Quale futuro per il cinema italiano? Se ne parla al Mia a Roma
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Quale futuro per il cinema italiano? Se ne parla al Mia a Roma

Giampaolo Letta e Piera De Tassis lanciano un appello agli attori italiani: "Tutti insieme ai David di Donatello"

Giampaolo Letta e Piera De Tassis al MIA - ph Alessia de Antoniis
Giampaolo Letta e Piera De Tassis al MIA
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10 Ottobre 2023 - 23.05


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di Alessia de Antoniis

Quale futuro per il cinema italiano? Se ne è parlato al MIA a Roma in un panel al quale erano presenti Alessandro Araimo, (General Manager Southern Europe Warner Bros. Discovery), Federica Lucisano (CEO, Italian International Film); Marina Marzotto (Founder and Senior Partner, Propaganda Italia); Massimiliano Orfei (CEO di Vision Distribution), Paolo Del Brocco (CEO di Rai Cinema), Piera Detassis (Presidente e Direttore Artistico dell’Accademia del Cinema Italiano-Premi David di Donatello), Giampaolo Letta (Vice Presidente e CEO di Medusa)

Il cinema italiano ha sicuramente vissuto un periodo di grande fermento, con ingenti investimenti privati e consistenti sostegni statale, ma le cui produzioni che non sempre sono state premiate al box office.

La presenza in sala è in ripresa, ma siamo ben lontani dai numeri dello scorso decennio e, soprattutto, il successo è legato a pochissimi titoli, spesso stranieri. Nel frattempo, inflazione, attesa contrazione del mercato dell’audiovisivo, condizioni in rapido mutamento, richiedono approcci diversi, spingendo i player italiani a cercare nuove strategie.

Mala tempora currunt per l’audiovisivo italiano?

Per Paolo Del Brocco, CEO di Rai Cinema, “gli incassi dei film italiani stanno crescendo. C’è tuttavia una polarizzazione su film “eventizzabili”, ad alto budget oppure con grandi nomi. Il lato negativo è rappresentato da tutti quei film minori, opere prime e seconde, che soffrono e soffriranno sempre di più.

I costi sono cresciuti – prosegue Del Brocco –  anche a causa della competizione con player internazionali, ma alcuni film hanno costi non giustificabili. Se non affrontiamo il problema, alcuni film, soprattutto minori, non si faranno più. La sala non assorbe più i film che assorbiva prima. Film con budget inferiori, cinema d’autore, che andavano nei festival e avevano un loro pubblico, hanno difficoltà a essere distribuiti. L’altro problema è che non c’è più la finestra pay, quella che sta dopo la sala, e rappresenta una parte di incassi che viene meno all’industria cinematografica.

Anche noi, come Rai, dovremo ridurre queste produzioni e fare film “eventizzabili”. Non rinunciamo alla nostra missione di trovare e far crescere talenti ma, a giovani registi che un’opera prima premiata dalla critica, non si può, la volta dopo, far fare un film con budget da milioni. Questo non li fa crescere nel modo giusto  e porta il sistema al collasso. I prossimi due anni non saranno facili anche per la contrazione degli investimenti nell’industria cinematografica da parte delle piattaforme.

È stata immessa nel sistema una ingente quantità di finanziamenti grazie alla Legge cinema, che ha attratto investitori internazionali, piattaforme o società estere. Ma il mercato sta cambiando.

A mio avviso – ha concluso Del Bocco – il Tax Credit uguale per tutti e per qualunque prodotto, dovrebbe essere ripensato. In che modo, andrà studiato con un tavolo tecnico.

Ad esempio, la fiction traina tantissimo l’industria dell’audiovisivo, ma drena buona parte dei finanziamenti del Tax Credit. Il Tax Credit, poi, ha consentito a tanti produttori di entrare in questo settore ma, poiché non si trovano grandi registi, si fanno tutte opere prime e, se va bene, opere seconde. Forse i produttori dovrebbero fare una maggiore selezione e non fare il film perché c’è il tax Credit. Finanziando giovani registi che hanno avuto successo con la loro opera prima, non si fa il bene né del giovane regista né dell’industria e, come Rai, non parteciperemo a film insensati dal punto di vista economico”.

Piera Detassis ha analizzato la situazione da un osservatorio privilegiato come la piattaforma che ospita i film iscritti al David di Donatello.

“Lo scorso anno i film sono stati 156 – esordisce Piera De Tassis – ma è difficilissimo vederli tutti. Penso che produrre serva a scovare nuovi talenti, ma credo siamo arrivati a un punto di non ritorno. C’è un’implosione comunicativa: i film sono troppi per essere assorbiti dal mercato. Non c’è, poi, l’investimento sulla comunicazione e molti film non arrivano al pubblico. Questo crea anche un disvalore rispetto al prodotto cinema. Le piattaforme hanno poi creato una distinzione tra i film che puoi vedere tranquillamente a casa e quelli che devi andare a vedere in sala.  Per me la sala è la prima forma di promozione del cinema, ma credo che siamo arrivati a un punto in cui dobbiamo chiederci cosa può andare direttamente sulle piattaforme.

Abbiamo poi bisogno – ha evidenziato la De Tassis –  di un sistema industriale che consenta la crescita di quelli e quelle che vengono chiamate star. Ma abbiamo bisogno che le stesse star vogliano esserlo. La promozione deve essere una parte integrante della produzione. Non si può essere snob sulla parte della promozione. Essere star è una professione, non un capriccio. Fa parte della professione dell’attore. E la promozione deve essere un obbligo dell’attore. C’è chi sceglie il giornalista con cui parlare; addirittura ci viene chiesto di rileggere le interviste, cosa che non si fa neanche sotto tortura. C’è un lavoro da fare sulla consapevolezza di essere protagonisti. Sofia Loren non è nata star: dietro c’è stato un enorme lavoro fatto con grande professionalità. L’ultima star del nostro cinema è Monica Bellucci”.

Per Giampaolo Letta, Vice Presidente e CEO Medusa, “il forte incremento dei costi di produzione è fonte di preoccupazione, principalmente perché il prodotto deve confrontarsi col mercato. Siamo davanti a un divario forte tra i costi di un film, molto spesso esagerati, e le potenzialità commerciali, ossia il risultato al box Office o la possibilità di essere commercializzati sulle piattaforme” – continua Letta. “Bisogna sempre tenere presente le reali potenzialità di mercato di un progetto e questo, recentemente, non è avvenuto. La sala è in ripresa, ma lontana dai numeri di una volta e, quindi, non è in grado di assorbire tutte le produzioni. Trovo poi assurdo che molti attori non si spendano per la promozione dei film.

Dal palco del MIA – conclude Letta – lancio una proposta: che tutti gli attori vadano ai David di Donatello, anche quelli che non sono candidati. Sarebbe un bellissimo gesto di compattezza della categoria”.

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