I sindacati Ue: "basta abusi contro i riders". Un'importante sentenza a Barcellona

"La Commissione Ue metta fine, in ogni Stato membro, agli abusi contro i lavoratori, da parte delle piattaforme, attraverso il falso lavoro autonomo"

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21 Gennaio 2021 - 18.50


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di Marco Santopadre

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“La Commissione Ue metta fine, in ogni Stato membro, agli abusi contro i lavoratori, da parte delle piattaforme, attraverso il falso lavoro autonomo”. La richiesta del segretario della Confederazione dei Sindacati dell’UE (Etuc), Ludovic Voet, è arrivata dopo due importanti sentenze a proposito delle rivendicazioni dei riders di Deliveroo, in Italia e Spagna.
Nel nostro paese è stato il tribunale di Bologna, a dicembre, a considerare discriminatorio l’algoritmo utilizzato dalla piattaforma Deliveroo che riduceva l’accesso ai turni di lavoro ai fattorini che avevano scioperato o usufruito di congedi per malattia. Recentemente, invece, il Tribunale di Barcellona ha sentenziato che 748 riders della società che si occupa della consegna di cibo a domicilio operano in qualità di veri e propri dipendenti e non di lavoratori autonomi come invece sostiene l’azienda.
Nel settembre del 2020 la Corte Suprema di Madrid aveva già condannato Glovo, giudicando un suo dipendente un “falso autonomo” e affermando in generale che le imprese del settore «non sono semplici intermediarie» tra i clienti e i fattorini, bensì piattaforme che «svolgono un lavoro di coordinamento e organizzazione del servizio».
Basandosi su quest’ultimo caso una giudice ha accettato i risultati dell’indagine realizzata nel 2018 dall’Ispettorato del Lavoro di Barcellona avviata dopo la presentazione di una denuncia, nel 2017, da parte dell’organizzazione RidersXDerechos e dal sindacato di base Intersindical Alternativa de Catalunya. Per il magistrato esiste una relazione di lavoro dipendente tra l’azienda e i corrieri che hanno quindi diritto al pagamento della Previdenza Sociale. Condannata al pagamento di 1,3 milioni di euro di contributi non versati, Deliveroo sostiene che i riders siano dei lavoratori autonomi in quanto operanti con mezzi propri (bicicletta o motorino e telefono cellulare) non forniti dall’impresa ed estranei all’organizzazione del lavoro dell’azienda; se non fossero collegati all’applicazione di Deliveroo, si difende l’impresa, i “repartidores” non potrebbero contare su un numero così consistente di consegne per le quali, come è noto, vengono retribuiti a cottimo.
Ma «Se Roofoods Spain SL (proprietaria dell’app Deliveroo in Spagna) non operasse per mezzo dei cosiddetti “riders” dovrebbe assumere dei fattorini; quindi senza fattorini l’attività esercitata da Roofoods Spain SL non potrebbe svolgersi» spiega il magistrato nella sentenza di 69 pagine. Per la giudice la pretesa libertà di cui godrebbero i fattorini è in realtà assai limitata: il lavoratore non può rifiutarsi di eseguire una consegna visto che il rapporto con Deliveroo non gli garantisce un compenso fisso e lo espone alla risoluzione del contratto. Attraverso la piattaforma digitale, l’impresa monitora l’attività dei fattorini, il loro grado di affidabilità e i tempi di risposta alle chiamate e di consegna degli ordini. In caso di standard giudicati troppo bassi, il lavoratore può essere licenziato semplicemente attraverso la sua rimozione dalla app. La consegna ai clienti che si rivolgono all’applicazione informatica, chiarisce la giudice, «può essere realizzata solo attraverso l’incardinamento dei riders nell’organizzazione o nella struttura propria» di Deliveroo che è poi il soggetto che stabilisce accordi e contratti con i ristoranti dai quali provengono le pietanze distribuite.
Finora all’attività dei tribunali non è corrisposto un altrettanto sollecito adeguamento del quadro normativo da parte dei vari parlamenti europei, e Madrid non fa eccezione. In attesa di una nuova legge, in Spagna le organizzazioni dei riders chiedono al governo Sànchez di obbligare le imprese a rispettare le sentenze della magistratura. Nel frattempo il negoziato avviato dal Ministero del Lavoro con le varie aziende del settore da quasi due mesi va a rilento, non solo a causa delle opposte posizioni delle imprese e dei lavoratori, ma anche delle divisioni all’interno della CEOE, la Confindustria spagnola.
Intanto, negli ultimi due anni, la rafforzata attività di indagine dell’Ispettorato del Lavoro spagnolo ha portato a smascherare quasi 50 mila lavoratori salariati spacciati con un inquadramento da autonomi e un mancato versamento nelle casse della Previdenza Sociale di 300 milioni di euro.
Sulla vicenda sono intervenuti anche gli eurodeputati della Commissione Lavoro del Parlamento Europeo; con 20 si, due contrari e 21 astenuti, la commissione ha chiesto all’esecutivo comunitario e agli stati membri di prendere di petto la crescente povertà lavorativa (la in-work poverty); la proposta principale è quella di varare una direttiva europea sul salario che garantisca salari minimi superiori alla soglia di povertà, e pari condizioni di lavoro ai dipendenti delle piattaforme online, estendendo a questi ultimi le norme sulla sicurezza e della previdenza sociale.

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