Tunisia, Piantedosi punta sul "gendarme" Saied: va aiutato a prescindere...

La Tunisia va sostenuta. A prescindere. Non importa se l’autocrate al potere ha cancellato ogni traccia della “rivoluzione dei gelsomini”, riempito le carceri di oppositori, aperto la cacia agli emigranti subsahariani

Tunisia, Piantedosi punta sul "gendarme" Saied: va aiutato a prescindere...
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

27 Maggio 2023 - 18.15


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La Tunisia va sostenuta. A prescindere. Non importa se l’autocrate al potere ha cancellato ogni traccia della “rivoluzione dei gelsomini”, riempito le carceri di oppositori, aperto la cacia agli emigranti subsahariani. Va sostenuto perché si è arruolato tra i “gendarmi del Mediterraneo”.

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I securisti si danno una mano

La Tunisia “merita di essere sostenuta, sta svolgendo un ruolo importante per il contrasto a certi fenomeni criminali”. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, al Festival dell’Economia di Trento. “Credo che almeno 20 mila recuperi dall’inizio dell’anno li abbia fatti, è un’attività che le forze di polizia tunisine stanno portando avanti con convinzione”, ha aggiunto Piantedosi, sottolineando che “il governo ha avviato una serie di iniziative che devono avere vocazione multidirezionale” per la gestione del fenomeno migratorio. “Abbiamo avviato un rapporto con la Tunisia fondato sulla cooperazione, non esclusivamente sul fronte migratorio, ma con un sostegno a 360°. Dobbiamo avere una collaborazione bidirezionale con questi Paesi, perchè abbiamo interessi comuni e convergenti”.

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L’interesse dei securisti a Roma è di finanziare, armare, addestrare chi fa il lavoro sporco nel Mediterraneo.

Protesta a Tunisi

Un gruppo di rifugiati e richiedenti asilo, di vari paesi africani ha protestato ieri, sabato 26 maggio, davanti alla sede dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) in Tunisia “per chiedere l’evacuazione dalla Tunisia e il ricollocamento in un Paese sicuro”.

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In particolare, scrive l’Ong Forum tunisino per i diritti economico e sociali, si tratta di cittadini del “Sudan, Centrafrica, Ciad, Etiopia, e Somalia”.

La protesta arriva dopo lo sgombero di un sit-in durato un mese davanti alla sede dell’Alto Commissariato per i Rifugiati (Unhcr) al Lac di Tunisi, sempre per gli stessi motivi. Secondo il Forum tunisino per i diritti economici e sociali la Tunisia, un paese di 12 milioni di abitanti, ha più di 21.000 cittadini di paesi dell’Africa sub-sahariana.

Due interviste illuminanti

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Così Paolo Manzo su Vita: “Sui 45.380 migranti sbarcati sulle coste italiani da inizio 2023 sino al 12 maggio, il 7% sono tunisini, 3,266, ma la maggior parte di chi arriva da noi parte però da Sfax, la seconda città della Tunisia, diventata da qualche mese il principale hub migratorio verso l’Italia, da cui la separano appena 150 km.

Assieme alle coste di Mahdia un popolo di persone è pronto a mettersi in viaggio verso il nostro paese su barconi, carrette del mare sovente gestite da criminali della tratta. E mentre la Commissione europea dialoga col presidente Kaïs Saïed sull’ennesimo programma di «assistenza finanziaria», i tanti volti della crisi tunisina trasudano povertà, sovente figlia di interessi geopolitici internazionali.

La maggior parte dei migranti fugge infatti dall’Africa subsahariana e molti sono morti nel Mediterraneo perché, “ quando la Guardia costiera tunisina vede le barche a volte rimuove il motore e le lascia in mare, dove affondano. E i migranti muoiono, spiega un camerunense a The Guardian, mostrando la foto di un amico morto proprio a seguito di questo crimine di stato.

