Totò, Peppino e la Waiting Room
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Totò, Peppino e la Waiting Room

Migliaia di ristoratori bloccati nel web in attesa di poter presentare domanda al bando a fondo perduto per sussidi alla ristorazione. Ma il sito non regge e sono in molti ad essere ostaggi della ''waiting room''. Sui social lamentele e battute incalzano.

Totò, Peppino e la Waiting Room
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1 Marzo 2024 - 18.10 Culture


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di Pancrazio Cardelli Anfuso

Nel lontano 2022 il Ministro agricolo Patuanelli emise un decreto che annunciava disponibilità milionarie (in tutto 76 milioni di euro) da distribuire a piene mani ai ristoratori di qualità, usciti stremati dai rigori della pandemia e assetati di risorse per rinnovare la dotazione di forni, frigoriferi, padelle e friggitrici. Invitalia s’incaricava della faccenda e tutti attendevano con trepidazione l’uscita del bando, chiedendo preventivi a destra e a manca e scrivendo piani industriali all’insegna dell’ottimismo.

Un cuocipasta nuovo potrebbe segnare destini di gloria per un ristoratore, direbbe Cannavacciuolo, e tutti ci avevano fatto un pensierino ma, pensa oggi, pensa domani, s’erano assopiti nell’attesa e tiravano avanti con le vecchie casseruole. In un soprassalto improvviso, poi, la joint venture tra il nuovo agricolo Lollobrigida e la preziosa Invitalia esponevano il cartello: pronto il bando, signore e signori, preparatevi al click day, ché grandineranno sesterzi e dracme.

Il ristoratore avveduto provvedeva fiducioso ad aggiornare i preventivi e a presentarsi, spid e smart card tirate a lucido, per il grande giorno, primo marzo 2024, ore 10, al fatidico appuntamento, scattato con un piccolo anticipo, roba di secondi, rispetto all’Ora Ufficiale della Repubblica, ma ok.

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La gente del fare, si sa, sa anticipare le scadenze più importanti.

Sbarcati sul sito come fossero in gita premio, i ristoratori naviganti trascuravano qualche piccola perplessità dei più pignoli: ma perché compilare le domande dopo l’avvio del click day, facendo le cose di corsa e male, per paura di perdere la priorità acquisita a fondi esauriti? Gente di poca fede.

L’ottimismo, si sa, è il sale della vita, e chi meglio di un ristoratore s’intende di sapidità? All’abilitazione del tasto “presenta la domanda”, di un bel verde speranza, le dita forti hanno lasciato coltelli e spelucchini e hanno accarezzato vogliose le rotelle dei mouse, incontrando le prime difficoltà.

Superato qualche messaggio d’errore, la pagina bianca con scritto che il sito è too busy, qualche scroscio di troppo, si entrava trionfalmente nell’area personale a suo tempo predisposta con tanto di accredito dell’azienda, pronti a inserire, ventre a terra, con la massima efficienza, tutti i dati richiesti, anche quelli del tutto inutili e ridondanti, già in possesso di istituti, agenzie, pubbliche amministrazioni varie, camere di commercio e oscure entità che gestiscono fondi acquisendo dati che inghiottono, buchi neri dell’informazione.

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Ok, we are only in it for the money, diceva Frank Zappa. Ci siamo, chiudi e invia la domanda, avrebbe detto non senza enfasi Totò a Peppino, con tanto di punto, due punti e punto e virgola. S’è iniziato alle 10, in sette/otto minuti ci si cava d’impaccio, ché c’è il pranzo da preparare. La procedura, garrula, approva i dati inseriti e impone di scaricare il modulo di domanda in pdf per la firma digitale. Scaricalo, amico ristoratore, firmalo digitalmente, fai l’upload degli allegati annessi antiriciclaggi casellari e dichiarazioni varie di solvibilità attendibilità onore fedeltà e qualità e il forziere si aprirà, prima che tu abbia il tempo di dire Apriti Sesamo.

E qui casca l’asino, e anche il ristoratore. La risposta del portale è: si è verificato un errore nel recuperare il Format di domanda.

Format in maiuscolo, a sottolineare il rigore formale venuto meno, che necessita di correzione pronta e sollecita, con clic del mouse sul pulsante scarica modulo di domanda.

Ma parte il loop della rotella che gira, gira, gira e finisce col reiterare la risposta: si è verificato un errore nel recuperare il Format di domanda

Il povero ristoratore avverte una fitta in zona portafoglio ma insiste, speranzoso. Dopo quasi 7 ore è ancora lì che clicca, ha saltato il pranzo o lo ha gestito tornando ogni due minuti a cliccare e ricliccare su questi soldi promessi che aspettano di trasformarsi in forni e friggitrici. Ma niente.

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Riuscirà, forse, a notte alta, celebrata la cena del venerdì, a spedire la sua domanda, nella speranza di essere entrato nell’Olimpo dei fortunati destinatari delle prebende pubbliche, disponendosi un po’ meno paziente all’attesa degli esiti.

Sui social, intanto, lamenti, battute, lazzi e cachinni accompagnano la disastrosa iniziativa: tre anni per prepararsi e finisce tutto in vacca, dopo dieci minuti, senza riuscire a riattaccare la spina, dopo ore e ore, e, soprattutto, uscendo con un tweet e un post su Facebook che parlano di “rallentamenti” e dicono segnalaci il tuo problema, che così lo risolviamo. Attendi fiducioso. Nel frattempo i ritardatari e quelli che, incauti, hanno chiuso il browser, si vedono sgaribaldati nella Waiting Room (vedi foto). Lascino pure ogni speranza, meglio intanto mettere su il brodo per la cena.

Ah, e non buttino via le vecchie pentole, ché qua tira una brutta aria.

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