Diciamo la verità. Del caso specifico, cioè della sorte dei detenuti italiani, delle condizioni nelle quale si trovano, oggi, nel nostro Paese, non interessa che a pochissimi. È questo il punto debole di Cancellieri. Altrimenti la sua difesa da parte da Ilaria Cucchi, sorella di un simbolo tragico di una tragedia del nostro Paese, avrebbe fatto breccia. Altrimenti il dato incredibile reso noto dal ministro, sono intervenuta in 110 casi analoghi a quello della signorina Ligresti, avrebbe fatto breccia. 110 casi, signori….110!
Sapere che giaceva dietro le sbarre un afflitto da sclerosi multipla non ha smosso granché. Sapere che il ministro si è attivato per un “poveraccio” romeno, malato anche lui, non ha smosso granché. Per l’antipolitica. È chiaro. Chi semina vento raccoglie tempesta… Riflettano “a destra”….
Ma c’è anche altro. È lì che l’urlo incondivisibile, come sempre, come davanti a tutte le azioni umane, soprattutto di massa, va capito. È l’intreccio con la famiglia Ligresti.
L’urlo dice che non si sopporta un ministro che chiama i Ligresti, un ministro che ha un figlio che ha lavorato con loro. Un ministro che li frequenta… non poco.
In tutto questo c’è un dato drammatico: la rabbia nei confronti della Casta è molto ma molto più estesa della rabbia per i danni prodotti dalla Casta, tra i quali va certamente inserita la situazione penitenziaria.
Che la situazione sia questa lo dimostra anche la difficoltà in cui si è trovato Napolitano: quando ha proposto l’amnistia è stato respinto con perdite non perché si volevano depenalizzazioni o misure del genere: dei detenuti interessa a pochi cittadini liberi, e questi temevano che dietro l’amnistia ci fossero interessi della Casta.
È molto istruttiva e veramente drammatica la vicenda di queste ore al cui centro vi è un ministro e la detenzione di un’anoressica. La sua realtà di malata non conta, conta la sua carta d’identità.
Così facendo la ferita che questa storia porta a galla, il bisogno di trasparenza, viene sfregiata dagli stessi che la evidenziano. Peccato. Sono i costi dell’antipolitica…[R.C]