Al grido di “Impeachment Impeachment” si staglia da terra verso il cielo l’urlo di protesta di un’America che è uscita dalle case per scendere in tutte le piazze, da Manhattan così come davanti alla Casa Bianca. E poi da Boston a Seattle, da Las Vegas a Boston a Los Angeles.
Battery Park, punta estrema a sud di Manhattan, è qui che monta l’urlo di protesta che chiede l’impeachment per Trump. La rabbia esplode a causa della stretta decisa dal pugno di ferro di un Presidente che sembra cieco di fronte a un paese in ribellione.
In migliaia si sono radunati in un luogo simbolo, davanti la spettacolare baia di New York dove si erge la Statua della Libertà, simbolo dello spirito di accoglienza dell’America. Nel frattempo a Washington altre migliaia di persone protestano davanti alla Casa Bianca, e sfilano verso Capitol Hill, compiendo al contrario quella Pennsylvania Avenue che il 20 gennaio scorso ha portato Trump dritto allo Studio Ovale. Ma in tutte le grandi città degli Stati Uniti – da Boston a Dallas, da Seattle a Los Angeles – il popolo anti-Trump leva alta la sua voce.
“No Ban No Wall”, niente divieti ai musulmani, niente muri col Messico. Il grido attraversa tutto il Paese. “Siamo tutti immigrati. Perché l’America è questa. È un paese costruito e diventato ricco proprio grazie ai popoli immigrati, che sulla sua terra hanno lavorato, hanno costruito, hanno pagato tasse, hanno viaggiato, hanno studiato. E ora sono tutti riversati nelle piazze – italiani, pachistani, asiatici, tunisini, iraniani, libici – a dire: Noi siamo l’America!
“Non e’ questo il Paese che voglio per i miei bambini. Voglio che vivano in un Paese guidato da liberta’ e giustizia per tutti”, grida Pamela, 31 anni, di origini siciliane da parte di madre, venuta a Battery Park coi suoi due figli di 4 e 6 anni.
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