Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha esortato la Cina a favorire il libero scambio e a garantire pari opportunità commerciali, in vista dei suoi incontri imminenti a Pechino con il presidente Xi Jinping e il premier Li Qiang.
«La concorrenza deve essere veramente leale, con condizioni di parità e senza limitazioni alle nostre aziende», ha affermato il leader socialdemocratico durante un incontro con gli studenti della rinomata Tongji University a Shanghai. Ha anche identificato le principali preoccupazioni riguardanti il dumping, la violazione del copyright e la sovraccapacità produttiva, temi già fortemente criticati una settimana fa a Pechino dalla segretaria al Tesoro degli Stati Uniti, Janet Yellen.
Come per la sua visita di novembre 2022, quando fu il primo leader del G7 a vedere Xi nel post-pandemia dopo l’inedito terzo mandato alla guida del Partito comunista, la missione di Scholz è finita sotto esame. Gli scenari sono cambiati da allora tra le aree di conflitto estese al Medio Oriente e le tensioni commerciali in forte rialzo tra Bruxelles e Pechino. Mentre sono inascoltate le lamentele sulla «vicinanza» del Dragone a Vladimir Putin, impegnato nell’aggressione all’Ucraina. «La Russia sta conducendo una guerra di conquista ed è necessario insistere che nessuno debba contribuire a garantire il suo successo di questa guerra – ha notato Scholz -. Di qui l’invito a tutti a non aggirare le sanzioni e la richiesta a non consegnare armi» e i beni contrassegnati dal doppio uso, civile e militare.
La visita di Scholz avviene quando ci sono molte questioni pendenti con la Cina. A Bruxelles sono in corso indagini sugli aiuti di Stato per pannelli solari, auto elettriche e turbine eoliche cinesi, più un’altra in fieri sui dispositivi medicali. Gli Usa stanno passando al setaccio i rischi alla sicurezza della tecnologia cinese nei veicoli. Mentre, con le tensioni crescenti su Taiwan, il presidente Joe Biden si è impegnato la scorsa settimana a difesa di Giappone e Filippine, rimarcando la condotta «pericolosa e aggressiva» di Pechino nel mar Cinese meridionale.
Due giorni prima di partire, Scholz ha avuto colloqui con il presidente francese Emmanuel Macron, il cui ufficio ha riferito che i due leader «si sono coordinati per difendere un riequilibrio dei rapporti commerciali tra Europa e Cina». Il Dragone è però un mercato vitale per la Germania, capace di generare la metà del fatturato della sua chimica e il 40% di quello dell’industria dell’auto: il cancelliere è in Cina con la delegazione di colossi come Siemens, Mercedes, Bmw e Bayer. Entrambe le economie hanno disperato bisogno di crescita nel 2024.
Ma il capitolo forse più spinoso per il cancelliere è quello delle pressioni interne. Deborah During dei Verdi, parte della `coalizione semaforo´ al governo a Berlino, ha messo in guardia dal considerare la Cina solo un’opportunità economica, ricordando «gli errori del passato» e la dipendenza da Mosca per le forniture energetiche a basso costo. «Sembra che Scholz stia sul percorso della Merkel, seguendo le poche grandi aziende tedesche in qualunque cosa sostengano sulla Cina», ha notato Ulrich Speck, del German Council on Foreign Relations (Dgap).
I media statali cinesi hanno steso invece i tappeti rossi, apprezzando l’apertura dell’account su TikTok del cancelliere. «In una certa misura, la visita di alto profilo di Scholz è un ritorno alla normalità delle relazioni bilaterali», ha scritto il Global Times, in nome «di pragmatismo, razionalità e cooperazione vantaggiosa per tutti con la Cina» ancora in auge in Germania, da 49 anni il primo partner di Pechino in Europa. Sono anche stati scomodati salsiccia, stinco di maiale e crauti: «Gli stessi ingredienti possono avere sapori diversi in Cina e Germania», ma «le interazioni culinarie» aiutano la comprensione reciproca.
A Pechino, infine, circolano le indiscrezioni secondo cui oltre che a Parigi da Macron, il leader comunista debba recarsi a maggio in Ungheria e Serbia, i partner più vicini. A Belgrado, in particolare, Xi potrebbe andarci in vista dell’8 maggio per i 25 anni delle bombe Nato che colpirono l’ambasciata cinese causando tre morti.
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