Il "Freud di Ankara" Erdogan ricovera Macron e rilancia il disegno imperiale neo-ottomano

La Turchia punta a diventare uno degli attori principali nell'ambito di una ridefinizione dell'ordine mondiale. Per questo Erdogan mostra i muscoli.

Macron ed Erdogan
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

26 Ottobre 2020 - 13.19


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Ogni sua “sparata” è studiata a tavolino. Altro che Donald Trump. Il vero mattatore mediatico su scala planetaria risiede ad Ankara, e il suo nome è Recep Tayyp Erdogan. L’errore più grande che si possa fare è prendere sottogamba le sue uscite. Dalla Libia alla Siria, dalla Somalia al Caucaso, dalla Palestina al Mediterraneo orientale, il Sultano agisce mescolando nazionalismo e islamismo, con l’obiettivo, come dice a Globalist Zvi Bar’el, firma storica di Haaretz, il quotidiano progressista di Tel Aviv, di “ridefinre un ordine mondiale del quale la Turchia sia uno dei player principali”. Per far questo, Erdogan deve mostrare i muscoli, sul campo e nelle sue dichiarazioni.

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Il disegno neo-ottomano

Per far questo, il Sultano deve passare attraverso l’umiliazione dell’Europa, ricattandola con l’”arma” dei migranti, minacciandola, con le operazioni navali nel Mediterraneo orientale, umiliando, ma questo è gioco facile, l’Italia in Libia, scippandole il controllo della cosiddetta Guardia costiera libica, un po’ meno con la Francia. Con Parigi, è crisi aperta. Smettendo i panni del Sultano, e vestendo quelli del “Freud” del Bosforo, Erdogan ha sentenziato che il suo omologo francese, Emmanuel Macron, avrebbe bisogno di “perizie psichiatriche” in seguito alle dichiarazioni del capo dell’Eliseo sul “separatismo” delle comunità islamiche radicali. “Cosa si può dire di un capo di Stato che tratta in questo modo milioni di membri di gruppi religiosi diversi: prima di tutto, fare perizie psichiatriche”, ha detto Erdogan in un discorso televisivo.

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La proposta di Macron di difendere i valori secolari del suo Paese contro l’islam radicale ha fatto infuriare il governo turco, sommandosi a un elenco crescente di controversie tra il leader francese ed Erdogan. La presidenza francese ha definito “inaccettabili” le dichiarazioni del presidente della Turchia.

“Le parole del presidente Erdogan sono inaccettabili. L’eccesso e la maleducazione non sono un metodo. Chiediamo che Erdogan cambi il corso della sua politica perché è pericoloso sotto tutti i punti di vista. Non entriamo in polemiche inutili e non accettiamo insulti”, ha dichiarato l’Eliseo che ha annunciato una richiesta di consultazione con l’ambasciatore francese ad Ankara. La presidenza francese ha fatto notare “l’assenza di messaggi di cordoglio e sostegno da parte del presidente turco dopo l’assassinio di Samuel Paty”, il professore decapitato la scorsa settimana in un attentato islamista nei pressi della sua scuola nella periferia parigina.

Non si tratta di ristabilire un galateo diplomatico o di usare bene forchetta e coltello ai pranzi ufficiali. La questione è politica, e investe il ruolo, a cui Globalist ha dedicato più articoli, che Erdogan ha inteso ritagliarsi: quello di guida del mondo musulmano, in particolare di quello sunnita, anche se questo significa entrare in rotta di collisione con l’Arabia Saudita e l’Egitto. Erdogan non ha tenuto in alcun conto la richiesta dell’Alto rappresentante per la politica estera della Ue, Josep Borrell che, giudicando «inaccettabili» le frasi da lui pronunciate sabato in cui metteva per la prima volta in dubbio l’equilibrio mentale di Macron, lo ha invitato a «cessare questa pericolosa spirale di scontro». Al contrario, il presidente turco sembra intenzionato più che mai a tenere alto il livello di una polemica in cui la difesa dell’Islam sembra funzionale all’affermazione degli interessi geopolitici di Ankara e all’espansione della sua influenza nella regione. Non è un mistero che tali interessi abbiano portato da tempo la Turchia in rotta di collisione con la Francia su vari scenari, dalla Libia al Mediterraneo Orientale, al Nagorno Karabakh.

