Beirut, un mese dopo: radiografia di una città in ginocchio. In "viaggio" con Oxfam
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Beirut, un mese dopo: radiografia di una città in ginocchio. In "viaggio" con Oxfam

Centinaia di migliaia di persone hanno ancora bisogno di aiuti: cibo, riparo, acqua. Il Paese che importava il cibo necessario sta esaurendo le scorte di cibo, medicine, beni di prima necessità. 

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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

4 Settembre 2020 - 14.35


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A un mese dalla terribile esplosione che ha causato 200 vittime e oltre 300 mila sfollati, Beirut è ancora in ginocchio con decine di migliaia di persone che non hanno risorse per rendere di nuovo abitabili le proprie case, un’inflazione alle stelle che fa costare una porta 1.000 dollari, il valore di 2 stipendiCentinaia di migliaia di persone hanno ancora bisogno di aiuti immediati: cibo, riparo, acquaIl Paese che importava la maggioranza del cibo necessario al proprio fabbisogno (l’80% dei cereali ad esempio), dopo che il suo principale porto è stato distruttosta esaurendo giorno dopo giorno, le scorte di cibo, medicine, beni di prima necessità. Un disastro umanitario – alimentato da disuguaglianze profondissime, dall’aumento dei prezzi e dal Covid-19 – che impedirà il ritorno a una vita dignitosa delle fasce più deboli della popolazione. 

Dopo l’esplosione si calcola che 70.000 persone siano rimaste senza lavoro, con un tasso di disoccupazione arrivato al 33%, mentre l’inflazione ha portato i prezzi dei materiali da costruzione alle stelle, proibitivi per chi già prima dell’esplosione faticava a vivere.  – afferma Paolo Pezzati responsabile per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia – Basti pensare che il salario minimo è al di sotto dei 450 dollari al mese, mentre sostituire una finestra ne costa 500, una porta fino a 1.000. Queste famiglie hanno bisogno di aiuti immediati per risollevarsi e ricostruire le proprie vite.”

 La deflagrazione che ha distrutto il porto di Beirut e parte della città, ha colpito un paese già in default con il 50% della popolazione al di sotto la soglia della povertà, la lira libanese svalutata dell’80% da ottobre, i lavoratori migranti lasciati per strada, denaro liquido praticamente inaccessibile e gli effetti del coronavirus che ha lasciato senza lavoro migliaia di lavoratori occasionali. Il tutto nel contesto del Paese che ospita più rifugiati al mondo in rapporto alla popolazione: quasi 1 abitante su 5 è un profugo siriano.

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Nelle aree più vicine al disastro, metà degli stabilimenti che operavano nel commercio all’ingrosso, dei negozi e delle strutture di ricezione è completamente distrutta. – ha aggiunto Pezzati –  Nei quartieri più colpiti il reddito delle famiglie è medio-basso, a volte al di sotto del salario minimo. Chi ha perso il lavoro non ha nemmeno i soldi per mangiare, figurarsi per ricostruire la casa.”

 

Tutto accade mentre il coronavirus non dà tregua e un test sierologico costa 100 dollari, quindi inaccessibile per la maggior parte delle persone. Con i contagi che hanno superato quota 18.900 e crescono di centinaia al giorno, mentre le strutture sanitarie fanno sempre più fatica a rispondere ai bisogni della popolazione. Una situazione sanitaria sempre più grave, che ha fatto scattare il lockdown, lo scorso 21 agosto

La risposta di Oxfam

Dallo scoppio dell’emergenza, Oxfam lavora con altre organizzazioni libanesi per assicurare che le persone più vulnerabili non siano lasciate indietro e vengano raggiunte dall’aiuto di cui hanno bisogno, con particolare attenzione a disabili, anziani, donne, lavoratori migranti, rifugiati e comunità Lgbtq. Al momento 9.000 persone ricevono aiuto mediante distribuzione di cibo, assistenza sanitaria e psicologica, sostegno attraverso il cash for work, supporto alla ricostruzione di case e imprese, consulenza legale.

Si può sostenere la risposta di Oxfam su https://www.oxfamitalia.org/dona-emergenze/

“Ieri abbiamo partecipato all’incontro con la vice ministra Del Re tenutosi a Beirut presso la nostra ambasciata. – conclude Silvana Grispino, responsabile di Oxfam Italia in Libano –  Un’occasione in cui abbiamo posto l’attenzione sulla necessità di rafforzare il coordinamento con le ong locali e le organizzazioni della società civile. A nostro avviso infatti la cooperazione italiana può giocare un ruolo chiave nel sostenere le esperienze e le conoscenze delle organizzazioni locali per superare questa difficilissima fase che il Libano sta attraversando”.

