Scritte con il gesso sull’asfalto, davanti a una scuola secondaria della Slovacchia orientale, erano brevi e dirette: «Basta Fico», diceva una, riecheggiando uno slogan antigovernativo molto diffuso; l’altra ironizzava sul primo ministro slovacco accusandolo di offrire favori sessuali a Vladimir Putin.
Comparse poche ore prima dell’intervento che il premier Robert Fico avrebbe dovuto tenere nella scuola, quelle frasi hanno colpito nel segno. In breve tempo, messaggi simili hanno iniziato a spuntare sui marciapiedi di tutto il Paese, in quello che alcuni hanno battezzato la «Rivoluzione del gesso» e altri l’«Ondata del gesso di novembre».
Per il diciannovenne che ha scritto i messaggi iniziali, l’eco è stata una sorpresa. «Non mi aspettavo davvero che diventasse così grande», racconta Michal, conosciuto con il soprannome di Muro. «A quanto pare non sono l’unico a pensarla così».
Quando ha saputo che Fico avrebbe visitato la sua scuola, nella città nordorientale di Poprad, per una lezione di politica estera slovacca all’inizio di novembre, Muro ha deciso di fare qualcosa. Da anni osservava Fico, al suo quarto mandato, abbracciare una linea filorussa, tesa a normalizzare i rapporti con Mosca e a contestare le politiche dell’Unione europea sull’Ucraina. Per lui, che ha chiesto di non rendere pubblico il cognome, il gesso era un modo innocuo per esprimere l’esasperazione verso un governo che, a suo giudizio, ha fatto troppo poco contro la corruzione e il caro vita, investendo poco in istruzione e sanità e contribuendo così all’emigrazione dei giovani.
La reazione è stata immediata. Fico ha rinviato la visita. «Il che era divertente, perché non vorrei proprio essere qualcuno che ha paura di una scritta col gesso», commenta Muro. La polizia si è presentata a scuola e lo ha portato a interrogatorio. Poche ore dopo, uscito senza accuse, il movimento era già partito. «I social hanno fatto il loro lavoro», dice. «E poi i messaggi hanno iniziato ad arrivare».
In tutta la Slovacchia il gesso è diventato rapidamente uno strumento per canalizzare il malcontento contro un governo accusato di arretrare sui diritti umani, smantellare gradualmente lo stato di diritto e politicizzare il panorama culturale. Tutto è iniziato con studenti che pubblicavano le foto delle loro scritte davanti alle scuole o sui marciapiedi attorno al parlamento, per poi trasformarsi in un fenomeno diffuso. «Lo vedevi in quasi ogni villaggio, in ogni città, nelle piazze e ovunque», racconta Muro.
Il culmine è arrivato alla vigilia delle celebrazioni per l’anniversario della Rivoluzione di velluto del 1989, che pose fine a decenni di regime comunista nell’allora Cecoslovacchia. Un momento in cui molti hanno voluto ricordare il passato e interrogarsi sulla direzione del Paese.
Migliaia di persone hanno partecipato a manifestazioni organizzate da partiti di opposizione e gruppi civici per denunciare quella che considerano una deriva democratica. «Fico attacca le istituzioni indipendenti, la cultura, i media… esattamente come facevano i comunisti», ha detto alla folla Jaroslav Naď, leader dell’opposizione dei Democratici.
Muro, che condivide queste preoccupazioni, è stato invitato a parlare a un comizio a Bratislava dopo che le scritte erano diventate virali. «Ho detto che dobbiamo renderci conto: che cosa stiamo davvero votando?», spiega. «Stiamo votando il ritorno di tutto ciò da cui abbiamo lottato per fuggire e che abbiamo cercato di distruggere per quarant’anni. E ora è tornato, e lo accogliamo a braccia aperte».
Qualche settimana dopo, in un collegamento video con il Guardian, mostra la neve a terra quando gli si chiede perché l’ondata di messaggi si sia affievolita. «È piuttosto difficile scrivere col gesso», dice. Ma il movimento, spera, è tutt’altro che finito, anche perché le elezioni sono previste per il 2027. «Il messaggio va ripetuto, certo, ma in un momento più rilevante, quando le persone stanno davvero decidendo chi votare».
Negli ultimi tempi le proteste sono continuate in varie forme, da quelle contro la sostituzione dell’ufficio per la tutela dei whistleblower alle decine di studenti vestiti di nero che hanno abbandonato l’aula quando Fico è tornato a Poprad per tenere la lezione rinviata.
Intanto Muro si è ritrovato improvvisamente sotto i riflettori, tra apprezzamenti e attacchi personali. Alcuni membri del governo lo hanno paragonato all’uomo accusato di aver tentato di assassinare Fico lo scorso anno, altri lo accusano di essere pagato dagli avversari politici del premier. Lui respinge le accuse: «Sono apartitico, non sostengo candidati né partiti specifici».
Per Muro il punto centrale resta il numero di persone che hanno scelto il gesso per esprimere il proprio disagio. «Nonostante tutte le molestie che ricevo online, penso ancora che sia stata la cosa giusta da fare», conclude. «È una grande forma di protesta, una forma di disobbedienza civile che resta abbastanza rispettosa da non essere perseguita legalmente, ma che permette di esprimere un’opinione in modo molto visibile».