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Ma Erdogan rilancia la sua sfida anche agli Usa e alla Nato intera, dopo le minacce di sanzioni americane per il primo test, il 16 ottobre scorso, del sistema di difesa anti-aerea S-400 acquistato dalla Russia: “Applicatele pure – ha affermato il Sultano in un discorso trasmesso dalla televisione – noi non siamo uno Stato tribale, siamo la Turchia”. Che sia usata in modo più o meno strumentale, la questione delle vignette di Maometto resta pur sempre un argomento esplosivo, potenzialmente capace di provocare nel mondo musulmano le reazioni delle popolazioni e dei loro leader interessati a cavalcare le proteste. È il caso appunto del premier pachistano, messo alle strette nelle ultime settimane da una serie di manifestazioni antigovernative promosse da una coalizione di 11 partiti dell’opposizione. «Attaccando l’Islam, chiaramente senza averne nessuna comprensione, il presidente Macron ha attaccato e ferito i sentimenti di milioni di musulmani in Europa e nel mondo”, ha tuonato Imran Khan.

“La divisione tra Germania, Spagna, Italia, Malta e Ungheria, che si oppongono alle sanzioni, e la Francia fa il gioco di Erdogan – rimarca Bar’el -. I cinque Stati temono una nuova ondata di profughi che Erdogan può inviare se impone le sanzioni. Non è la prima volta che milioni di ostaggi siriani sono diventati una merce di scambio vincente per la Turchia contro l’Ue.”.

L’amico Donald

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D’altro canto, prosegue Bar’el, “Nonostante i rimproveri del Dipartimento di Stato, i rapporti personali di Erdogan con Donald Trump sono eccellenti. Trump ha fermato il Congresso e il piano della Nato di imporre sanzioni alla Turchia quando ha acquistato i sistemi missilistici antiaerei S-400 russi. Erdogan ha promesso a Trump che non avrebbe usato i missili prima delle elezioni, ma la settimana scorsa la Turchia ha tenuto un’esercitazione con i missili. La Turchia è stata esclusa dal piano di costruzione degli aerei F-35, ma continuerà a produrre pezzi anche per loro in parte del 2021. Trump si è anche astenuto dallo scontrarsi con Erdogan sulla questione della guerra nel Nagorno-Karabakh, dove le forze turche stanno combattendo a fianco dell’Azerbaijan. Il presidente si è unito all’appello di Francia e Russia per il cessate il fuoco, ma da allora è diventato muto e si è offerto di ospitare solo negoziati tra le parti negli Stati Uniti. Trump non può biasimare l’Armenia perché ha bisogno di 1,5 milioni e mezzo di voti armeni dei cittadini americani, concentrati soprattutto nelle città democratiche di New York, Boston e Los Angeles. Ma è anche restio a dare la colpa ad Ankara perché vuole proteggere il suo amico”. Ed ancora: “L’attesa delle elezioni americane può indurre l’Ue a pensare che, se Joe Biden sarà eletto, la politica americana nei confronti della Turchia cambierà radicalmente e sosterrà l’Unione nell’esercitare pressioni diplomatiche su Erdogan. Ma la minaccia dei rifugiati continuerà a incombere sull’Europa indipendentemente dall’uomo seduto alla Casa Bianca e l’Ue dovrà risolvere il conflitto greco-turco e non permettere a Washington di stabilire le regole del gioco nel Mediterraneo orientale. Chiunque sperava in una svolta nella politica internazionale che piegasse la volontà di Erdogan ha ricevuto un messaggio forte e chiaro. ‘Tutti i metodi, compreso il terrorismo, i tentativi di rivoluzione, le trappole economiche, gli sforzi per isolarci, erano intesi a rimuovere la Turchia dai suoi obiettivi. Siamo riusciti a sventare tutti questi attacchi e schemi… La maggior parte delle organizzazioni internazionali e degli Stati che sostengono di portare la bandiera della democrazia hanno esposto i loro veri colori quando hanno applicato un doppio standard alla Turchia’, ha detto Erdogan in un discorso pronunciato in una conferenza stampa dopo una sessione di gabinetto. ‘La Turchia sta diventando sempre più grande e più forte e i suoi campi di interesse stanno crescendo insieme ad essa”, ha detto. Che si tratti del conflitto israelo-palestinese, della guerra in Libia e nel Nagorno-Karabakh, della prospezione petrolifera nel Mediterraneo, dei curdi in Siria o del patto di difesa con il Qatar, Erdogan promette che la Turchia sarà ovunque e nessuno la fermerà”.

