Divieti, obblighi, impiccagioni pubbliche, frustate e lapidazioni: questo è l'inferno talebano
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Divieti, obblighi, impiccagioni pubbliche, frustate e lapidazioni: questo è l'inferno talebano

Afghanistan, la solidarietà è “rosa”. Come la resistenza al regime oscurantista e misogino dei Talebani.

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26 Settembre 2021 - 11.56


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Afghanistan, la solidarietà è “rosa”. Come la resistenza al regime oscurantista e misogino dei Talebani.

Kabul chiama, Roma risponde

“Siamo pronte a dare spazio e voce alle donne afghane che sono qui con noi, per una battaglia di libertà”. È iniziata così ieri a Piazza del Popolo a Roma la manifestazione “Oggi più che mai #Nonlasciamolesole”, iniziativa “nata da una assemblea di donne, senza nessuno dietro, un’iniziativa nata dal basso”. Da Roma a Milano, da Venezia a Bari, da Lecce ad Olbia sono tante le piazze che ospitano le donne italiane scese al fianco delle donne afghane, con il supporto di associazioni, movimenti e sindacati, unite dalle parole – diventate un hashtag – “Tull Quadze” che in pashtu significa “Tutte le donne”. Organizzato dall’Assemblea della Magnolia, nata da una costola della Casa internazionale delle donne in piena pandemia, e sostenuta da numerose associazioni, l’evento vuole accendere i riflettori sulle donne afghane – e non solo – perché grazie anche alla pressione della comunità internazionale sia loro consentito di partecipare alla vita politica, accedere al lavoro e all’istruzione, non rinunciare alle conquiste degli ultimi vent’anni.  Sul palco sono salite alcune donne afghane, insieme a tante altre, per ricordare che “La rivoluzione della cura è tutta un’altra storia!”.  In piazza c’erano anche i militanti della fondazione Pangea, con la lettera “P” disegnata sulla mano, ‘la “stessa P che nei giorni drammatici della presa dei talebani è diventata un simbolo: il lasciapassare verso la libertà disegnato sulla mano di molte donne e uomini accalcati all’aeroporto”. “Per tutte e tutti loro, dal palco chiediamo – hanno spiegato le organizzatrici – che i diritti delle donne non siano argomento di negoziazione né retrocedano rispetto a quanto era stato conquistato in Afghanistan: istruzione, lavoro e possibilità di manifestare per tutte e tutti; che le donne possano partecipare alla vita politica e siano nei tavoli internazionali sui processi di mediazione di pace per l’Afghanistan come richiede la risoluzione Onu 1325 su Donne Pace e Sicurezza; un Osservatorio permanente sui diritti delle donne in Afghanistan, al ministero Affari Esteri e all’Onu, per monitorare la condizione femminile e intervenire sulle violazioni; un piano straordinario di evacuazione umanitaria per chi vuole lasciare il paese, con particolare attenzione alle donne che hanno maggiori difficoltà a trovare vie di fuga in maniera protetta; un piano di accoglienza in Italia dei richiedenti asilo che rispetti le questioni di genere e che tenga conto delle storie di violenza che vivono le donne nei Paesi di provenienza, durante il transito e all’arrivo.

La lista della vergogna

Impressionante. Angosciante. Vederle elencate, è qualcosa che fa rabbrividire. Meritorio è il lavoro di Laura Aprati che su Rainews ha fatto la lista delle proibizioni imposte dagli Studenti coranici alle donne.

Ecco le restrizioni, parziali e non esaustive. 

“Completo divieto per le donne di lavorare fuori di casa, il che vale anche per insegnanti, ingegneri e la maggior parte dei professionisti. Solo alcune donne medico e infermiere hanno il permesso di lavorare in alcuni ospedali a Kabul. 

 Completo divieto per le donne di attività fuori della casa se non accompagnate da un mahram (parente stretto come un padre, un fratello o un marito).

Divieto per le donne dii trattare con negozianti maschi. 

 Divieto per le donne di essere trattate da dottori maschi. 

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Divieto per le donne di studiare in scuole, università o altre istituzioni educative (I Talebani hanno convertito le scuole per ragazze in seminari religiosi).

 Obbligo per le donne di indossare un lungo velo (Burqa) che le copre da capo a piedi.  Sono previsti frustate, botte e violenza verbale per le donne non vestite secondo le regole Talebane o per le donne non accompagnate da un mahram. 

 Frustate in pubblico per le donne che non hanno le caviglie coperte. 

 Lapidazione pubblica per le donne accusate di avere relazioni sessuali al di fuori del matrimonio. (Un numero, non specificato, di amanti sono stati lapidati a morte per questa regola).

 Divieto di uso di cosmetici. (A molte donne con unghie dipinte sono state tagliate le dita).

Divieto per le donne di parlare o di dare la mano a uomini non mahram. 