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I tentativi di attraversare il mare dalla costa intorno a Sfax sono aumentati negli ultimi tre mesi, in mezzo a un’ondata di violenza razzista scatenata da un discorso incendiario di Saïed, secondo il quale «la migrazione clandestina dall’Africa subsahariana» sarebbe parte di una cospirazione internazionale per modificare il «carattere demografico della Tunisia». Non dissimile da

Per comprendere perché oggi si fugge dal paese nordafricano, Vita ha intervistato Lorenzo Figoni, policy advisor di ActionAid, nonché coautore dell’osservatorio “The Big Wall”, il cui obiettivo è “raccogliere, organizzare, rendere accessibile e indagare impatti e modalità di implementazione dei progetti finanziati nell’ambito delle politiche di esternalizzazione delle frontiere dell’Italia”. 

Come spiega che la Tunisia sia diventata non solo un hub per i subsahariani ma anche un paese di partenza di migranti che oggi arrivano in Italia?

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Con il fatto che c’è povertà, è aumentata la disoccupazione e, negli ultimi tempi, c’è stato un attacco alle libertà individuali. Il problema è che dall’Italia la Tunisia è ancora percepita come un paese di origine sicuro.

Che vuol dire?

Che per il riconoscimento della domanda di asilo ci sono tutta una serie di complicazioni ed è più facile che non gli venga concesso. La Tunisia in realtà oggi così sicura non è e da due anni il presidente Saïed ha intrapreso un percorso verso uno stato autoritario. Ha dissolto il Parlamento nel 2021 ed il Consiglio superiore della magistratura nel 2022. Tutte «riforme istituzionali» volte ad avere sempre più potere nelle sue mani ma, soprattutto, portate avanti con toni sempre più repressivi. Basti pensare che nei mesi scorsi ha detto una cosa non dissimile dal ministro Francesco Lollobrigida, ovvero che esiste un piano criminale per cambiare la composizione demografica della Tunisia, per la presenza dei sub sahariani, fonte di violenza, crimini ed atti inaccettabili, aggiungendo che è il momento di mettere la parola fine a tutto questo.

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Quali le conseguenze delle sue parole?

Un’escalation di violenza nei confronti dei migranti subsahariani che si sono ritrovati ad essere attaccati per strada e a subire retate e violenze della polizia. C’è stato persino un presidio davanti alle sedi dell’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni e dell’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, di diverse persone provenienti dall’Africa subsahariana che chiedevano di essere spostate da qualche altra parte, perché in Tunisia per loro non era più sicuro rimanere.

Che è successo alla fine?

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Che quel sit-in, dove c’erano centinaia di persone con bambini, è stato sgomberato dalla polizia in modo violento, richiamando in parte quanto già successo in Libia. A livello di contesto, dunque, c’è una deriva istituzionale fortissima con una repressione enorme non solo delle migrazioni ma anche nei confronti degli stessi cittadini tunisini. Ci sono prigionieri politici e, tra chi ha contestato l’operato del presidente ci sono la recentissima condanna del leader del partito Ennahda, Rached Ghannouchi, uno dei partiti più importanti in Tunisia. Insomma, c’è persecuzione degli oppositori,

Una volta i paesi eliminavano le divisioni dei poteri controllando la magistratura e sciogliendo il Parlamento si chiamavano dittature, ora regimi autoritari. Lei ha condotto una ricerca molto dettagliata per The Big Wall, di che si tratta  e quali le conclusioni?

ActionAid ha costituito questo osservatorio (Il Grande Muro in italiano, ndr) su tutti i progetti e i finanziamenti indirizzati all’esternalizzazione delle frontiere, ovvero a spostare sempre più in là i confini e a delegare a paesi terzi il controllo di queste frontiere. Ne abbiamo ricavato un database e con i documenti ottenuti offriamo una panoramica rispetto alle attività delle varie organizzazioni finanziate dagli Stati europei.

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Nella prima fase vi siete concentrato principalmente su Libia e Tunisia. Cosa suggerite all’Unione europea e ai suoi stati membri?