Nel Golfo boicottati i prodotti francesi

Per restare alla querelle franco-turca, l’Eliseo sottolinea anche le “dichiarazioni molto offensive di Erdogan dei giorni scorsi, in particolare sull’appello al boicottaggio dei prodotti francesi” Appello al quale hanno aderito in alcuni Paesi del Golfo Persico le associazioni dei commercianti. A riportarlo è l’Anadolu, agenzia stampa turca filogovernativa secondo la quale Macron, in un recente discorso, avrebbe “attaccato l’Islam e la comunità musulmana”. In realtà Macron aveva puntato il dito solo sulla minoranza estremista invitando i musulmani di Francia ad aiutarlo a costruire una coesione nazionale. In Kuwait la catena di supermercati Alnaeem ha annunciato che rimuoverà tutti i prodotti francesi dagli scaffali. Iniziative analoghe sono state assunte da altri gruppi della grande distribuzione dell’area, come la Suburb Afternoon Association, la Eqaila Cooperative Society e la Saad Al Abdallah City Cooperative Society, i quali hanno diffuso fotografie e filmati che ritraggono addetti dei punti vendita rimuovere i prodotti transalpini dai negozi. In Qatar anche le catene Alwajba e Almeera hanno aderito al boicottaggio. L’università del Qatar ha inoltre annunciato la sospensione della Settimana della Cultura Francese. “Ogni denigrazione o violazione del credo, le santità e i simboli dell’Islam sono da respingere assolutamente”, recita una nota dell’ateneo, in riferimento alla difesa di Macron delle caricature di Maometto pubblicate da Charlie Hebdo, “questi insulti minacciano i valori umani universali e gli elevati principi etici di tutte le società”. Sui social media stanno intanto circolando hashtag come #boycottfrance e #boycott_French_products.

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“”Come se la sanguinosa guerra civile in Siria non fosse già abbastanza complicata – annota sul Jerusalem Post Emily Schrader -la Turchia ha approfittato del caos nel paese vicino per intraprendere, a partire dal 2016, un’azione militare aggressiva che continua ancora oggi con l’occupazione di parti della Siria per opprimere le popolazioni curde locali, sostenendo che sta ‘facendo pulizia nelle aree terroristiche’. Diverse organizzazioni indipendenti hanno riferito che la Turchia ha compito pulizia etnica e altri crimini di guerra contro le minoranze locali. Nonostante ciò, gli organismi internazionali e gli Stati Uniti non hanno fatto nulla per mettere la Turchia di fronte alle sue responsabilità. Come spesso accade quando i violatori dei diritti umani non sono chiamati a rispondere dei loro atti, l’aggressione e i crimini di guerra della Turchia non si sono fermati alla sola Siria. La Turchia ha iniziato a reclutare gente del posto, in Siria, per combattere una guerra straniera in Libia, un altro paese sconvolto da un violento conflitto in cui la Turchia si sta intromettendo. E ci sono notizie secondo cui Ankara recluta siriani per combattere anche contro l’Armenia. Recentemente, infatti, il coinvolgimento turco si è esteso all’Azerbaijan, dal momento che la Turchia sostiene le violenze contro l’Armenia nel Nagorno-Karabakh.. La Turchia ha ripetutamente bombardato aree curde nel nord dell’Iraq e minaccia regolarmente la Grecia per l’accesso marittimo all’esplorazione dei giacimenti di gas. La sua incursione militare in Libia e il rafforzamento della sua influenza in quella nazione dilaniata dalla guerra hanno poi portato a un aumento delle tensioni con Cipro e Israele per l’accordo energetico EastMed.. La Turchia si è letteralmente messa sul sentiero di guerra e nessuno sembra prestare attenzione”.

Ora, non c’è dubbio che Israele abbia il dente avvelenato con Erdogan, e quanto al rispetto dei diritti umani a Gaza o in Cisgiordania da quel pulpito non possono essere certo impartite lezioni di democrazia e umanità, tuttavia è fuori di dubbio che ogni atto, esterno e interno, compiuto dal presidente-padrone della Turchia è guidato da un ambizioso disegno neo imperiale. Ambizioso e molto, molto pericoloso. Perché significa destabilizzare non solo la Sponda Sud del Mediterraneo ma il Grande Medio Oriente.

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