Così Salvator Allende: tentò la via dell’Intelligenza Artificiale dal “volto umano”
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Così Salvator Allende: tentò la via dell’Intelligenza Artificiale dal “volto umano”

Il progetto dal nome evocativo “Cybersyn” (Cybernitcs Synergie) fu avviato grazie al cibernetico britannico Anthony Stafford Beer e fu interrotto dal golpe dell’11 settembre 1973.

Così Salvator Allende: tentò la via dell’Intelligenza Artificiale dal “volto umano”
La sala di controllo del Cybersyn
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Marcello Cecconi Modifica articolo

26 Settembre 2023 - 16.53 Culture


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di Marcello Cecconi


L’11 settembre è una data che per il continente americano, e per il mondo intero, ricorda eventi di portata storica. Sicuramente lo fu quella di 22 anni fa dell’attentato di Al Qaida alle torri gemelli a Manhattan che costò quasi 3mila morti e cambiò la visione del mondo. Ma fu importante anche l’11 settembre di cinquanta anni fa quando il golpe di Pinochet e il “suicidio” di Salvator Allende misero fine al breve percorso dell’esperimento della via cilena al socialismo dello stesso capo di Stato, guardato con ammirazione da una parte di mondo e con preoccupazione dall’altra.

Oggi va ricordato che in quel percorso ci fu spazio anche per l’Intelligenza Artificiale. Evocativo il nome del progetto. Si chiamava Cybersyn (Cybernitic Synergy) ed era la risposta socialista del confronto di pensiero economico fra sinistra e destra all’interno dell’Università Cattolica del Cile.

Con la vittoria delle sinistre, alle elezioni democratiche del 1970, la filosofia politica statalista dei “Santiago Boys”, con lo sguardo a John M. Keynes, ebbe la meglio sui neoliberisti “Chicago Boys”, seguaci della scuola di Milton Friedman, che avranno la loro rivincita sotto la dittatura Pinochet e l’ ombrello della Cia.

L’iniziativa informatica era parte integrante del programma idealista di Allende che non voleva ispirarsi al modello centralizzato e pachidermico dei piani quinquennali che impantanavano Breznev e l’Unione Sovietica. Allende sognava una via partecipativa dal basso che potesse rafforzare l’economia del Paese al fine di liberarlo dalla morsa del mercato occidentale che da anni sfruttava sia il Cile che gli altri Stati dell’America Latina.

Il progetto Cybersyn consisteva in una rete di comunicazione ramificata ed estesa all’intera nazione che nasceva dall’idea dell’inglese Anthony Stafford Beer, consulente e professore alla Manchester Business School e noto soprattutto per il suo lavoro nei campi della ricerca operativa e della cibernetica gestionale. A metà del 1971, Beer, arrivava a Santiago chiamato dal giovane “Santiago Boys” Fernando Flores, allora dirigente della Chilean Production Development Corporation (Corfo), agenzia del governo incaricata della gestione delle società nazionalizzate.

Un sistema che mischiava socialismo, biologia, dinamiche aziendali, informatica e attrezzature dell’era spaziale. Il percorso visionario prevedeva l’uso di computer e una rete di comunicazione basata su telex per consentire al potere centrale di avere velocemente i dati della produzione senza ledere l’autonomia dei lavoratori e dei dirigenti decentrati. Concretamente il progetto si sviluppava grazie a 500 macchine telex distribuite nelle più importanti fabbriche del Cile, dal deserto del nord al sud patagonico, collegate a due sale di controllo a Santiago.

Insomma sul tavolo di Allende e collaboratori arrivavano ogni giorno i dati sulla produzione delle singole fabbriche, sul flusso delle materie prime indispensabili, sulla presenza in fabbrica degli operai con i relativi tassi di assenteismo e altri dati relativi a svariati problemi economici. Macchine e persone. Macchine che fornivano dati e persone che li analizzavano e prendevano decisioni.

Un coinvolgimento collaborativo di macchine e umani che piacque subito ad Allende perché nella pratica non si sarebbe trasformato in un sistema di sorveglianza degli operai ma, al contrario, in un luogo di partecipazione e cogestione delle fabbriche dove scambiare dati e informazioni. Non un passivo inginocchiamento agli algoritmi ma un sistema che potesse comunicare, processare e rispondere ai dati tramite umani, nella consapevolezza che la macchina poteva sicuramente aiutare ma non sostituire la persona.

Il progetto fu anche una risposta sociale ed etica alle voraci e privatissime start up della Silicon Valley che crescevano in California. Lì, nell’area delle grandi aziende del Dipartimento della Difesa americana, queste iniziative erano spinte dagli ingegneri post sessantottini della Stanford University non più interessati al posto fisso statale.

Furono quelle stesse aziende che iniziarono a costruire le corsie veloci per l’algocrazia, quel dominio degli algoritmi che oggi si indentifica nella società delle piattaforme che sono alla base del neocapitalismo occidentale portato per mano dalle Big Five e dell’ambiguo ma possente capitalismo di stato cinese.

L’utopia dell’Intelligenza Artificiale umanista finì quando il Palazzo Presidenziale fu bombardato dai caccia Hawker Hunter di fabbricazione britannica e Allende morì.  L’esempio di questa datificazione democratica, però, potrebbe tornare comodo anche oggi quando continuiamo a bistrattare l’interesse pubblico rispetto al supremo intoccabile interesse privato. E allora l’arroganza dei dati, in mano a pochi, non potrà mai essere sconfitta.

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