Le lettere dal carcere di Breivik: tormenta ancora le vittime di Utøya

Il pluriomicida si è messo a scrivere delle missive deliranti ai parenti delle vittime e ai sopravvissuti - non per chiedere perdono ma per ribadire i “principi” del suo “manifesto politico”.

Le lettere dal carcere di Breivik: tormenta ancora le vittime di Utøya
Anders Behring Breivik
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30 Novembre 2021 - 10.06


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La follia di questo personaggio ha superato, senza ombra di dubbio, il segno: dal carcere di massima sicurezza di Skien, Anders Behring Breivik, il serial killer di Utøya, continua a tormentare i parenti dei ragazzi uccisi oltre dieci anni fa durante un raduno della sinistra giovanile. Il pluriomicida, infatti, si è messo a scrivere lettere deliranti ai parenti delle vittime e ai sopravvissuti – non per chiedere perdono ma per ribadire i “principi” del suo “manifesto politico”.

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La notizia, ripresa in Italia da Libero, è stata diffusa dal network norvegese NRK, che ha sentito la presidente dell’associazione delle vittime, Lisbeth Røyneland. “È del tutto insostenibile che un assassino di massa possa inviare lettere alle sue vittime. Immagino che lo faccia per farci reagire in modo da attirare l’attenzione. La descrivo come una molestia. Vuole farci sapere che è lì e vuole spaventarci, in un certo senso”.

La strage risale al 22 luglio 2011. Breivik, all’epoca 32enne, portò avanti il suo piano omicida: prima un’autobomba nel centro di Oslo, fatta esplodere davanti all’ufficio del primo ministro norvegese, otto i morti; poi la carneficina dell’isola di Utøya, dove era in corso un campo estivo dei giovani socialisti. Qui i morti furono 69, per lo più ragazzi e ragazze tra i 16 e i 17 anni. Le nuove leve di quella sinistra multiculturalista che Breivik aveva scelto come bersaglio per sfogare il suo odio. Trucidati con un fucile a pompa, una mitragliatrice e una pistola automatica.

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Breivik oggi indirizza le sue lettere al “Gruppo di sostegno 22 luglio”, ma anche a singoli sopravvissuti. Come il giovane parlamentare laburista Torbjørn Vereide. “Ho un nodo allo stomaco. C’è qualcosa di assurdo in qualcuno che ti ha puntato un’arma contro, ha sparato e ha cercato di ucciderti, e ora ti manda una lettera. Ho sentito che il mio cuore si è fermato e la mia giornata è diventata pesante”, ha raccontato a NRK.

In molti chiedono che si trovi il modo di farlo smettere, ma a quanto pare non è così semplice. Secondo il vicedirettore regionale del sistema carcerario Erling Fæste, “il motivo per cui consentiamo l’invio di lettere è che la legge sull’esecuzione delle sentenze stabilisce che ai detenuti è permesso l’invio lettere, a meno che ciò non possa portare a nuovi reati”. Fæst ha promesso un maggiore dialogo per evitare che le missive siano inviate direttamente ai sopravvissuti.

Quanto a Breivik, a gennaio il tribunale sarà chiamato a decidere sulla libertà vigilata. Le sue chance sono praticamente nulle, visto che non si è mai pentito. Per la strage è stato condannato a 21 anni di carcere, la pena massima prevista in Norvegia.

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