Migranti: Morawiecki sabota il tentativo di Meloni di fare la 'pontiera' con il Ppe

L’”amico polacco” di Giorgia Meloni sfida l’Europa e, visto che c’è, sabota il tentativo della premier italiana di ergersi a “pontiera” di un’alleanza con il Ppe in vista delle europee del prossimo anno.

Migranti: Morawiecki sabota il tentativo di Meloni di fare la 'pontiera' con il Ppe
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

14 Agosto 2023 - 14.39


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L’”amico polacco” di Giorgia Meloni sfida l’Europa e, visto che c’è, sabota il tentativo della premier italiana di ergersi a “pontiera” di un’alleanza con il Ppe in vista delle europee del prossimo anno.

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Doppia sfida

La prima è sul fronte migranti. Globalist l’ha già “battezzata” come si deve. In aggiunta una documentata ricostruzione del Post: “Domenica in un video pubblicato sui social network il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha proposto di indire un referendum chiedendo ai cittadini se sostengono l’arrivo di «migliaia di migranti illegali provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa nell’ambito del meccanismo di ricollocamento forzato imposto dalla burocrazia europea». Non c’è ancora stata una conferma ufficiale, ma l’idea sarebbe quella di organizzarlo in concomitanza con le elezioni parlamentari che si terranno il 15 ottobre.

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Morawiecki si riferisce all’accordo raggiunto a giugno sulla riforma del Regolamento di Dublino, la norma europea che regola la gestione di migranti e richiedenti asilo. La riforma prevede che in caso di ingenti arrivi di richiedenti asilo una quota venga trasferita in altri paesi. Alternativamente, i governi potranno scegliere di pagare una certa cifra per ogni richiedente asilo che decideranno di non accogliere. Per entrare in vigore la riforma dovrà prima passare dall’approvazione del Parlamento europeo entro i primi mesi del 2024.

Gli attuali governi di Polonia e Ungheria sono storicamente ostili alla migrazione dal Nord Africa e dal Medio Oriente, e su questa ostilità hanno costruito una parte importante della propria propaganda interna: sono perciò molto contrari a qualsiasi forma di ricollocamento e hanno annunciato  di non essere disposti a cooperare, nonostante l’attuale riforma sia per loro meno rigida rispetto alla proposta fatta nel 2018, in cui i ricollocamenti erano obbligatori per tutti i paesi dell’Unione (quindi non c’era possibilità di rifiutarli).

Il video pubblicato da Morawiecki sui social network mostra varie scene che alludono a ciò che pensa che accadrebbe se un maggior numero di migranti fosse ammesso in Polonia, tra auto in fiamme e violenze per le strade. Le immagini sono accompagnate dalla voce di Jarosław Kaczyński, ex primo ministro e leader del partito conservatore Diritto e Giustizia, lo stesso di Morawiecki, che chiede retoricamente: «Vuoi che questo accada anche in Polonia? Vuoi smettere di essere padrone del tuo stesso paese?».

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I temi dell’accoglienza dei migranti e della sicurezza interna, storicamente utilizzati da Diritto e giustizia per raccogliere consensi, saranno centrali anche nelle elezioni di ottobre, in cui il partito di Morawiecki conta di mantenere il potere. I conservatori stanno indirizzando molta attenzione anche sul numero crescente di persone migranti africane e mediorientali che entrano in Polonia attraverso la Bielorussia, con cui la Polonia condivide 400 km di confine: finora quest’anno sono stati effettuati circa 19mila tentativi di attraversamento, rispetto ai 16mila dell’intero 2022.

La Bielorussia è stata accusata di accogliere strategicamente migliaia di migranti nel proprio territorio per poi spingerli verso il confine con la Polonia e il paesi baltici nel tentativo di mettere in difficoltà l’Unione Europea (avversario politico del regime autoritario bielorusso di Alexander Lukashenko), sfruttando l’ostilità dei paesi dell’Europa orientale per i migranti”.

L’annuncio di Morawiecki è la coerente conclusione di una sfida lanciata da mesi. Lo ricorda, in un articolo del 2 agosto su La Stampa, Emanuele Bonini: “Né richiedenti asilo né contributo finanziario. La Polonia inizia a ragionare alla chiusura totale ad ogni forma di solidarietà con Paesi partner come l’Italia. L’alto numero di rifugiati ucraini offrono a Varsavia una buona ragione e una valida giustificazione per negare ogni tipo di aiuto e sostegno.

