di Francesca Parenti
Una sorte propizia e un benevolo destino mi hanno permesso di avere una grande fortuna, di cui, con frequenza, faccio tesoro. Con precisione, alludo e mi riferisco all’opportunità rilevante di incrociare ed intersecare il mio cammino (professionale e personale) con quello del fotografo Gigi Montali.
Chiunque, come accaduto provvidenzialmente a me, abbia avuto questa possibilità, sarà rimasto colpito da quell’incontro, si sarà sentito travolto dalla piacevolezza e investito da ingente positività.
Il motivo è semplice, eppur ragguardevole: l’entusiasmo, la vitalità, la praticità operosa e la solerte voglia di fare di Gigi sono straripanti e contagiose. Da sempre.
I suoi occhi eloquenti, vivaci e brillanti di desiderio indagatore, sono vere finestre spalancate sul mondo che gli consentono di aggirarsi con leggerezza di calviniana memoria, planando agile sulle situazioni al pari di un volatile, quasi indossasse i calzari alati di Mercurio.
Esploratore e cercatore instancabile, libellula dello spazio e dei luoghi, Montali è un detonatore dall’elettrizzante carica di vitalità e curiosità in grado di trasmettere e fornire un bagaglio energizzante di cui inebriarsi.
Sarà per indole e attitudine caratteriale ma, anche l’impegno inesauribile e la perseveranza infaticabile, inseguiti e raggiunti, hanno un peso decisivo.
Montali è un vulcano di idee, un instancabile promotore di iniziative e, al contempo, un’anima dalla sensibilità premurosa; un uomo, dal perenne movimento e fermento, capace di reagire alle difficoltà ritrovando un sorriso veritiero, rimboccandosi le maniche e rimettendosi in gioco costantemente; una persona che non si arrende, non si lascia abbattere e non si fa prendere dallo sconforto.
Fotografo freelance, si dedica da oltre trent’anni al reportage e al paesaggio, toccando la ritrattistica; parmigiano di nascita, ma “cittadino del mondo” come ama definirsi, ha viaggiato e viaggia, tra paesi e continenti, insieme all’inseparabile moglie Lucy, compagna fedele di vita ed avventure; ha fondato il gruppo fotografico Color’s Light Colorno, con il quale organizza dal 2010 il Festival Colorno Photo Life.
Ad ogni occasione, la sua stretta di mano non manca, la carezza del suo viso radioso non viene meno e un abbraccio non è mai rifiutato: offerte solidali, elargite con solerzia, salvifiche e traboccanti benevolenza.
Questa inclinazione non è dispensata in maniera ristretta, bensì riservata al tutto: ad ogni angolo di mondo, ad ogni persona (che ha incontrato e incontrerà), ad ogni situazione (in cui si ritrovi e che vive attraverso e grazie alla sua fotografia).
L’autore, inoltre, è dimostrazione inconfutabile e segno palese di come e quanto il confine tra l’iniziale passione fotografica definita riduttivamente amatoriale e la ricerca professionale sia labile. E, ancora, delle modalità attraverso le quali questo muro sia valicabile, questa paratia possa essere abbattuta dalla costanza assidua, dall’irremovibile pratica quotidiana, dall’esercizio e dall’affezione per un mezzo di rappresentazione della realtà.
Montali educato alla scuola dell’esperienza sul campo ne rivela la validità pienamente formativa quanto, se non di più in termini talvolta di autenticità, quella dei prestigiosi e costosi programmi di studio.
Atleta dello sguardo e campione della visione, offre un campionario nutrito di racconti, scampoli accorti derivanti da un movimento scattante, rispettoso e attento verso ogni aspetto del cosmo.
Non gli importa se la foto è scattata in un luogo remoto o poco distante: la vicinanza sensibile e la cura per i suoi soggetti sono ininterrottamente le medesime.
Risoluto, alieno alla banalità, deciso nell’incedere, ha così compreso che il sistema per conoscere il mondo è afferrarlo; prenderlo per tentare, poi, di comprenderlo con la propria peculiare inclinazione, mediante un linguaggio con il quale ha scoperto di avere una penetrante affinità elettiva.
Tali doti e talenti, solo alcune delle tante che il virtuoso Gigi possiede, sono immediatamente rintracciabili con evidenza nel suo ultimo libro che porta il titolo, non casuale, di Mondi umani (Corsiero Editore, 320 pp., 30€, lingua italiana).
Se, come sosteneva Susan Sontag “collezionare fotografie, è collezionare il mondo”, il volume menzionato funge da ennesima attestazione e riscontro confermante.