In questa direzione Oxfam auspica perciò un’accelerazione da parte dell’Italia nell’erogazione degli aiuti di prima emergenza destinati alle ong al lavoro sul campo, con l’obiettivo di soccorrere il maggior numero di persone possibile e alleviare le sofferenze delle comunità più colpite dall’immane tragedia di un mese fa.

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Del Re in missone

È stata l’ambasciata d’Italia a Beirut a ospitare, l’incontro tra la numero due della Farnesina, che ha la delega alla cooperazione allo sviluppo, e le organizzazioni della società civile locale, alla presenza dell’ambasciatrice Nicoletta Bombardiere. Una riunione, spiega Del Re sulla sua pagina Facebook, voluta per fare il punto della situazione «con gli operatori della cooperazione allo sviluppo e del Terzo settore, attivo da decenni nel Paese e attualmente impegnato con un numero importante di progetti in tutto il Libano, destinati a rafforzare la resilienza sociale della popolazione».

La vice ministra  degli Esteri ricorda che dopo l’esplosione del 4 agosto scorso al porto di Beirut, “come Italia ci siamo attivati immediatamente per rispondere all’emergenza; le nostre organizzazioni della società civile, in collaborazione con le organizzazioni partner locali, si sono adoperate sin da subito in interventi di primissima emergenza per assistere e trasportare i feriti negli ospedali intorno a Beirut, per distribuire aiuti alimentari e fornire sostegno alle persone e alle famiglie rimaste senza casa. Il sistema di cooperazione italiano sta mostrando in Libano, ancora una volta, il suo valore aggiunto e la sua forza, che ci sono riconosciuti dai partner locali”.

Del Re ha incontrato un gruppo di organizzazioni della società civile libanese “per ascoltare le esigenze e i bisogni che emergono dalla loro azione quotidiana sul campo, a contatto con la popolazione”, assicurando “il massimo impegno e la vicinanza dell’Italia. L’Italia – ha garantito – continuerà, con ancora più fermezza e convinzione, a sostenere la popolazione libanese e i bisogni delle categorie più vulnerabili della popolazione in tutto il Paese. Sia le nostre istituzioni sia la nostra società civile, anche tramite il Tavolo di coordinamento da me istituito e di cui ho presieduto la prima riunione lo scorso 19 agosto, continueranno ad ascoltare e prendere nota delle esigenze del popolo libanese e continueremo a collaborare con un Paese amico quale è il Libano”.

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Nel pomeriggio la vice ministra ha visitato anche diversi progetti gestiti da organizzazioni della società civile italiane operanti in Libano insieme alle realtà della società civile libanese. Tra questi un progetto dell’Avsi che prevede la ricostruzione di abitazioni distrutte dall’esplosione del 4 agosto scorso nel porto di Beirut.

Fratelli-coltelli francesi

La visita del presidente francese Emmanuel Macron sui luoghi della tragedia a Beirut ha suscitato clamore così come il suo annuncio di voler formulare una proposta per superare lo stallo politico ed economico che paralizza il Libano – osserva Del Re in un lungo articolo per Limes, la rivista italiana di geopolitica diretta da Lucio Caracciolo – Ma noi crediamo fortemente che siano i libanesi a dover costruire il loro futuro, soprattutto in questo momento in cui sentirsi protagonisti della propria storia è fondamentale. È giunto il momento di promuovere un concetto nuovo di ‘cittadinanza’ al di là delle appartenenze confessionali. È un processo a cui si sta lavorando da anni. Io stessa ho seguito da vicino le vicende dei conflitti settari in particolare a Tripoli nel Libano, i libanesi mi hanno sempre detto che desiderano sentirsi ‘cittadini’. Quale risultato possiamo trarre dall’equazione che emerge dai simboli che caratterizzano il disegno donatomi da un bambino delle zone di Bab al-Tabbaneh e Jabal Mohsen in cui descrive la sua vita quotidiana: un carrarmato su cui vola una colomba con sullo sfondo la bandiera del Libano? Non possono essere altri a dire ai libanesi ora quali soluzioni adottare per risolvere i loro problemi. Devono individuare forme e modi in tempi speriamo rapidi. Noi possiamo accompagnare il processo”.

Accompagnare, non imporre. Una differenza non da poco.

 

 

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