Chissà perché quasi tutti i governi reazionari e di estrema destra odiano le Ong. A volte usando strumenti dell’avverario.
Ottenere dati personali sugli attivisti delle ong e bloccarne l’agibilità bancaria, il tutto sfruttando le norme anti-riciclaggio e la stretta sulle criptovalute attuata dall’Ue contro gli oligarchi. È un meccanismo complesso quello denunciato in una conferenza stampa alla Camera da Lyudmyla Kozlovska, presidente ucraina della fondazione per i diritti umani Open dialogue; Bota Jardemalie, attivista per i diritti umani kazaka con l’asilo politico in Belgio e Anna Chekhovic, direttrice finanziaria della fondazione anti-corruzione fondata da Alexiei Navalny in una conferenza stampa insieme ai deputati Mauro del Barba (Az-Iv) e Benedetto della Vedova di +Europa.
«L’obiettivo – ha sottolineato Del Barba – è spiegare come alcune regole legate all’anti-riclaggio vengano usate dai dittatori per contrastare chi si oppone ai regimi dittatoriali».
«Bisogna evitare – sottolinea Della Vedova – che le normative anti-frodi finiscano per diventare un’arma nelle mani degli Stati autoritari». Kozlova ha spiegato come la sua fondazione di sia trovata i conti bloccati proprio in nome di denunce anti-riciclaggio, un fenomeno riscontrato in molti altri casi. Non solo. Jardemalie ha evidenziato come, dato che la Russia non è esclusa dall’Interpol, queste denunce costringano le banche a fornire dati, anche sensibili, sugli attivisti, dati che vengono sfruttati per la repressione. Infine – ha spiegato Chekhovic – anche il meccanismo dei finanziamenti attraverso le criptovalute, via individuata da alcune associazioni per ovviare alla questione, non è più utilizzabile a causa della stretta europea sulla moneta virtuale.
Per questo le attiviste chiedono un intervento a livello legislativo a partira dall’Ue.
