Vittorio Sermonti: "Mi scoccia un po' il morire, ma non provo angoscia"
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Vittorio Sermonti: "Mi scoccia un po' il morire, ma non provo angoscia"

Chi era il grande intellettuale scomparso nella serata del 23 novembre e quale era il suo rapporto con la morte

Vittorio Sermonti
Vittorio Sermonti
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24 Novembre 2016 - 11.12


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“Lo stato della lingua italiana è una specie di terra di nessuno: tra l’inglese, i dialetti e il lessico di Aldo Biscardi”. 

Vittorio Sermonti, scomparso ieri sera, nel 2013 si ritraeva in un’intervista-confessione a Repubblica e fra le tante cose parlò del suo rapporto con la morte. Eccone uno stralcio:

Mi scoccia un po’ il morire, ma non provo angoscia. Nella mia vita ho perso anche una figlia e questo ha creato un rapporto più soffice con il dopo”. “Meno estraneo. Sto raccogliendo da una quindicina di anni una serie di aforismi che ruotano attorno all’idea che la morte non esiste. Sostengo che questa signora che viene quando vuole e ti sorprende in realtà non c’è. Ci sono le persone che a un certo punto se ne vanno e con le quali non hai più rapporti: vengono sfilate, creano una ferita, ma poi la ferita si rimargina. La morte non esiste, esistono i morti e a un certo punto mi viene il sospetto che praticamente non esistano che loro”.

 

Vittorio Sermonti è nato a Roma nel 1929, sesto di sette fratelli. Da bambino, vedeva circolare in casa dei nonni e di zii materni, a loro legati da vari gradi di parentela, V. E. Orlando (suo padrino di nascita), Luigi Pirandello, Alberto Beneduce, Enrico Cuccia. 
Freelance ostinatissimo, nelle vesti più disparate — narratore, saggista, traduttore, regista di radio e tv, giornalista, docente di Italiano-Latino al liceo «Tasso» di Roma (1965-1967), e di tecnica del verso teatrale all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica (1973-1974), consulente CEE (1985-1988), poeta e lettore di poesia — V. S. si occupa da sempre dell’energia vocale latente nei testi letterari, insomma, del rapporto fra la scrittura e la voce.
Cresciuto nel perimetro di Niccolò Gallo con Giorgio Bassani, Cesare Garboli, Antonio Delfini, P.P. Pasolini, Goffredo Parise, e molti altri; promosso per le stampe da Roberto Longhi (è redattore di «Paragone» dal remoto 1954); V. S. si è laureato con lode ma tardi (1963) alla Sapienza di Roma in Filologia Moderna con tesi su Lorenzo Da Ponte (relatori, Natalino Sapegno e Giovanni Macchia).
Per meno di un anno (1956) è stato iscritto al P.C.I. Nel 1956-57 ha vissuto a Brema, nel 1967-68 a Praga, nel 1975-79 a Torino, dove ha diretto il Centro Studi del Teatro Stabile.
Ha collaborato a vario titolo con diversi giornali (L’Unità, 1979-82; Il Mattino, 1985-86; Corriere della Sera, 1992-94).
Nelle sue centoventi regie per la radio (1958-1984), ha lavorato con i più grandi attori del tempo: da Renzo Ricci a Vittorio Gassman, da Paolo Poli a Carmelo Bene, da Sarah Ferrati a Valeria Moriconi.
Tra il 1987 e il 1992 ha registrato per Raitre l’intera Commedia introdotta da cento racconti critici sotto il titolo La Commedia di Dante, raccontata e letta da V.S; tra il 1995 e il 1997 ne ha replicato la lettura, ampliando le introduzioni, nella basilica di San Francesco a Ravenna, davanti a migliaia di persone di ogni età, ceto, grado di istruzione; tra il 2000 e il 2002, aggiornando via via la parte critica, ai Mercati di Traiano e al Pantheon di Roma; dal 2003 al 2005 a Firenze (Cenacolo di Santa Croce) e a Milano (S. Maria delle Grazie); nel 2006 a Bologna (Santo Stefano). In letture di singoli canti si è prodotto per tutta Italia, ma anche in Svizzera, Spagna, Regno Unito, Argentina, Cile, Uruguay, Israele, Turchia… Nell’autunno 2006 (Milano, Santa Maria delle Grazie) e nell’autunno 2007 (Roma, esedra del Marco Aurelio nei Musei Capitolini) ha letto i XII libri dell’Eneide tradotti da lui. Fra l’autunno 2009 e la primavera 2010 ha registrato per intero — con la regia di Ludovica Ripa di Meana e a loro spese — la versione definitiva dei cento commenti-racconto e delle cento letture della Commedia di Dante, dei dodici libri dell’Eneide e di 14 «racconti verdiani». Nel giugno 2012 ha registrato — stessa regia, stesso finanziamento — le Metamorfosi di Ovidio nella sua traduzione.
Residente da sempre a Roma, V.S. ha soggiornato per molti anni e in epoche diverse a Milano.
In prime nozze con Samaritana Rattazzi ha avuto tre figli: Maria, Pietro e Anna; vive da trent’anni a Roma con Ludovica Ripa di Meana, poeta, che ha sposato nel 1992.
Membro d’onore della «Dante Alighieri» di Parigi, membro dell’Accademia Virgiliana di Mantova e dell’Aspen Institute Italia, V.S. è cittadino onorario di Ravenna e di Palermo.
A marzo 2016 riceve il Premio Nazionale per la traduzione a cura del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo “per aver tradotto con particolare acume interpretativo ed una scrittura agile ed elegante la letteratura classica e aver affrontato le letture dantesche riconsegnando alla contemporaneità la più profonda essenza dell’opera del Poeta”

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