Sudan, la frontiera africana della guerra d'Ucraina

Ci sarebbero reparti ucraini, infatti, dietro una serie di attacchi di droni e un'operazione di terra diretta contro una milizia appoggiata da Wagner vicino alla capitale del Sudan.

Sudan, la frontiera africana della guerra d'Ucraina
Guerra civile nel Sudan
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

26 Settembre 2023 - 21.28


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E’ il quadro che delinea la Cnn, accendendo i riflettori in particolare sul Sudan e su operazioni attribuibili ai servizi speciali di Kiev. Ci sarebbero reparti ucraini, infatti, dietro una serie di attacchi di droni e un’operazione di terra diretta contro una milizia appoggiata da Wagner vicino alla capitale del Sudan.

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La Cnn, quindi, tratteggia uno scenario secondo cui le conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina si siano diffuse lontano dalla linea del fronte. Parlando all’emittente americana, una fonte militare ucraina ha descritto l’operazione come opera di un “esercito non sudanese”. Alla domanda se dietro gli attacchi ci fosse Kiev, la fonte ha detto soltanto che “probabilmente i responsabili sono i servizi speciali ucraini”.

L’operazione prevedeva una serie di attacchi contro il gruppo paramilitare Forze di supporto rapido (Rsf), che si ritiene riceva assistenza dal gruppo mercenario russo Wagner nella sua lotta contro l’esercito sudanese per il controllo del paese. La Cnn non è stata in grado di confermare in modo indipendente il coinvolgimento dell’Ucraina nella serie di attacchi. Ma le riprese video ottenute hanno rivelato le caratteristiche degli attacchi di droni in stile ucraino. 

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Due droni disponibili in commercio ampiamente utilizzati dagli ucraini sono stati coinvolti in almeno otto attacchi. Parole in lingua ucraina sono visibili sul controller del drone. Gli esperti hanno anche affermato che le tattiche utilizzate – vale a dire lo schema dei droni che piombano direttamente sul bersaglio – erano molto insolite in Sudan e più in generale in Africa.

Gli attacchi segreti dell’Ucraina in Sudan – scrive la Cnn – segnerebbero un’espansione drammatica e provocatoria del teatro di guerra di Kiev contro Mosca. A parte una serie di attacchi di droni ucraini che hanno colpito in profondità il territorio russo, la controffensiva in corso dell’Ucraina si è concentrata sulle zone orientali e meridionali occupate del paese. 

L’Ucraina non ha rivendicato ufficialmente la responsabilità degli attacchi, che sono stati registrati nelle riprese dei droni. Parti di quei video circolano sui social media. Una fonte militare sudanese di alto livello ha affermato di “non essere a conoscenza di un’operazione ucraina in Sudan” e di non credere che sia vera.

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A fornire conferme circa la cooperazione militare tra le forze di Khartoum e l’Ucraina ha provveduto il 23 settembre lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky postando su X (ex Twitter) la notizia e una foto (in apertura) dell’incontro avuto con il presidente del Consiglio sovrano sudanese e capo delle forze armate Abdel Fattah al-Burhan all’aeroporto di Shannon, in Irlanda.

L’incontro è avvenuto durante una tappa del volo di Zelensky al rientro dada New York, “Sono grato per il costante sostegno del Sudan alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina. Abbiamo discusso delle sfide comuni alla sicurezza, vale a dire le attività dei gruppi armati illegali finanziati dalla Russia”, si legge nel post, in cui il presidente ucraino afferma di aver invitato al Burhan a sostenere l’iniziativa ‘Grain From Ukraine’ e a partecipare al vertice di quest’anno. “Abbiamo considerato possibili piattaforme per intensificare la cooperazione tra Ucraina e paesi africani”, ha aggiunto il presidente ucraino.

In un discorso tenuto all’assemblea generale delle Nazioni Unite il 21 settembre, il generale Abdel Fattah al Burhan, capo della giunta militare sudanese, ha avvertito che il conflitto in corso nel paese potrebbe estendersi al resto della regione, e ha chiesto alla comunità internazionale di sostenerlo nella lotta contro i paramilitari delle Forze di supporto rapido. 

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Al Burhan, che guida il paese dal colpo di stato del 2021, ha lasciato intendere che le Forze di supporto rapido hanno legami con il gruppo russo Wagner, colpito da sanzioni occidentali per le sue attività in Africa. 

“Il conflitto in Sudan è una minaccia per la pace e la sicurezza regionale e internazionale”, ha detto Al Burhan. “I paramilitari hanno infatti cercato il sostegno di gruppi fuorilegge e terroristici attivi in vari paesi”. 

