L'Occidente cieco è il miglior alleato dell'Isis
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L'Occidente cieco è il miglior alleato dell'Isis

Lo jihadismo ha ormai connotazioni transnazionali e di massa. Le cause? La rinascita di filoni più fondamentalisti e la "democrazia" capace solo di bombardare e affamare.

Una esecuzione dell'Isis
Una esecuzione dell'Isis
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Gianni Cipriani Modifica articolo

14 Novembre 2015 - 13.18


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Meno di un anno fa la strage di Charlie Hebdo, l’assalto al supermercato kosher e l’uccisione di una poliziotta appena assunta.

Ieri la carneficina di Parigi, tutt’altro che inattesa, visto che erano mesi e mesi che lo Stato Islamico tramite la sua propaganda aveva lanciato decine di appelli ai jihadisti francesi di continuare ed esportare la lotta in patria.
E allora le ipotesi non possono che essere due: la prima è che il sistema di sicurezza francese, visti i ripetuti fallimenti, debba essere totalmente ripensato e i vertici cambiati.

La seconda è che di fronte a un terrorismo transnazionale con consenso di massa e con un approccio militare/strategico totalmente nuovo e che può attaccare sia dall’interno che dall’esterno nemmeno la più potente intelligence e le più potenti forze di polizia potranno mai garantire la totale sicurezza.

Non conosco bene le dinamiche interne degli apparati francesi. Ma temo che le due ipotesi siano in tutto o in parte vere: di errori Parigi ne avrà sicuramente fatti e molti. Ma è altrettanto vero che la capillarità delle simpatie jihadiste è così vasta e complessa da non poter totalmente essere controllata e bloccata.

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E francamente fa sorridere amaramente leggere le solite dichiarazioni dei nostrani politici dilettanti allo sbaraglio che invocano una “guerra” contro l’Islam.

E come? Bombardandoli? L’Occidente lo fa da anni e non ha fatto altro che dare linfa e credibilità prima ad Al Qaeda, poi all’Isis e agli altri gruppi jihadisti.

Chiudendo le frontiere? Peccato che i nuovi fondamentalisti siano già in Europa, abbiamo spesso e volentieri passaporti dell’Unione europa o siano nati e cresciuti qui.

Cosa resterebbe da fare, allora? Girare casa per casa, in Francia come in Italia, in Spagna, Germania, Belgio e ovunque e fare strage di tutti gli islamici, senza distinzione?

La situazione è complessa, frutto di decenni di errori dell’Occidente e della sua folle idea di esportare la democrazia con le bombe. E frutto di una “rinascita” delle correnti più fanatiche e radicali dell’Islam. Del resto l’idea, chiamiamolo anche sogno, del “Califfato” non è nato con al Baghdadi ma è parte integrante di un credo antico. E in queste correnti è fortemente presente una forma di contro-imperialismo, ossia la volontà di sottomettere tutto il mondo alla sharia.

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A essere sincero non mi aspetto nulla di buono. Siamo nelle vicinanze di un vulcano in eruzione e invece di unire tutte le intelligenze per trovare un rimedio, una via di salvezza, ci dividiamo tra chi vede nei primi lapilli la strada per diventare sindaco di Pompei e chi pensa di approfittare dell’emergenza per rubare in casa del vicino. Senza immaginare che così facendo si finirà tutti sotto la lava.

Ormai l’islam nella versione qaedista e ora Isis è così diffuso e radicato nella mentalità che ci vorranno generazioni per estirpare l’odio e le divisioni che sono state prodotte negli ultimi 20 anni. Ma c’è ancora una speranza, una possibilità: che la comunità internazionale trovi quell’unità mai avuta e ipotizzi una strategia di stabilizzazione delle aree tormentate che serva alla pace e non agli interessi di qualcuno.

Una strada difficile, fino ad ora impossibile. Ma è l’unica strada. Altrimenti prepariamoci a tante Parigi e prepariamoci a convivere con la paura.

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