Italia-Libia, cambiano i governi ma sui migranti è la stessa musica. Funebre.

Cambiano i governi, ma la musica  è la stessa. Una musica funebre. Quella che accompagna i respingimenti in mare. Lo stesso spartito della “guerra” alle Ong salvavita nel Mediterraneo.

Motovedetta della LIbia
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

28 Marzo 2021 - 16.29


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Cambiano i governi, ma la musica  è la stessa. Una musica funebre. Quella che accompagna i respingimenti in mare. Lo stesso spartito della “guerra” alle Ong salvavita nel Mediterraneo.

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Il Mar della morte

Sono stati presi a bordo dalla Open Arms mentre andavano alla deriva al largo della Libia, su un barcone sovraccarico. Su trentotto persone sette donne e quattordici bambini con meno di dieci anniLa nave della ong Open Arms ha soccorso in mare trentotto migranti che si trovavano a bordo di un’imbarcazione in difficoltà al largo della Libia. Tra le persone soccorse, secondo quanto riferito subito dopo il salvataggio, dalla Organizzazione non governativa spagnola in un tweet, c’erano sette donne e quattordici bambini con meno di dieci anni, due dei quali molto piccoli. Uno ha addirittura appena quattro mesi.  Lo ha confermato Emergency – che ha il personale medico a bordo della nave umanitaria – sottolineando che l’imbarcazione sulla quale viaggiavano i migranti era alla deriva da due giorni, dopo esser salpata da Tripoli. Terminato il trasbordo dei naufraghi, la Open Arms ha ricevuto la segnalazione di altre tre imbarcazioni in difficoltà, prosegue Emergency e di queste “due sono state intercettate dalla cosiddetta guardia costiera libica e riportate in un Paese dove i diritti umani vengono costantemente violati”.

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La Libia, aggiungono Emergency e Open Arms, “non può in alcun modo essere considerata un porto sicuro, le autorità europee devono smettere di sostenere il respingimento di chi tenta di attraversare il Mediterraneo”. L’Oim, l’Organizzazione per le migrazioni delle Nazioni unite, stima che da inizio anno almeno 73 persone siano morte e altre 159 risultano ancora disperse nel tentativo di traversata. Ciò che rende quella del Mediterraneo centrale ancora una volta la rotta migratoria più mortale.

Intanto, esta alla deriva un barcone con 120 migranti a largo della Libia, segnalato già ieri da Alarm Phone. “Abbiamo parlato con le 120 persone in pericolo a largo della Libia”, afferma l’organizzazione. “Continuano a chiamarci e sono ancora in attesa di soccorsi! Sono alla deriva da ore. Le loro vite sono in pericolo e necessitano soccorso immediato! Non lasciatele annegare!” E’ l’allarme lanciato da Alarm Phone dopo la richiesta di aiuto di qualche ora prima in cui l’organizzazione denunciava: “Dicono che sono alla deriva e ci sono onde alte un metro. Le autorità ancora non danno risposta”.

La solita solfa

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“Registriamo un aumento dei flussi migratori provenienti soprattutto dalla Libia. Ho già preso contatto con il mio omologo libico, Khaled Mazen, e conto quanto prima di incontrarloI dati evidenziano l’assoluta urgenza di un intervento concreto dell’Unione europea che preceda gli esiti del complesso negoziato sul patto sull’immigrazione e l’asilo”. In una recente intervista a La Repubblica, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese sottolinea la necessità di “ripartire dallo spirito di Malta che, da settembre del 2019, ha consentito di trasferire in Europa 987 richiedenti asilo, l’89 % degli sbarcati in Italia. L’Italia continua a chiedere in tutte le sedi europee un meccanismo operativo di solidarietà, sostenuto dai Paesi che condividono con noi i principi del rispetto dei diritti umani, in grado di partire dai prossimi mesi”. “Il risultato più importante – ricorda la titolare del Viminale – lo abbiamo ottenuto sabato ad Atene con il documento che i Paesi del Med5 – Cipro, Grecia, Italia, Malta e Spagna – hanno inviato alla Commissione europea e in cui vengono cristallizzati due punti fondamentali: il principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità e la necessità di istituire un meccanismo europeo gestito a livello centrale per facilitare i rimpatri su richiesta degli Stati interessati».

E gli sbarchi autonomi?

