La vita e i comportamenti privati dei cattolici impegnati in politica e in ambito sociale hanno un “indiscutibile rilievo pubblico” e, in questo senso, ai cristiani è richiesta piena coerenza fra i due ambiti. Inoltre, nel Paese, “lo scandalo avvertito dai più di fronte alle frodi perpetrate da esponenti delle classi dirigenti, rivela la crescente percezione dell’urgenza di un’etica pubblica da tutti condivisa e rispettata”. Come dicono i titoli di coda di certi film in cui i rimandi alla cronaca sono fin troppo evidenti, anche questa volta ogni riferimento a fatti realmente avvenuti è puramente casuale. Ma certo al presidente della Lombardia Roberto Formigoni devono essere fischiate le orecchie non poco quando, ieri mattina, queste parole del Segretario generale dei vescovi, monsignor Mariano Crociata, sono state diffuse.
D’altro canto se la Cei interviene su temi caldi legati all’attualità, in genere enuncia il principio – il peccato – ma non il peccatore, per evitare gli eccessi polemici. Ma certo la sequela di vicende giudiziarie che vedono coinvolto il governatore della Lombardia e diversi dei suoi più stetti collaboratori tutti legati a Comunione e liberazione, ha aperto un’altra ferita nella Chiesa e nel mondo cattolico italiani, anche perché il sistema Cl e Milano sono stati punto di riferimento del pensiero dominate nell’ultimo trentennio di vita ecclesiale. Qualcosa ora sta cambiando. Tanto che nei giorni scorsi il portavoce di Cl Alberto Savorana ha dovuto chiedere di non coinvolgere nelle responsabilità di alcuni tutto il movimento.
Ma Crociata sembra, per la prima volta, fare i conti anche con il trionfalismo di una concezione del cattolicesimo propugnata negli ultimi decenni dai vertici della Cei. Il vescovo, infatti, intervenendo a Sorrento a un convegno organizzato dal Sovrano militare ordine di Malta, ha chiarito che “la pluralità religiosa e ideale è un dato immodificabile” delle nostre società e dunque un’etica neutra, valida per tutti, ispirata all’individualismo liberale, è una forzatura ideologia. La novità però è che, nelle parole di Crociata, i cristiani sono diventati uno dei segmenti sociali che rivendica ruolo e identità pubblica, ma non rappresentano più “tutto il Paese”; c’è la presa d’atto della fine di un’era.
In questo contesto all’interno dell’associazionismo cattolico le carte si stanno rimescolando. L’Azione cattolica – guidata oggi da Franco Miano – dopo anni di marginalità, sta tornando protagonista quale organizzazione di riferimento per il rilancio della presenza dei cattolici in politica. “Ci aspetta un compito impegnativo – dicono dall’associazione – speriamo di essere all’altezza”. In una nota diffusa dalla presidenza dell’Ac, non a caso il 25 aprile, si leggeva: “l’Azione cattolica, antica palestra di democrazia, intende non soltanto farsi interprete e portavoce delle istanze di cambiamento” in materia di riforma istituzionale e dei partiti, “ma altresì assicurare vigilanza costante, affinché la classe politica non resti sorda dinanzi alle richieste dei cittadini, dimostrando credibilità e passione per il bene comune del Paese”.
I rapporti di forza stanno mutando, Cl è in caduta libera e – coincidenza o meno – oggi Giuseppe Toniolo, iniziatore del pensiero sociale cristiano fra fine ‘800 e inizio ‘900, diventa beato. Ma Toniolo è anche ‘padre nobile’ dell’Azione cattolica, promotore di un’economia che s’innesta sull’etica e la solidarietà. Secondo monsignor Domenico Sorrentino, postulatore della causa di beatificazione, “senza la figura di Giuseppe Toniolo “sarebbe impossibile comprendere la storia del cattolicesimo sociale e politico in Italia”, “Sturzo, De Gasperi ed altri gli sono debitori”. Lungo questa stessa china va letto il messaggio dei vescovi lombardi diffuso ieri che, dopo aver richiamato la gravità della crisi in atto, impegnava l’Ac ad essere nuova protagonista di questa fase incoraggiando addirittura i “laici presenti come collaboratori nelle parrocchie ad aderire all’Azione cattolica”. Da notare che a capo dei vescovi della Lombardia si trova il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano e radici forti in Cl, oggi in imbarazzo di fronte alle gravissime accuse in cui si trova coinvolto il presidente della Regione e di rimbalzo la stessa Cl. Tanto che nei giorni scorsi, incalzato dai giornalisti sulle vicende giudiziarie che interessano l’organizzazione, rispondeva: “Cosa ne so di Comunione e Liberazione? Io sono vescovo da 21 anni e mi occupo delle chiese sante di Dio che mi sono state affidate”.