Infatti, ci troviamo di fronte ad una collezione di trent’anni di fotografie, raccolto fertile di innumerevoli viaggi, nonché frutto del contatto ricercato con l’universo e l’uomo.
Anzi e meglio, con l’umanità.
Un’opera la cui genesi risale ad un momento di massimo e forzato immobilismo, quello dell’Italia in lockdown durante gli interminabili mesi pandemici di chiusure, spostamenti non consentiti, smart working e allontanamento dalle normali pratiche di socialità condivisa.
Gigi, con l’acume e la determinazione abituali, riesce a trasformare la stasi in ricerca ed inizia a scandagliare il suo enorme archivio: dalle diapositive ai negativi (risalenti al tempo dell’analogico), fino alle immagini su supporti digitali (file, chiavette usb, hard disk).
Un compito immane certo, ma il tempo non manca. Forse, il momento è quello giusto e l’occasione diviene propizia.
Le complessità si esternano presto e spingono l’autore a chiedere ausilio. Gigi decide pertanto di lavorare al fianco di Loredana De Pace (giornalista, fotografa, storica dell’arte e della fotografia) con la quale, da anni, ha instaurato un rapporto di proficuo scambio intellettuale e professionale, rinsaldato da fiducia ed amicizia. La stima reciproca e la sfida, nel tentare di dare un ordine e trovare una chiave di lettura per trasformare quel materiale in un progetto compiuto, sono il collante del gaudioso, produttivo e dialettico sodalizio.
Un’attività solerte di cernita, ordinamento e confronto quotidiano aboliscono una distanza solo fisica, in quanto lo scambio costruttivo, tra la curatrice del volume e l’autore, è scandito da ritmi concitati e incontri (virtuali) frequenti.
Il primo passo, antecedente a qualunque altro, è stabilire la logica secondo la quale il nutrito e cospicuo corpus dovrà essere organizzato, essendo le possibilità molteplici e passibili di discussione. Vengono scartate la progressione cronologica, la suddivisione per periodi temporali e anche quella per luoghi geografici.
Su di un punto c’è concordanza: un agglomerato così vasto ed eterogeneo potrà trovare un ordinamento comprensibile e rivelatore unicamente attraverso una scansione e ripartizione tematica.
Ecco dunque l’arrivo di sette capitoli, ciascuno con un titolo ed introdotto da un testo affidato a sette persone diverse, scelte appositamente in quanto stimate dall’autore e che, a loro volta, sono conoscitori della fotografia di Montali: Paolo Barbaro, Orietta Bay, Claudia Cattani, Eles Iotti, Andrea Meloni, Antonella Monzoni, Davide Papotti, Simone Terzi. Ad ognuno di loro, Gigi fornisce solo gli scatti relativi alla sezione di cui sono chiamati a scrivere, per l’esattezza ed in successione: La natura dell’uomo, La donna nel mondo, Il lavoro nel mondo, Città del Mondo, Dentro la terra, Appunti italiani, Fiume Po e Al Centro, elaborato finale a guisa di conclusione addensante per le ripartizioni antecedenti.
Loredana De Pace si occupa inoltre, con consueta competenza e saggezza, dell’illuminante editoriale introduttivo Carta d’identità di una monografia, nel quale illustra e motiva l’origine del progetto, l’approccio fotografico di Montali e l’organizzazione dettagliata del volume.
Grazie alle argomentazioni della curatrice, il lettore ha a disposizione gli accorgimenti orientativi e un sostegno chiarificatore per addentrarsi tra gli scatti di Montali il quale, ricorda la De Pace, “è un problem solver dall’animo buono”, che “trent’anni fa si è incamminato per il viaggio più difficile, quello al centro dell’anthropos”.E prosegue enumerando l’estensione dei soggetti: “villaggi africani, sguardi raccolti da ogni angolo della Terra, abitudini culturali a noi ignote, luoghi geografici fra i più disparati, dalle dune del deserto ai ghiacciai islandesi, dalle terre vulcaniche a quelle brulle nostrane; tutti questi paesaggi, umani e geografici, un poco alla volta hanno formato il vocabolario visivo che Gigi ha scritto con le sue fotografie. La missione di una vita, insomma, è stata raccontare le esperienze di uomini, donne, bambini, le loro consuetudini, le espressioni, i gesti, il lavoro, le architetture”.
