragazze. Gli insegnanti non ricevono lo stipendio da più di quattro anni”. L’Unicef e i suoi partner hanno fornito acqua potabile a 8,8 milioni di persone – inclusi 5,3 milioni di bambini. Stanno aiutando più di 2 milioni di persone nelle aree rurali remote ad accedere ai centri sanitari pubblici, fornendo trasferimenti di emergenza in denaro a quasi 1,4 milioni di famiglie ogni trimestre e aiutando più di mezzo milione di bambini ad accedere all’istruzione formale e non formale. “Ma stiamo finendo i fondi – avverte Russell -. L’Unicef ha urgentemente bisogno di circa 240 milioni di dollari per sostenere il suo lavoro nei prossimi sei mesi”. Rinnova il suo appello a tutte le parti in conflitto “a tenere i bambini al sicuro in ogni momento e ad astenersi dagli attacchi alle aree popolate e alle infrastrutture civili vitali”, ad “un accesso umanitario continuo, incondizionato e ininterrotto” e “a mantenere aperti i porti e gli aeroporti per facilitare le consegne essenziali di forniture salvavita”.

Oxfam, Intersos, Save the Children, Unicef, Emergency, Medici senza Frontiere. E, sul fronte dei diritti umani, Amnesty International e Human Rights Watch. Grazie a loro i riflettori non si sono spenti su una tragedia che i Grandi della Terra, e il miliardario sistema militare-industriale globale che sulle guerre cresce a dismisura, vorrebbero silenziare. Con il supporto della stampa “smemorata”. E di una classe politica autoreferenziale che ha come imperativo supremo quello di mantenersi in vita. Le apocalissi umanitarie non portano voti. 

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