Alla domanda, l’ex prefetto di Milano risponde:E’ un fenomeno che c’è sempre stato ma è cresciuto nell’ultimo anno anche per la crisi economica che ha colpito Paesi come la Tunisia. Con il gruppo Med5 abbiamo chiesto alla Commissione di potenziare gli accordi di partenariato con i Paesi di origine e di transito dei flussi: in questo modo saremo in grado anche di prevenire la tratta di migranti, la perdita di vite umane e di promuovere rimpatri effettivi. Nei primi mesi del 2021 abbiamo fatto 776 rimpatri, 367 in Tunisia”.

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Insomma, la logica, è, nei toni e nelle modalità di attuazione, più soft di quella volgarmente muscolare e propagandistica di Salvini ma nei contenuti non molto distante, che muove l’attuale titolare del Viminale è quella securista.

Peraltro praticata ed esaltata dal suo collega della Farnesina. Nell’ambito della gestione dei flussi migratori irregolari “apprezziamo l’impegno delle autorità libiche nella lotta ai trafficanti di esseri umani e nel presidio delle frontiere marittime. Allo stesso tempo, ci attendiamo che venga compiuto il massimo sforzo per garantire il rispetto dei diritti umani fondamentali”. Così Di Maio, durante una conferenza stampa congiunta a Tripoli con gli omologhi di Francia e Germania, Jean-Yves Le Drian e Heiko 

Una narrazione falsa

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Gli Stati Ue devono urgentemente cambiare le loro politiche migratorie nel Mediterraneo perché quelle attuali mettono in pericolo la vita e il rispetto dei diritti umani dei rifugiati e dei migranti”. E’ quanto ha ribadito nei giorni scorsi un portavoce del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatovic, che nell’ambito della Conferenza internazionale sul salvataggio delle vite nel Mediterraneo promossa da Asgi, in collaborazione con il Jesuit Refugee Service (Jrs) di Malta e Aditus, e con il patrocinio della Fondation Assistance Internationale (Fai), ha rilanciato le conclusioni di un rapporto sui Migranti con particolare riferimento al Mediterraneo e al ruolo degli Stati membri Italia e Malta.
“Molte azioni degli Stati membri – ha denunciato il sostituto di Mijatovic, impossibilitata ad essere presente – sembrano avere lo scopo implicito od esplicito di lasciare il campo libero alla guardia costiera libica perché intercetti le imbarcazioni di migranti”. Il riferimento è agli accordi firmati da Italia e Malta con la Libia, all’operazione Irini e alle azioni contro le Ong. L’incontro ha fornito una panoramica sulle recenti prassi di ‘non intervento’ e di respingimenti in mare poste in essere in particolare dalle autorità italiane e maltesi sottolineando, afferma Asgi, la loro “(il)legittimità”. “Le politiche dei Paesi europei – ha detto il portavoce della commissaria Mijatovic – stanno mettendo a rischio i diritti umani. Non solo si è continuata la politica dei respingimenti ma questa è diventata parte dell’approccio di riposta nel Mediterraneo: alcune situazioni che erano eccezionali sono divenute ordinarie, i Paesi stanno cercando di eludere i loro obblighi in termini di diritti umani e la loro capacità navale è stata sostituita dalla sorveglianza aerea. I ritardi negli sbarchi – ha continuato illustrando il Rapporto – hanno costretto le persone a rimanere per periodi prolungati su imbarcazioni delle Ong, i cambiamenti apportati dalle autorità italiane sono stati ben accetti tuttavia non è stato possibile osservare una collaborazione con i Paesi terzi. Si punta piuttosto sempre di più sulla esternalizzazione e in questo senso è preoccupante il rapporto con la guardia costiera libica poiché sappiamo che sono innumerevoli gli abusi in Libia. Gli stati europei hanno così delegato le loro possibilità di salvataggio”.
“Un altro aspetto che preoccupa la Commissione – ha proseguito il portavoce – è che non bisogna rimpatriare le persone in Paesi dove sono in vigore torture e abusi. Inoltre, il Covid-19 ha imposto un ulteriore livello di complessità. Le autorità maltesi e italiane hanno salvato tante vite nelle operazioni quasi quotidiane e ciò è fondamentale ma gli Stati costieri non possono essere lasciati soli, la solidarietà deve essere incentivata, significa avere in mare più navi da salvataggio. Con Mare Nostrum l’Italia ha dimostrato che si possono salvare vite, l’Europa dovrebbe muoversi in questa direzione e in quella di agevolare le vie legali e sicure di accesso”. “Bisogna anche smettere – ha aggiunto – di delegittimare il lavoro delle Ong: la mancanza di coordinazione con le Ong non fa altro che deteriorare l’intero salvataggio. C’è bisogno di un maggiore coordinamento, i governi hanno spesso abdicato alle loro responsabilità e creato le condizioni per cui la gente poi affoga in mare”.

