Iran, la campionessa di arrampicata: "La Rivoluzione non si è mai fermata"

Nasim Eshqi, 40enne iraniana campionessa di arrampicata, racconta la sua esperienza in Iran e quella della rivoluzione: «Non c'è un singolo giorno in cui non si protesti, non c'è un muro della città senza la scritta `Morte a Khamenei´».

Iran, la campionessa di arrampicata: "La Rivoluzione non si è mai fermata"
La scalatrice iraniana Nasim Eshqi
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3 Marzo 2023 - 09.53


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In Iran si continua a protestare e a lottare contro il regime di Khamenei. Le immagini degli ultimi mesi, con le donne in prima fila, hanno fatto il giro del mondo ed è fondamentale tenere accesi i riflettori sulla questione. Nasim Eshqi, 40enne campionessa di arrampicata, racconta la propria esperienza al Corriere della Sera.

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Da ragazza, in montagna, «per la prima volta, scoprivo un posto dove non importava se eri maschio o femmina, ricco o povero, bianco o nero. La montagna, in alto, è libertà. La polizia morale con le sue leggi ci arriva a fatica, e io, lì, mi sono data la possibilità di essere chi ero. Mi sono fatta crescere i capelli, li ho lasciati liberi al vento».

«Sono arrivata in Italia a giugno. Sarei dovuta stare tre mesi perché durante il periodo estivo lascio l’Iran per esercitarmi sulle montagne di altri Paesi. Una settimana dopo la morte di Mahsa Amini sarei dovuta tornare a Teheran, ma ho preferito stare qui. Fuori sono più utile: racconto all’estero le sofferenze del mio popolo». Fin da piccola sognava «di essere un bambino per fare tutto quello che volevo. Vivere a Teheran da femmina era un inferno».

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Eshqi non si aspettava quello che sta succedendo nel suo Paese: «Onestamente no. Non credevo che così tante donne avrebbero avuto il coraggio di protestare. Pensavo che la maggior parte avesse paura di parlare: il regime è ovunque. Ma a quanto pare la rivoluzione era in ogni casa e ogni donna aveva già dentro di sé una fiamma che bruciava. Mahsa Amini è stata come una brezza che ha unito le fiamme e creato il fuoco».

A proposito di Elanz Rekabi, la campionessa iraniana di arrampicata che ha gareggiato nella finale dei Campionati di Seul senza velo e ha rischiato il carcere, spiega: «Quella notizia è stata manipolata dal regime: era propaganda. La sua scelta di gareggiare senza velo è uscita in concomitanza con la questione degli stupri e le torture nelle scuole. La propaganda ha usato questa storia per coprire il resto: meglio parlare di donne senza velo che di crimini contro l’umanità».

«Parliamo delle migliaia di ragazze avvelenate nelle scuole. Il regime non vuole che le ragazze siano istruite: una donna che sa è pericolosa. Odiavo essere femmina, ma studiando ho capito che tra me e i ragazzi non c’era alcuna differenza. Avevo lo stesso corpo, la stessa testa. Lo studio è la più grande minaccia contro la Repubblica islamica perché poi non possono più manipolarti». Non c’è alcun rallentamento nelle proteste: «È quello che il regime vuole che si pensi. Non c’è un singolo giorno in cui non si protesti, non c’è un muro della città senza la scritta `Morte a Khamenei´».

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