Tornando alla monografia, è interessante rimarcare che titolo e copertina sono stati scelti e decisi per ultimi: il primo da Loredana e la seconda da Gigi.
La produzione di Montali appare sfuggente alla canonica divisione dei generi, in quanto pur sfiorandone diversi (reportage, paesaggio, still life, ritratto) non aderisce in via esclusiva e limitante ad uno soltanto. Il collante e trait d’union è la posizione centrale sempre occupata dall’essere umano, in collocazione primaria.
Questo Grand Tour metaforico e concreto, durato trent’anni e racchiuso ora nell’antologia, è una peregrinazione dentro l’umanità, una spedizione all’interno delle sue molteplici espressioni e mutevoli sembianze. Il titolo, evocativo e non limitante, l’unico esatto e possibile, sapientemente individuato da Loredana De Pace, non poteva essere che Mondi umani.
Le fotografie di Montali sono guidate dall’accettazione dell’inconoscibilità totalizzante e dunque dall’ardente volontà di apertura, inseguimento della conoscenza possibile, avvicinamento alla sperimentazione. Ne esce una visione secondo la quale il mondo non può essere uno in accezione riduzionista, bensì plurimo e la consapevolezza dell’unico denominatore comune che Montali persegue con tenacia: la coscienza profonda e intima dell’umano.
C’est partout: l’umano in ogni dove, in ogni dubbio o certezza, in ogni fattezza e movimento, in ogni architettura segnata o paesaggio incontaminato dall’agire dell’uomo, in ogni lavoro che è dignitoso perché svolto con dedizione.
In egual misura, evocativa e non invasiva è l’immagine di copertina: uno scatto che comunica tutto senza svelare nulla, eloquente e silenzioso, immaginifico ed eterno, suggestivo e poetico, realizzato in Colombia nel 2019.
Montali ci insegna a decifrare l’idioma del cuore, ad abbandonare frenesie indelicate e frettolosità grossolane, ci istruisce a cogliere l’infinitamente piccolo e minuto dettaglio così come la più enorme vastità e a comprenderne l’importanza paritaria. Ma soprattutto, senza mai ergersi a giudice sentenziante o precettore pedante, impartisce una lezione di vita, in termini di valevole e nobile disposizione: il sapersi avvicinare all’essere umano con necessaria modestia, il rapportarsi all’altrui con indispensabile umiltà e il relazionarsi all’altrove con indulgente imparzialità.
Nelle fotografie di Montali la passione e l’empatia, anzi, l’amore per l’umanità si situano ovunque perché albergano nella sua profondità d’animo.
Come sosteneva Amedeo Modigliani nel suo commovente epistolario: “l’uomo è un mondo che a volte vale mondi interi”.
Ecco l’affermazione per orientarsi ed orientare, il faro ad indicare la rotta, la segnaletica luminosa per tracciare l’itinerario.
Gigi se ne appropria e Mondi umani ne è esemplare suggello.
Convalidati i presupposti, non si può far altro che accorgersi di quanto Mondi umani sia una monografia mirabile e pregevole per il vigore veritiero: consta di un’investigazione che non si esaurisce e non stanca, consentendo di sperare e immaginare; ricorda, in ogni scatto e ad ogni pagina, che non siamo perduti, che è possibile ritrovarsi, che la solidarietà vive in noi e che il mondo non è solo una discarica di arroganza o un bassofondo di presunzione.
I mondi, dell’autore e nostri, sono davvero lontani dalle logiche di cieco potere e alieni dalla prevaricante forza bruta. Sono mondi già costruiti dal rispetto e da costruire su di un senso di bellezza universale e salvifica, che emerge, silenziosa e dirompente, dall’umanità: è la fotografia a darle voce.
In aggiunta, ci consente di tornare ad assaporare la vita che pulsa e di provare stupore per gli incontri che possono riservarci sorprese inattese; ci consegna le elargizioni che la Terra ha consegnato a Montali, permettendoci di goderne la leggiadria della scoperta, interiorizzandole.
È un deposito dei doni del cosmo, inseguiti per trent’anni e dispensati sapientemente.
Emarginiamo la rassegnazione, in un battito all’unisono che risuona tra lo scorrere delle pagine e il dipanarsi delle immagini.
Abbracciamo saldamente la speme quando bussa alle porte dei cuori e delle anime nostre, in un’onda frangente che salva e nutre, disseta e consola, arde e placa.
Gigi scommette sui valori dell’uomo e non ha paura che sia un azzardo: sa e crede di poter credere, sa e spera di poter sperare. E noi siamo con lui.