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E’ Witold Jan Waszczykowski a fare da «ariete» a Bruxelles per il suo governo. Uomo di spicco del partito Diritto e giustizia del primo ministro Mateusz Morawiecki, già ministro degli Esteri durante la crisi migratoria del 2015, Waszczykowski è attualmente europarlamentare. Siede nel gruppo dei conservatori europei (Ecr), lo stesso cui appartiene Fratelli d’Italia a cui si prepara lo sgambetto in nome dei propri interessi nazionali. Waszczykowski critica l’accordo raggiunto in Consiglio a inizio giugno, che offre agli Stati membri due diversi opzioni: o autorizzare ricollocamenti di richiedenti asilo verso Paesi di primo arrivo come l’Italia oppure evitare di farsi carico degli extracomunitari in arrivo ma offrire al partner Ue un contributo finanziario pari a 20 mila euro per persona migrante non accolta.

La Repubblica ceca ha immediatamente chiesto l’esenzione anche al contributo finanziario per via dell’alto numero di rifugiati ucraini, e adesso anche i polacchi avanzano la stessa richiesta. Richiesta che difficilmente potrà essere accolta. «Dato che la Polonia ospita più di un milione di ucraini, se una valutazione dovesse essere effettuata oggi è molto probabile che la Polonia sarebbe considerata sotto pressione e quindi ammissibile alla solidarietà o a una riduzione totale dei propri contributi di solidarietà», ammette la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johannson. Un’ammissione impressa nero su bianco nella risposta fornita all’europarlamentare, che ora ha tanto di documentazione ufficiale da mostrare al suo governo.

L’intenzione di Varsavia non è chiedere aiuto ad altri Stati membri dell’Ue per alleviare peso e presenza di rifugiati ucraini. Questo vorrebbe dire, in futuro, dover ricambiare il favore e prendersi cura di migranti in arrivo altrove, in Grecia o in Italia. La Polonia vuole gestirsi in autonomia la comunque numerosa presenza ucraina, senza chiedere niente a nessuno ma senza offrire niente a nessuno.

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Una mossa che conferma le difficoltà di alleanze tra partiti nazionalisti e sovranisti quando si parla di immigrazione, e che rompe le uova nel paniere di Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio, che pure con il premier polacco Morawiecki fin qui ha stretto un patto politico europeo, deve adesso fare i conti con la linea oltranzista di un partner a geometrie variabili. L’Italia rischia di avere meno Paesi Ue che prendono chi sbarca sulle coste dello Stivale, e anche meno soldi. Uno scenario che non aiuta a gestire il fenomeno.

Dall’inizio della guerra in Ucraina, la Polonia ha anche accolto più di un milione di persone in fuga dall’Ucraina, in maggioranza cristiani e bianchi. Buona parte della propaganda conservatrice si concentra infatti sull’idea che accogliere persone di culture e religioni diverse minacci l’identità culturale e la sicurezza del paese”.

Frontale al Ppe

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Illuminante è l’intervista concessa dal premier polacco al Corriere della Sera.

Su Giorgia Meloni: “Abbiamo idee comuni in molti campi, tra cui il rafforzamento dei legami tra i nostri Paesi e la promozione di un futuro prospero per l’Europa. Su molte questioni importanti la Polonia può contare sull’Italia e viceversa. La vicinanza è evidente soprattutto in campo economico, il commercio tra i nostri Paesi è fiorente. La comune preoccupazione per il mercato unico è una delle questioni più importanti che ci unisce. E sulla Russia e le sue azioni in Ucraina abbiamo opinioni assolutamente identiche. Sentiamo la stessa responsabilità. Ma sentiamo anche una responsabilità simile per lo sviluppo dell’Europa nel futuro.

Sull’immigrazione, “Insieme all’Italia, condividiamo un’esperienza comune in questo settore e concordiamo sulla necessità di soluzioni strategiche a lungo termine nell’Ue”. Ma niente sostegno diretto. “La Polonia non può accettare piani di ricollocazione forzata di persone arrivate illegalmente nell’Ue. Siamo contrari alle sanzioni finanziarie per gli Stati che si rifiutano di accogliere la “loro” quota di migranti”. 

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Sulle elezioni europee, Morawiecki sembra chiudere all’alleanza col Ppe, dopo aver definito Weber e Tusk come il Gruppo Wagner. Spiega al Corriere della Sera: “Manfred Weber ha lanciato un attacco senza precedenti al nostro governo, proponendosi come presunto salvatore. Si tratta di un’interferenza illegittima nelle elezioni polacche. Non siamo d’accordo. Weber vorrebbe che il suo collega di partito Donald Tusk diventasse primo ministro. In questo modo sarebbe più facile perla Germania far passare politiche favorevoli, come l’aumento dell’afflusso di immigrati in Europa. Weber dovrebbe fare più attenzione a ciò che dice: nel suo Paese i populisti sono la seconda forza politica più popolare secondo i sondaggi”.