La guerra è scoppiata il 15 aprile dopo il fallimento di un tentativo d’integrare nell’esercito il gruppo paramilitare Forze di supporto rapido, guidato dall’ex vice di Al Burhan, il generale Mohamed Hamdan Dagalo. 

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Secondo l’ong Acled, il conflitto ha causato almeno 7.500 vittime e cinque milioni di profughi, infliggendo un duro colpo alle speranze di ripristinare la democrazia in Sudan. 

Nel suo discorso Al Burhan ha invitato la comunità internazionale a designare le Forze di supporto rapido come gruppo terroristico. 

All’inizio di settembre gli Stati Uniti hanno introdotto sanzioni contro alcuni leader paramilitari, tra cui Abdelrahim Hamdan Dagalo, fratello del capo del gruppo, accusati di essere coinvolti in vari crimini, tra cui l’omicidio del governatore del Darfur Occidentale. 

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Ma gli Stati Uniti e gli alleati occidentali sono fortemente critici anche nei confronti di Al Burhan. 

Nel 2021, insieme a Dagalo, Al Burhan ha assunto il potere mettendo fine all’esperienza di un governo civile, basata su un accordo di condivisione del potere firmato dopo la destituzione, avvenuta in seguito a proteste di massa, del dittatore Omar al Bashir. 

Apocalisse umanitaria

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Da un Rapporto di Save the Childre: “Il Sudan ha raggiunto un altro triste record a causa del conflitto. Il Paese ha raggiunto infatti il più alto numero di sfollati interni nel mondo. Si tratta di almeno 7,7 milioni di persone, tra cui – si stima – almeno 3,3 milioni di bambini.Il numero è quasi raddoppiato da aprile, quando il devastante conflitto ha spaccato il Paese in due.

Un numero di sfollati senza uguali

Purtroppo, il numero di sfollati in Sudan supera quello di altri Paesi colpiti dalla guerra con massicci spostamenti interni, tra cui la Siria (6,6 milioni di sfollati), la Repubblica Democratica del Congo(6,1 milioni) e l’Ucraina (5,1 milioni). 

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Milioni di famiglie disperate in fuga dal conflitto si rifugiano ovunque possano trovare sicurezza, anche nelle scuole, nei campi, presso i parenti e, in alcuni casi, all’aperto. In molti sono stati costretti a sfollare più volte, perché il luogo dove avevano trovato sicurezza è stato attaccato. 

In Sudan già prima del conflitto erano presenti circa 3,2 milioni di persone sfollate, oltre a 1,1 milioni di rifugiati che vivevano nel Paese.  Molte comunità in cui stanno arrivando le nuove famiglie sfollate stanno già affrontando gravi crisi dovute alla carenza dei servizi di base.

L’insufficienza grave dei fondi disponibili per gli aiuti, insieme alla drastica riduzione della produzione alimentare nazionale e alla grave carenza d’acqua, ha lasciato le famiglie sfollate in una situazione disastrosa. Saccheggi, ritardi nelle approvazioni necessarie e attacchi ai beni umanitari, compresi i magazzini, hanno ulteriormente ostacolato gli sforzi di soccorso e reso quasi impossibile la consegna dei beni di prima necessità alle famiglie sfollate in alcuni luoghi. 

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Una situazione drammatica

La guerra in Sudan non ha tregua, anzi, sta peggiorando, per questo bisogna agire più in fretta possibile. La comunità internazionale deve farsi avanti e lavorare per garantire che i finanziamenti siano incanalati direttamente ai gruppi comunitari, che hanno ancora accesso, e lavorare per garantire l’accesso agli aiuti salvavita che devono poter raggiungere i bambini e le famiglie prima che sia troppo tardi.

In questo conflitto, almeno 435 bambini sono già stati uccisi e altri 498 sono morti per fame, ma queste cifre sono una sottostima e il bilancio reale è probabilmente molto più alto”.

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La denuncia di Msf

Le persone di ritorno dal Sudan arrivano al confine stremate, il più delle volte senza soldi per proseguire il viaggio o per sopravvivere, e si affidano agli aiuti umanitari.

Il cibo è il problema più importante da affrontare. Ai rimpatriati vengono dati solo 14 dollari a persona per acquistare cibo per una settimana, una cifra molto bassa rispetto ai prezzi elevati dei prodotti alimentari nella zona.

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Inoltre, la maggior parte di loro finisce per aspettare nel centro di transito senza ulteriore assistenza per sopravvivere.