Il punto più importante è quello legato al «fondo di premialità per le politiche di rimpatrio». È nato nel 2019 (governo Conte I, ndr) ed è destinato a finanziare i paesi che collaborano di più in termini di rimpatri. Si tratta di soldi sotto forma di progetti e iniziative erogati attraverso le Nazioni Unite. La Tunisia è uno dei paesi che fa più rimpatri dall’Italia e, quindi, è uno degli stati che riceve più soldi.

Un po’ la strada tentata in passato da Erdogan.

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Esatto ed è la logica del ricatto poi quella che ne consegue. La cosa interessante è che sono fondi che arrivano da stanziamenti in legge di bilancio a partire dal 2021 (governo Draghi, ndr) che si finanzia con i cosiddetti «risparmi in accoglienza». Ovvero delle richieste risparmiate per accogliere i migranti e che finiscono su questo fondo che finanzia i paesi che collaborano di più nei rimpatri.

Quale suggerimento si sente di dare al nostro governo?

Che quei risparmi vengano reinvestiti in accoglienza, perché nel momento in cui noi diamo soldi a regimi autoritari che li gestiscono non con la massima trasparenza, in realtà consegniamo equipaggiamenti (pick-up, motovedette oltre a fornire addestramento ai militari) a un paese che poi non dà conto di quello che ci fa con quegli equipaggiamenti. La Tunisia chiede più soldi ma il risultato è che oggi ci sono centinaia di pick-up e veicoli nel paese nordafricano, all’interno di progetti gestiti dalle Nazioni Unite, il cui utilizzo finale è sconosciuto. C’è una mancanza di trasparenza enorme. Invece si continua ad investire su questo «fondo di premialità per il rimpatrio» al quale, dal 2021, sono stati aggiunti altri dieci milioni per ogni anno in legge di bilancio. Si pensa che possa funzionare ma, in realtà, continuiamo a dare soldi a un paese che non ti garantisce il rispetto dei diritti umani.

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Un possente j’accuse

Lo ha raccolto Antonio Musella per fanpage.it: ”Majdi Karbai, che è esule politico in Italia da quando, nel giugno del 2021, il presidente Saied ha chiuso il parlamento facendo di fatto un colpo di Stato. Karbai era stato eletto nel partito della sinistra ecologista “Corrente Democratica”.

Karbai cosa sta avvenendo nel suo paese ?

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I tunisini che arrivano in Italia non sono moltissimi in questo momento. Per la maggior parte i migranti vengono dal Senegal e dalla Costa d’Avorio, e arrivano in Tunisia dopo un lungo viaggio finendo per imbarcarsi dalla zona di Sfax. In quell’area i trafficanti hanno dei prezzi più bassi e quindi tutti arrivano lì e partono su barconi di ferro. Anche dall’Algeria arrivano i migranti sub sahariani, anzi le autorità algerine spingono i migranti verso le coste tunisine. Ma per capire cosa sta avvenendo bisogna capire la grave crisi politica che sta scuotendo il paese.

Iniziamo dall’evoluzione del governo di Saied, cosa è avvenuto negli ultimi anni?

Negli ultimi anni la Tunisia stava vivendo la cosiddetta transizione democratica. Dopo il lunghissimo regno di Ben Ali, ci stavamo approcciando ad un normale contesto democratico: questa transizione era fondamentale per ottenere i prestiti internazionali e aiutare il paese a rialzarsi ed a svilupparsi. Dopo il colpo di Stato di Saied nel 2019 e la nuova costituzione votata da una manciata di deputati a lui fedeli, è arrivata la chiusura del parlamento, così le organizzazioni internazionali hanno vincolato i prestiti a delle riforme interne. In particolar modo è il Fondo Monetario Internazionale che ha vincolato l’accesso ai prestiti alle riforme costituzionali. Saied non è d’accordo a queste riforme e quindi ha iniziato ad usare la leva delle partenze dei migranti. In fin dei conti è un ricatto nei confronti dell’Europa ma soprattutto dell’FMI. Lui vuole piena legittimazione per il suo regime senza alcuna riforma da parte dei governi Europei ed occidentali.