 Dagli ostacoli alle attività delle Ong all’assenza di un programma di ricerca e salvataggio adeguato, passando agli accordi con le autorità libiche: sono le principali tematiche affrontate dal rapporto “Una richiesta di soccorso per i diritti umani” pubblicato il 9 marzo 2021 in seguito alle raccomandazioni inviate, nel 2019, in cui si richiedeva di adottare politiche migratorie maggiormente conformi al diritto internazionale.

Il rapporto analizza, singolarmente, quattro indicatori che descrivono il disegno politico europeo in tema di governance del fenomeno migratorio. Il primo riguarda l’effettività dei meccanismi di ricerca e salvataggio. Nel rapporto si osserva come, secondo i dati dell’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim), il rischio di naufragio per chi tenta la traversata è rimasto alto e sta crescendo “lentamente ma in modo costante” a partire dai mesi successivi alla prima ondata di Covid-19. Stime numeriche -2.600 morti da giugno 2019 a dicembre 2020- che sono al ribasso, considerando che l’assenza di un adeguato sistema di ricerca incide anche sul numero dei potenziali naufragi non registrati. La commissaria osserva inoltre come la pandemia abbia peggiorato la situazione. Sia l’Italia sia Malta hanno adottato misure restrittive e, dall’altro verso, l’operazione Eunavfor Med Irini, iniziata nell’aprile 2020 come proseguimento dell’operazione Sofia, si concentra su zone del Mediterraneo -l’Est della zona di soccorso libica e la porzione di mare tra Grecia ed Egitto- in cui è più raro incontrare imbarcazioni in difficoltà.

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L’assenza di autorità militari e gli ostacoli alle Ong hanno causato “un grave impatto sulla situazione del Mediterraneo”. Non solo in termini di salvataggio dei rifugiati e dei migranti ma anche perché l’onere di soccorre le imbarcazioni in difficoltà viene addossato a navi private che non solo non hanno una strumentazione adeguata per operare soccorso ma, considerando i lunghi tempi di trasbordo e di assegnazione di un porto sicuro, vedono messi a rischio anche la salute dell’equipaggio. La commissaria Mijatovic osserva come sia “difficile non avere l’impressione” che questo disegno abbia “lo specifico obiettivo di aumentare la possibilità che coloro che sono in mare siano intercettati dalla guardia costiera libica”. Per quanto riguarda la cooperazione con le autorità libiche, nel rapporto si sottolinea il rinnovo per altri tre anni del memorandum tra Libia-Italia che è nuovamente “fonte di preoccupazione” per la commissaria. Mentre le autorità italiane stavano proponendo emendamenti per introdurre chiare procedure di salvataggio, il patto è stato esteso, in termini di durata, senza un chiaro accordo sui cambiamenti da apportare in termini di rispetto dei diritti umani. Una nota di demerito anche ai parlamentari italiani che, quando hanno avuto la possibilità di promuovere un approccio conforme al diritto internazionale, hanno votato per il rinnovo del memorandum. Non è solamente l’Italia a proseguire la collaborazione con le autorità libiche.

Nel nuovo Patto per la migrazione e l’asilo, la cooperazione con i Paesi terzi riveste infatti un ruolo fondamentale: il supporto alla guardia costiera libica, come parte dell’operazione Irini, continua accompagnato da uno scarso meccanismo di monitoraggio sull’utilizzo dei finanziamenti europei in Africa. Per questo, la commissaria chiede agli Stati membri del Consiglio d’Europa di ricordare il “dovere di rispettare i loro obblighi, in termini di conformità di rispetto dei diritti umani, anche nel contesto di azioni collettive con altri Stati membri”. Ancora con riguardo alla Libia, in uno specifico passaggio dedicato all’Italia, la commissaria sottolinea le modifiche al “decreto Salvini” che hanno chiarito come l’ingresso, il transito e la permanenza nelle acque territoriali delle imbarcazioni che hanno condotto operazioni di salvataggio non può essere proibito qualora sia stato immediatamente comunicato al centro di coordinamento delle operazioni. Preoccupa però “il caso in cui il coordinamento sia delle autorità libiche che potrebbe comportare un trasferimento in Libia”.

Qualcuno lo ricordi  alla ministra  Lamorgese. E per conoscenza al presidente Draghi. Con Di Maio, è fatica persa.

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