Che spettacolo desolante: la cucina italiana diventa patrimonio dell’Unesco e, come per magia, il governo Meloni si precipita a trasformare un riconoscimento culturale internazionale – atteso, discusso e preparato da anni da decine di istituzioni, chef, studiosi, consorzi e associazioni – in un trionfale spot personale. Pare quasi che la pasta, il parmigiano, il tartufo e il tiramisù siano stati inventati in via della Scrofa, magari durante una riunione tra un ministro e l’altro.
Il capolavoro, poi, è la messinscena televisiva: un Tg che manda addirittura un’inviata a raccogliere le “reazioni” di Lollobrigida, come se l’Italia intera fosse in trepidante attesa del suo parere culinario. Nemmeno per l’invenzione del fuoco si era visto tanto entusiasmo.
Questa appropriazione indebita dei meriti altrui è diventata ormai una cifra stilistica: ogni risultato maturato nel tempo, grazie a un lavoro collettivo, viene confezionato come un trofeo personale da esibire in vetrina. La propaganda prende il posto della realtà, il marketing politico sostituisce la storia, e la cucina italiana – millenaria, multiforme, popolare e soprattutto di tutti – viene ridotta a un gadget da campagna permanente.
Insopportabile davvero: un patrimonio riconosciuto nel mondo trasformato in un pretesto per attribuirsi primati inesistenti. La verità è semplice: l’Unesco ha premiato l’Italia, non il governo. E la cucina italiana continuerà a essere grande non grazie a chi la usa come passerella, ma nonostante tutto questo.
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