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Saied parla di “africanizzazione del Magherb”, usa un linguaggio tale che sembra di sentir parlare i sovranisti europei…

Lui parla addirittura di sostituzione etnica, di un complotto internazionale contro la Tunisia attraverso i migranti. Lui parla di africanizzazione perché la sua idea di Tunisia è di un paese arabo e musulmano, ponendo una differenza radicale tra gli arabi e le persone che hanno la pelle nera, dimenticandosi per giunta che esistono musulmani neri. Saied è un razzista, si inserisce pienamente nel solco politico di Giorgia Meloni, Marine Le Pene e Orban in Europa. L’arrivo di ondate di persone dall’Africa sub sahariana ha provocato arresti di massa abusivi e violenze nei confronti dei migranti. C’è grande paura, molte persone dormono all’esterno delle ambasciate dei propri paesi chiedendo l’evacuazione dalla Tunisia perché non è un paese sicuro. Chiaramente l’aumento della repressione ha spinto i migranti sub sahariani a lasciare in massa la Tunisia, e quindi ci sono flussi continui di persone che si muovono verso Sfax per partire e scappare dalle violenze di Saied. La vulgata razzista del presidente tunisino evoca questioni che non sono mai esistite nel nostro paese, il razzismo verso chi ha la pelle nera non è mai stato un elemento di discussione politica dalle nostre parti.

Saied dunque sta usando i migranti come arma di ricatto per ottenere i prestiti internazionali?

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Esatto, come faceva prima Gheddafi e come ha fatto Erdogan. È la crisi politica tunisina che sta producendo tutto questo, Saied ha il caposaldo del suo regime nella polizia e nei militari, attraverso di loro opera gli arresti di politici, oppositori e la persecuzione di migranti. Anche molti giornalisti, attivisti e sindacalisti sono stati arrestati ingiustamente, poi la magistratura li ha liberati, ma vengono prontamente riarrestati nuovamente. È una situazione di caos. Secondo la nuova costituzione di Saied la magistratura non è più un potere ma un servizio pubblico, quindi la polizia e l’esercito scavalcano continuamente le decisioni della magistratura stessa.

Secondo il Ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, non è vero che la Tunisia viola i diritti umani, lei cosa ne pensa?

Tajani dovrebbe sapere che alcuni politici di opposizione sono stati arrestati perché avevano incontrato l’ambasciatore italiano, e per questo sono stati accusati di cospirazione. L’Europa oggi chiede a gran voce la liberazione di questi oppositori politici, e vorrei ricordare a Tajani che se sono stati accusati dal regime di Saied di cospirazione perché hanno incontrato i diplomatici italiani, c’è da dedurre che la Tunisia considera l’Italia un paese nemico. Un gruppo di oppositori è stato arrestato per aver incontrato l’ambasciatore italiano Fabrizio Saggio e l’ex ambasciatore Lorenzo Fanara. Se non è violazione dei diritti umani questa, mi chiedo cosa lo sia.

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C’è il rischio che la Tunisia si trasformi di una nuova Libia?

Ma ormai lo è già diventata, non c’è dubbio. C’è un presidente con tutti i poteri, che ha tutto in mano propria. Ha messo sotto di se la magistratura, il parlamento, ha sciolto i consigli municipali. È chiaro che vuole rendere il paese governato da una serie di tribù. Proprio come la Libia. L’Italia vede però il regime di Saied come un alleato, d’altronde hanno la stessa posizione sull’immigrazione, con le spinte razziste e l’esternalizzazione delle frontiere lasciando la gente sui confini a morire. Hanno le stesse ideologie, poi sui diritti umani, le libertà e la democrazia, chissenefrega. Per loro siamo arabi non meritiamo di essere liberi, dobbiamo essere schiacciati da governi autoritari.

Fin qui la denuncia del parlamentare in esilio. Che le cose stiano così lo sanno bene sia Piantedosi che Tajani e la stessa presidente del Consiglio Meloni. Solo che loro hanno altre priorità, altri obiettivi. E l’autocrate di Tunisi fa al caso loro. Come Haftar in Libia. 

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