Cosa aveva detto l’amica Giorgia un mese fa

Da lanci di agenzia: “Non mi potrei mai lamentare di chi difende gli interessi nazionali, sono ammirata di come Morawiecki dimostra forza nel difendere l’interesse Polonia ma non c’è divisione perché lavoriamo su come fermare la migrazione illegale non su come gestirla” quando i migranti arrivano “in Europa”. Così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è intervenuta da Varsavia, in Polonia, dove oggi ha incontrato di nuovo il premier Mateusz Morawiecki dopo il fallito tentativo di mediazione venerdì scorso al Consiglio europeo sul dossier migranti, osteggiato anche dall’Ungheria di Viktor Orban. Dopo il bilaterale la premier ha partecipato al seminario organizzato dal gruppo europarlamentare di Ecr, la famiglia politica europea dei Conservatori e riformisti di cui è presidente, e nel primo pomeriggio è ripartita per tornare in Italia.

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Sull’immigrazione, ha spiegato Meloni, “credo che la nostra posizione sia sostanzialmente la stessa: noi vogliamo fermare la migrazione illegale”. “Finché l’Europa pensa di risolvere il problema discutendo su come gestire migranti quando arrivano su territorio europeo non troverà mai soluzioni reali perché gli interessi delle nostre nazioni, anche banalmente per ragioni geografiche, sono diversi. Quello che mette insieme gli interessi di tutti gli Stati membri è fermare l’immigrazione illegale prima che arrivi da noi, con un lavoro completamente diverso che va fatto con l’Africa di cooperazione non predatoria, di sostegno a quelle nazioni che a loro volta molto spesso sono vittime della tratta degli esseri umani, dei trafficanti della mafia del terzo millennio”, ha aggiunto la premier. “Su quello io, Morawiecki e molti altri abbiamo lavorato insieme. Capisco perfettamente, come ho detto e ribadisco, la posizione polacca in tema di patto di migrazione e asilo, capisco la difficoltà” sui ricollocamenti “a maggior ragione per nazioni che più di tutte si stanno caricando il peso dei profughi ucraini senza vedere riconosciuto adeguatamente dall’Europa il sacrificio che stanno facendo”.

L’allarme della Chiesa

Papa Francesco, iincoraggia chi lavora ogni giorno per salvare i più deboli, a cominciare dai soccorritori del mare. “Un altro tragico naufragio è accaduto alcuni giorni fa nel Mediterraneo, quarantuno persone hanno perso la vita”, esordisce domenica dopo aver recitato l’Angelus, affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano. “Ho pregato per loro – prosegue -. E con dolore e vergogna dobbiamo dire che dall’inizio dell’anno già quasi duemila uomini, donne e bambini sono morti in questo mare cercando di raggiungere l’Europa”. 

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 “Da gennaio a luglio sono scomparse nel Mediterraneo più di 2.060 persone. È il dato drammatico di un massacro, il totale più alto negli ultimi 15 anni. Ed è un dato che poteva essere certamente inferiore se l’Europa avesse messo al centro della sua politica migratoria non il respingimento ma il soccorso e se avesse valorizzato le forze della società civile, oltre a quelle militari, per presidiare un mare che è di fatto una via di fuga per tante persone“. Sono le parole pronunciate ai microfoni di Radio Radicale da monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara e presidente di Migrantes, organo pastorale della Conferenza episcopale italiana, commentando i dati dell’Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) sul tragico bilancio dei migranti morti nel Mediterraneo.

Monsignor Perego critica duramente le politiche migratorie dell‘Europa e dell‘Italia: “Stabiliscono accordi con la Tunisia e con la Libia, cioè con una dittatura e con un paese diviso tra due dittatori, che non hanno la possibilità di tutelare il diritto d’asilo delle persone. E quindi, come stiamo vedendo, Tunisia e Libia gestiscono i migranti con respingimenti, violenze e morte. Noi assistiamo inermi a questa situazione – sottolinea – che deriva da una politica di esternalizzazione di un problema che invece va affrontato all’interno della Ue e che investe tutti i paesi membri, a partire dall’Italia. Quello che sta accadendo è una mancanza di responsabilità, una caduta della democrazia che vede invece la tutela del diritto d’asilo uno dei pilastri della Costituzione del nostro paese e del Trattato di Lisbona“.

Domanda: chi è l’amico di Giorgia? Sta a Varsavia o oltre Tevere?

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E aggiunge: “Parliamo di persone che provengono da 60 paesi, in particolare dall’Africa subsahariana e dal Medio Oriente, e vivono situazioni assolutamente drammatiche in termini di guerra, di violenza, di miseria, di disastri ambientali. Quel dato sui morti in mare – continua – chiede un profondo cambiamento della politica nel Mediterrano. Purtroppo questo cambiamento è stato chiesto tante volte negli ultimi anni ma nei trattati, come l’ultimo in corso con la Tunisia, c’è sempre stata la volontà di respingere anziché accompagnare alla vita queste persone che sono in fuga“.

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