di Maria Antonietta Coccanari
Un mondo a parte. Dopo il bellissimo “Grazie Ragazzi”, di nuovo Antonio Albanese per la regia di Riccardo Milani. Qui è un insoddisfatto maestro lombardo che dalla Scuola “Alberto Moravia” -scrittore che studenti e genitori non sanno chi sia-, sceglie la trasferta verso una scuola sperimentale in Abruzzo, sette bambini di ogni età in un’unica classe, la vicepreside Agnese (Virginia Raffaele), e l’ostilità dei potenti che vogliono chiuderla per i loro intrigati interessi. Impegnato, tenero, esilarante. Voto: 10
Libero remake di un film francese di Nicolas Philibert, “Essere e Avere”, di cui ci occupammo tempo addietro, tratto da una storia vera. “Io questa felicità me la vado a prendere” dice il maestro, in “quegli angoli di paradiso” dove i disagi non si contano, i lupi ululano, i cervi camminano nei vicoli, e dove tutti perciò lo prendono in giro. In uno sperduto paesino abruzzese di 364 anime arrampicato sulla montagna che sembra un presepe diurno o notturno, innevato o fiorito, mentre passano i giorni.
Insomma, ha voluto un luogo lontano dalla trista realtà metropolitana, ha voluto un mondo a parte, un mondo marsicano, un paesetto moribondo dalle parti di L’Aquila e Pescasseroli. Cresceranno consapevolezze in lui e nella nuova gente che lo circonda, insegnanti, bidello, discenti e familiari. E’ la scuola dedicata al pastore poeta Jurico nato nell’ ‘800 che indicava “vertude e pace” tra terra e cielo. Qualcuno però ha interesse a chiuderla questa scuola come già in passato sono riusciti a chiuderne un’altra. E allora bisogna formare nuove alleanze e lottare. Bisogna capire l’importanza della scuola. Bisogna capire che non bisogna arrendersi. Che non si deve sempre scappare. Bisogna capire il valore della “restanza”.
Notevole la capacità di trasmettere contenuti sociali fondamentali, tanti, che ruotano attorno al tema del compito della scuola come fucina del domani, senza retorica, con comicità ininterrotta e punte di commozione. Una storia d’amore, poi, che cresce disincantata gentile e profonda, non guasta mai, con quella chiosa decisiva dove divampa “Agnese dolce Agnese” di Ivan Graziani. “La montagna lo fa”.