C'era una volta il l'eurodeputato sovranista omofobo Jozsef Szajer: beccato in un'orgia gay

Ha moglie e due figli. Nel suo zaino sono state trovate anche pasticche di ecstasy. Ha tentato di usare l'immunità parlamentare. Poi ha dato le dimissioni dal partito e dalle istituzioni

Jozsef Szajer
Jozsef Szajer
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2 Dicembre 2020 - 09.13


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Ribadendo che non c’è nulla di male a fare orge, (in tempi di Covid però sarebbero vietate) e che essere gay è normale come essere etero, il fatto che in un’orgia gay sia stato beccato un eurodeputato fascista e omofobo rendere la questione una notizia interessante. 
Si chiama Jozsef Szajer, è uno dei cofondatori di Fidesz, il partito sovranista di Viktor Orbán, ha moglie e figli e ieri è stato beccato dalla polizia di Bruxelles durante un’orgia in un bar con altre 25 persone. Ieri ha diffuso una dichiarazione in cui ammette i fatti: “Ero presente alla festa privata – ha detto – dopo che la Polizia mi ha chiesto la mia identità, dato che non avevo un documento a portata di mano, ho dichiarato di essere un eurodeputato”.

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“La polizia ha continuato la procedura, ha redatto un verbale e mi ha accompagnato a casa – ha continuato Szajer – non ho fatto uso di droghe. Mi sono offerto con la Polizia per un test istantaneo, ma non me l’hanno fatto”. “Secondo la Polizia – ha scritto ancora – hanno trovato pasticche di ecstasy, ma non era mia e non ho idea di chi fosse”. “Mi rincresce profondamente di aver violato le restrizioni anti Covid, è stato un atto irresponsabile da parte mia, sono pronto a pagare la multa. Con le mie dimissioni di domenica, ho tratto le conclusioni politiche e personali”. “Mi scuso con la mia famiglia, con i miei colleghi, con i miei elettori, chiedo loro di valutare questo infortunio tenendo conto di trent’anni di duro lavoro, con devozione”. “Il mio errore è strettamente personale, sono l’unico responsabile. Chiedo a tutti – conclude – di non estenderlo alla mia patria, o alla mia comunità politica”. 

Secondo i racconti dei giornali l’eurodeputato, membro della commissione Juri, fervente sostenitore della famiglia “naturale ”, quella cioè composta da uomo e donna, ha cercato di scappare calandosi da una grondaia approfittando della confusione ma si è ferito. La polizia ha trovato le pasticche di ecstasy nel suo zaino e lui ha preteso – senza risultati perché colto in flagranza di reato – di far valere l’immunità parlamentare. La moglie è Tuende Handu, 37 anni, giudice della Corte costituzionale. Szájer si è dimesso domenica dall’Europarlamento, annunciando anche il suo ritiro dalla politica. La Stampa segnala che Szájer non era un eurodeputato qualunque: dal 2004, anno della sua elezione al Parlamento Ue, è sempre stato l’uomo di Orbán a Bruxelles. È stato anche vicepresidente del gruppo del Ppe.

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Il suo approdo nella capitale Ue segue una lunga carriera ai vertici della politica ungherese, che lo hanno visto occupare un seggio nel parlamento nazionale dal 1990 al 2004. Tra il 1994 e il 2002 è stato capogruppo di Fidesz, partito che ha contribuito a fondare nel 1988. Sul suo iPad, ha rivendicato, è stata scritta la nuova costituzione ungherese. In particolare il passaggio in cui è stato specificato che il matrimonio «è l’unione tra un uomo e una donna»

Il Corriere della Sera ricorda oggi che non è la prima volta che un esponente di spicco di Fidesz si trova coinvolto in uno scandalo a sfondo sessuale. Già nel 2019 uno dei sindaci più famosi del partito, l’ex campione olimpico di ginnastica Zsolt Borkai, aveva partecipato a un’orgia (questa eterosessuale) a bordo di uno yacht, ma la scappatella non gli aveva impedito di essere rieletto a mani alzate alla guida della città di Gyor.

L’operazione anti-festino della Polizia di Bruxelles, al di là del caso specifico, ripropone il tema delle regole e delle garanzie delle libertà civili in tempo di pandemia. Per la Costituzione belga, il domicilio è inviolabile. Serve un mandato dell’autorità giudiziaria, ma ci sono delle eccezioni: in caso di violazioni flagranti delle norme sanitarie, per esempio, la Polizia può entrare nelle case d’ufficio, senza mandato, una facoltà che è contestata da alcuni. Il Belgio è lo stesso Paese in cui la Polizia, nella notte tra domenica 15 novembre e lunedì 16 novembre 2015, non perquisì, fino al mattino, un appartamento di Molenbeek, in rue Delaunay, in cui c’era il forte sospetto che si trovasse il terrorista jihadista Salah Abdeslam, reduce dagli attacchi di Parigi del 13 novembre 2015, perché la legge vietava le perquisizioni domiciliari tra le ore 21 e le 5, una norma che venne abolita nel 2016.

“I nostri servizi – ammise all’epoca il ministro federale della Giustizia Koen Geens, ai microfoni della tv pubblica Rtbf – ci hanno detto che non era del tutto escluso che Salah fosse lì e che le ore in cui non si possono effettuare perquisizioni, dalle 9 di sera alle 5 del mattino, non ci hanno necessariamente aiutato a ritrovarlo in quel momento”. Il terrorista franco-belga, di origine marocchina ma nato a Bruxelles, verrà poi arrestato il 18 marzo 2016, sempre a Molenbeek, dopo oltre 120 giorni di latitanza, in seguito alla perquisizione, il 15 marzo, di un appartamento a Forest, finita in uno scontro a fuoco. Il 22 marzo i fratelli el Bakraoui, vicini a Salah, e i loro complici attaccarono all’aeroporto di Zaventem e alla stazione della metropolitana di Maelbeek, provocando oltre 30 morti e centinaia di feriti. Dalle cronache della stampa belga non è chiaro se la Polizia abbia effettuato l’operazione in un’abitazione privata oppure al primo piano di un locale pubblico, chiuso per via delle norme anti pandemia. Su questo punto le versioni divergono: alcuni media parlano di un appartamento, altri del primo piano di un bar.

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