Secondo le Nazioni Unite, delle 245.000 persone entrate in Sud Sudan per cercare rifugio da aprile, circa 198.000 sono passate per Renk, nell’estremo nord-est del paese. Circa il 50% ha espresso l’intenzione di rimanere nello stato dell’Alto Nilo, un’area già duramente colpita dal conflitto intercomunitario e dalla mancanza di servizi sanitari.

Testimonianze dall’inferno

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“Abbiamo bisogno di un riparo e anche di buone condizioni di vita. Qui non abbiamo cibo. Non abbiamo sapone. Abbiamo anche bisogno di zanzariere. I pochi soldi che ci danno non sono sufficienti al mercato”, racconta Akuch Deng, rifugiato in Sud Sudan.

È estremamente difficile per le nostre équipe soddisfare i bisogni di migliaia di persone a Bulukat dove ogni giorno arrivano bambini piccoli malati. Di conseguenza, il nostro ospedale pediatrico a Malakal, la cui capacità è stata recentemente ampliata da 70 a 121 letti, deve far fronte a un tasso di mortalità molto alto, pari al 5,95%.

Le condizioni sanitarie di chi fugge in Sud Sudan

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“Da luglio – rimarca Medici senza frontiere – stiamo gestendo una clinica mobile nel centro di transito, fornendo oltre 100 consultazioni mediche al giorno.

Le équipe vedono e curano un numero crescente di casi di morbillo e un numero allarmante di bambini malnutriti, mentre chi necessita di cure ospedaliere viene trasferito al nostro ospedale a Malakal.

Nelle nostre strutture a Malakal stiamo registrando un allarmante aumento del numero di casi di morbillo e malnutrizione, soprattutto tra i bambini. Il tasso di mortalità nelle nostre strutture è estremamente alto poiché i pazienti arrivano così in ritardo e malati che non siamo in grado di salvarli. È necessario un immediato aumento della risposta medica e umanitaria da parte delle organizzazioni per le persone che arrivano dal Sudan, dal momento dell’ingresso in Sud Sudan fino al loro trasferimento”, sottolinea Luz Linares, capo missione di Msf in Sud Sudan

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.Da aprile, per tre mesi consecutivi, si è registrato un notevole aumento dei ricoveri pediatrici. A luglio sono stati ricoverati 184 pazienti rispetto ai 114 di aprile ed è stato osservato un significativo aumento del 75% dei ricoveri nel centro di alimentazione terapeutica ospedaliera per i bambini malnutriti.

“Quello che ho visto è davvero terribile, soprattutto le condizioni di vita. La gente non ha ripari e quando piove i rifugi vengono spazzati via dall’acqua. Ci sono persone che muoiono sulle barche. Hanno anche poco cibo da mangiare”, dice Apayi Dawa, infermiere di Msf a Bulukat. 

In aumento i casi di morbillo e malnutrizione infantile

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A Renk le nostre équipe svolgono attività sanitaria di base con due cliniche mobili, supportano un reparto pediatrico e altre strutture per il trattamento di pazienti affetti da morbillo e malnutrizione.

Mentre la presenza del morbillo e la situazione nutrizionale sono già allarmanti, con l’arrivo della stagione delle piogge e le attuali scarse condizioni di vita si profila una crisi sanitaria più complessa.

Con la stagione delle piogge, potremmo trovarci di fronte a una grande epidemia di malaria se non si fa nulla in termini di ripari adeguati e distribuzione di zanzariere. Inoltre, in queste circostanze c’è anche il rischio di un’epidemia di colera. Potrebbe essere catastrofico. Ecco perché dobbiamo esortare tutte le organizzazioni umanitarie a fare di più per evitare un peggioramento della crisi”, spiega Nuru Katikomu, coordinatore del campo di emergenza  di Msf a Bulukat.

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Le nostre richieste

Chiediamo alle organizzazioni umanitarie di aumentare urgentemente la risposta per alleviare le difficoltà di chi fugge dal conflitto in Sudan verso lo Stato dell’Alto Nilo, in Sud Sudan.

Chiediamo inoltre che vengano urgentemente migliorate le attività di screening a Renk, che dovrebbero essere attive 24 ore su 24, 7 giorni su 7, per prevenire che i pazienti gravemente malati vengano inviati a Bulukat prima di ricevere assistenza medica.

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C’è un bisogno immediato e urgente di aumentare la risposta per un’assistenza migliore, coordinata e tempestiva per i beni di prima necessità, in particolare per il cibo, così come per l’alloggio, l’igiene e i servizi sanitari”.

Sudan, una tragedia cancellata dai media. E dalla comunità internazionale. Che torna a fare notizia per quei droni ucraini. 

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