 Divieto per le donne di ridere ad alta voce. (Nessun straniero dovrebbe sentire la voce di una donna).

Divieto per le donne di portare tacchi alti perché produce suono quando camminano ( un uomo non deve sentire i passi di una donna) 

 Divieto per le donne di andare in taxi senza un mahram.

Divieto per le donne di essere presenti in radio, televisione, o incontri pubblici di qualsiasi tipo. 

 Divieto per le donne di praticare sport o di entrare in un centro sportivo o in un club. 

Divieto per le donne di andare in bicicletta o motocicletta anche se con il mahram 

Divieto per le donne di indossare vestiti con colori vivaci. In termini Talebani questi sono colori ‘sessualmente attraenti’.

Divieto per le donne di incontrarsi in occasioni di festa o per scopi ricreativi. 

Divieto per le donne di lavare i vestiti vicino a fiumi o in luoghi pubblici. – Modificazione di tutti i nomi di luogo incluso la parola ‘donna’. Per esempio, i ‘giardini per donne’ sono stati chiamati ‘giardini di primavera’. 

 Divieto per le donne di apparire sui balconi dei loro appartamenti o case. – Pittura obbligatoria di tutte le finestre cosicché le donne non possano essere viste da fuori delle loro case. – Divieto per i sarti maschili di prendere misure per le donne o cucire vestiti femminili. –

 Divieto di bagni pubblici femminili 

 Divieto per uomini e donne di viaggiare sugli stessi bus. I bus pubblici sono ora stati nominati ‘solo per uomini’ o ‘solo per donne’. 

Divieto di pantaloni larghi anche sotto un burqa. 

 Divieto per le donne di fotografare o filmare. 

 Divieto di fare foto di donne per giornali e libri o di appenderle sulle pareti delle case e dei negozi. 

A parte queste restrizioni sulle donne – rimarca ancora Aprati –  Talebani hanno: 

Vietato di ascoltare musica sia agli uomini che alle donne. 

Vietato a tutti di guardare film , televisione e video.

Vietato di celebrare il capodanno (Nowroz) il 21 marzo. I Talebani hanno proclamato la festa non islamica.  Hanno tolto il Giorno del Lavoro (1 maggio) perché è considerata una festa “comunista”.

 Hanno ordinato che tutti i nomi non islamici siano cambiati in nomi islamici .

 Hanno obbligato i giovani afghani a tagliarsi i capelli. 

 Hanno ordinato a tutti di scegliere nomi islamici se i loro nomi non sono islamici. 

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Hanno ordinato che gli uomini indossino vestiti islamici come il cappello.

Hanno ordinato che gli uomini non si radino o non ornino le loro barbe che invece devono crescere lunghe per uscire da un nodo sotto il mento. 

 Hanno ordinato che tutti seguano le preghiere nelle moschee cinque volte al giorno.

Hanno vietato di tenere piccioni e di giocare con uccelli considerandolo non islamico. Chi viola queste norme sarà imprigionato e gli uccelli uccisi. 

E’ vietato anche far volare aquiloni. 

 Hanno ordinato a tutti gli spettatori che incoraggiano gli sportivi di cantare ‘allah-o-akbar’ (Dio è grande) e di non applaudire .

Hanno vietato certi giochi come l’aquilone che è considerato non islamico – chiunque sia trovato avere libri proibiti sarà punito con la morte. – chiunque si converta dall’Islam a un’altra religione sarà punito con la morte. – tutti gli studenti devono portare il turbante. Essi dicono : “Niente turbante, niente formazione”. – le minoranze non mussulmane devono portare un contrassegno distintivo o cucire un pezzo di tessuto giallo sui vestiti per differenziarsi dalla maggior parte della popolazione che è musulmana”.  

La resistenza è donna

Lo scotch sulla bocca per protesta contro i talebani per rivendicare il loro diritto allo studio. Un gruppo di donne ha manifestato nel centro commerciale vicino alla sede del ministero dell’Istruzione: vestite di nero, con la bocca tappata e cartelli in mano per una “protesta silenziosa”, così l’hanno definita le organizzatrici, contro la decisione del governo talebano di autorizzare soltanto studenti e insegnanti uomini a riprendere le lezioni. Anche a Herat, nei giorni scorsi, un gruppo di studentesse delle superiori ha protestato si sono radunate in un quartiere residenziale alla periferia della città, dove i talebani non sono presenti, per non attirare la loro attenzione. Hanno mostrato striscioni chiedendo di poter tornare a scuola, dicendo che escludere le ragazze dall’istruzione lascerà un’intera nazione futura senza istruzione. “Chiediamo loro (talebani) di riaprire le nostre scuole il prima possibile”, ha detto una manifestante di 17 anni, non andare a scuola è come “tornare indietro”. “Chiediamo che tutte le ragazze tornino nelle loro scuole e che a tutte le donne sia permesso di tornare al loro lavoro”, ha aggiunto una 18enne.

