Renzi ha fatto votare dalla direzione del Pd il dl di Poletti sul lavoro. E’ finita con 93 sì, 8 astenuti e 12 contrari. Ma a Renzi non interessa discutere nel suo partito di un tema così importante, sulle ali dell’entusiasmo e della maggioranza bulgara nel Pd, a lui basta andare avanti su una riforma che viene osteggiata dalla sinistra del Pd, dai sindacati, e appoggiata invece dall’opposizione berlusconiana.
Qundi, riepilogando. Il Pd ha espresso il suo sì. E il plauso alla riforma viene anche del governatore di Bankitalia Ignazio Visco. Invece con la minoranza Pd si sono schierati i sindacati, dalla Cigl di Susanna Camusso alla Cisl di Raffaele Bonanni. Contro Maurizio Landini della Fiom, che sul dl Poletti è sul piede di guerra. Inutile il tentativo della minoranza del Pd di chiedere una modifica del testo varato dal governo, che elimina la causale nei rinnovi dei contratti a tempo (di durata massima 36 mesi), elimina la pausa obbligatoria tra un rinnovo e l’altro e non obbliga le imprese ad assumere gli apprendisti al termine dei 36 mesi.
Alla fine però della discussione i 12 voti contrari sono stati infatti espressi da Pippo Civati e dai civatiani; le 8 astensioni sono arrivate da alcuni esponenti dell’area Cuperlo. In Parlamento la situazione è diversa, i contrari del Pd potrebbero essere numericsmente significativi. Ma non ci saranno problemi, c’è Forza Italia pronta a dar man forte a una riforma che neanche sognavano.
Renzi:
“Alla fine della discussione votiamo, perché discutere e votare è caratteristica del Pd”. Fassina: “La proposta sul mercato del lavoro è la proposta della destra, la proposta di Sacconi e di Forza Italia. Se mi si dice che per esigenze di compromesso dobbiamo prendere il pacchetto della destra ne discuto. Sono disponibile alla mediazione politica. Ma non sono disponibile alla umiliazione intellettuale”.
Argomenti: matteo renzi