Dopo aver preso il potere in Afghanistan il mese scorso, i talebani inizialmente hanno affermato che alle ragazze sarebbe stato concesso pari accesso all’istruzione, anche se in contesti di segregazione di genere, e l’inclusione, ma da allora hanno imposto restrizioni alle donne. Ieri alle dipendenti del governo della città di Kabul è stato detto di rimanere a casa, mentre è stato consentito di lavorare solo alle donne che non possono essere sostituite da uomini. Venerdì, il ministero dell’Istruzione talebano ha consentito ai ragazzi dalla sesta alla dodicesima classe di tornare a scuola, così come agli insegnanti maschi: non così alle ragazze. Nel loro precedente governo negli anni ’90, i talebani avevano escluso ragazze e donne dalla scuola, dal lavoro e dalla vita pubblica. Adesso, il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, ha dichiarato che le ragazze “torneranno in classe il più presto possibile”. “Stiamo definendo le cose… accadrà il più presto possibile”, ha affermato Mujahid riferendosi all’istruzione delle giovani afghane. “Senza mia sorella a scuola non ci vado” A sostegno del diritto all’istruzione delle ragazze, sui social è partita la campagna #withoutmysisteriwillnotgotoschool. Con questo hashtag tanti ragazzi e giovani uomini dicono: “Senza mia sorella a scuola non ci vado”, per esprimere solidarietà alle loro coetanee.    Q. Q., un’insegnante di scuola superiore, in un post su Twitter ha scritto: “Come insegnante, ho sempre parlato dell’importanza di educare le donne. Ma ora l’insegnamento all’ombra dell’Emirato moltiplica per zero tutto il duro lavoro”.  “Proibire alle ragazze di frequentare la scuola è come seppellirle vive. Non lasciare che questo incubo si trasformi in realtà”, ha detto al Post Aryan Aroon, attivista e scrittore afghano che ha lasciato il Paese prima che i talebani prendessero il sopravvento. Il ministro dell’istruzione superiore Abdul Baqi Haqqani aveva annunciato il 12 settembre che alle donne sarebbe stato permesso di studiare nelle università e nei programmi post-laurea, sebbene poi avesse chiarito: “Non permetteremo a studenti e studentesse di studiare nella stessa classe. Le classi miste vanno in contrasto con le disposizioni della sharia”, la legge islamica. Durante l’ultimo governo talebano (1996 – 2001), le scuole femminili furono chiuse e alle donne venne vietato lavorare. Le afghane che camminavano sole negli spazi pubblici spesso denunciavano di subire aggressioni. In questi giorni i fondamentalisti talebani stanno di nuovo imponendo la loro rigida interpretazione della sharia, compreso un codice di abbigliamento conservatore ed esecuzioni pubbliche per violazioni morali. Il ministero delle donne in Afghanistan inoltre è stato tramutato in ministero per la Prevenzione dei vizi e la promozione delle virtù. “C’è un profondo valore simbolico nel trasformare un ministero delle donne per le donne in un ministero degli uomini per controllare le donne”, ha detto in un tweet Obaidullah Baheer, docente presso l’Università americana dell’Afghanistan. “Così, è un’occasione mancata di mostrare tolleranza verso più della metà della popolazione afghana”.  

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Divieti, obblighi, impiccagioni pubbliche, frustate, lapidazioni : è l’inferno talebano. 

L’appello di Amnesty

Le immagini che provengono in questi giorni dall’Afghanistan ricordano quelle di 25 anni fa, quando per la prima volta i talebani entrarono nella capitale Kabul. La popolazione afgana teme che l’orrore si ripeta: le donne e le ragazze, gli appartenenti alle minoranze etniche e religiose, i difensori dei diritti umani e tante altre persone sono in pericolo.

Se non si interverrà in loro favore, la loro vita potrà cambiare in peggio per sempre.

Il governo italiano deve fare tutto il possibile per aiutare le persone in fuga dai talebani e quelle che sono già fuggite da un paese nel quale, da almeno dieci anni, il numero delle vittime civili ha quasi sempre superato quello dell’anno precedente.

Chiediamo al governo italiano di fare la sua parte affinché le persone che vogliono lasciare l’Afghanistan possano farlo in condizioni di incolumità e sicurezza, che alle afgane e agli afgani presenti sul territorio italiano sia garantita protezione permanente e che alle afghane e agli afghani in procinto di entrare in Italia dalla “rotta balcanica” sia offerta la massima assistenza.

E’ il testo dell’appello lanciato da Amnesty International, supportato da decine di migliaia di adesioni. Non agire in questa direzione, con rapidità e determinazione, significa essere complici degli aguzzini di Kabul. 

 

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