I "dannati di Lesbo" e l'allarme di Oxfam: "Rischio di una catastrofe sanitaria"
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I "dannati di Lesbo" e l'allarme di Oxfam: "Rischio di una catastrofe sanitaria"

Oxfam e Greek Council for Refugees (Gcr), chiedono un’azione immediata della Grecia e dell’Unione europea per evitare che l’emergenza si trasformi in una vera e propria catastrofe sanitaria.

Rifugiati a Lesbo
Rifugiati a Lesbo
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

3 Settembre 2020 - 16.22


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I dannati di Lesbo. Per ricordare che non è vero, neanche un po’, che davanti al Covid-19 siamo tutti uguali, che la crisi pandemica ci ha resi più umani e solidali. Semmai, è vero il contrario.. Dopo il primo caso confermato ieri nel campo di “Moria” a Lesbo, con oltre 80 contagi già registrati in totale sull’isola, la pandemia da coronavirus rischia adesso di causare centinaia di vittime tra uomini, donne e bambini, già stremati da condizioni di vita disumane.

 È l’allarme lanciato oggi da Oxfam e Greek Council for Refugees (Gcr), che chiedono un’azione immediata del Governo greco e dell’Unione europea per evitare che l’emergenza si trasformi in una vera e propria catastrofe sanitaria. Nell’hotspot sopravvivono attualmente 12mila persone in uno spazio concepito per appena 3mila, di cui il 40% sono bambini, costretti a dormire all’aperto o ammassati in tende con appena 5-6 ore al giorno di accesso all’acqua, e servizi igienici inadeguati soprattutto per far fronte alla diffusione del contagio. Fino a 160 persone sono costrette a condividere lo stesso bagno sporco e in 500 la stessa doccia, in media in 15 o 20 dormono nella stessa tenda e oltre 300 persone sono costrette a servirsi dello stesso rubinetto nell’assoluta mancanza di sapone.

I dannati di Lesbo

Una fotografia dal campo resa in un nuovo rapporto pubblicato oggi , che allo stesso tempo denuncia come le regole di confinamento sempre più severe imposte agli oltre 24mila migranti sulle isole greche, si stiano trasformando sempre di più in vere e proprie misure di “detenzione” de facto, del tutto inadeguate, peraltro a contenere il diffondersi della pandemia. Un modello discriminatorio e lesivo dei diritti umani fondamentali, che adesso rischia di diventare un approccio condiviso a livello europeo.

“Il trasferimento di alcune delle persone più vulnerabili, come i bambini, dai campi profughi greci e l’impegno da parte di 12 Paesi europei per il loro ricollocamento è un primo passo positivo, ma oltre ad arrivare tardi e a svolgersi a rilento, appare adesso del tutto insufficiente. Basti pensare che dall’inizio dell’anno su 1.600 minori non accompagnati, che 6 Paesi europei, tra cui l’Italia, si sono impegnati ad accogliere, solo 229 sono stati traferiti, mentre gli altri sono ancora nei campi. afferma Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia –  La situazione attuale è il frutto di politiche migratorie disumane, che non hanno tenuto conto degli avvertimenti che le organizzazioni umanitarie, al lavoro sul campo, lanciano da anni”.

“A quasi 6 mesi dallo scoppio della pandemia, il piano di emergenza ideato dal Governo greco per fronteggiare il contagio nei campi è ancora del tutto inadeguato ed espone a un rischio altissimo i migranti, il personale umanitario e tutta la popolazione delle isole. – aggiunge Natalia-Rafaella Kafkoutsou del Grc – Si concentra infatti quasi esclusivamente sulle limitazioni della circolazione, piuttosto che su prevenzione e risposta sanitaria. Invece di proteggere le persone, i presidi sanitari nel campo sono stati multati e molti centri di accoglienza sulla terra ferma, che potevano accogliere i migranti, sono stati chiusi”.

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 Oxfam e Grc lanciano perciò un appello urgente al Governo greco, all’Ue e ai Paesi membri perché siano fatti immediatamente tamponi a tutte le persone nel campo e tutti i migranti siano trasferiti sulla terraferma, in Grecia e in altri Paesi Ue.

 Da campi profughi a centri di detenzione anche per bambini

“Il Governo greco – denunciano inoltre le due organizzazioni –  sta progettando di trasformare tutti i campi profughi sulle isole in centri dove le persone in fuga da conflitti o persecuzioni, compresi i bambini, saranno di fatto detenute. Ciò in base alle nuove norme in materia di asilo introdotte quest’anno, secondo cui la detenzione amministrativa dei richiedenti asilo diventa la prassi e non l’eccezione. Un approccio che assieme alle cosiddette ‘procedure accelerate’ per le richieste, rischia di fatto di cancellare l’obbligo da parte dei Paesi Ue di garantire protezione alle persone in cerca di asilo, prevenendo rimpatri verso i Paesi di origine da cui sono scappati e dove la loro vita sarebbe di nuovo a rischio.”

Piuttosto che lavorare insieme per migliorare le condizioni vita di decine di migliaia di disperati intrappolati nelle isole greche, l’Europa sta permettendo alla Grecia di violare i diritti fondamentali dei richiedenti asilo –  conclude Pezzati – Per questo siamo estremamente preoccupati che la Commissione europea e i Paesi membri mutuino il modello greco per la riforma del sistema di asilo a livello europeo, di cui si discuterà nelle prossime settimane. Al contrario il trasferimento di bambini dai campi delle isole greche in altri Paesi Ue, dimostra come uno spirito di condivisione delle responsabilità tra gli Stati, inclusa l’Italia, sia possibile. Per questo chiediamo alla Commissione europea di lavorare per una riforma del sistema di asilo a livello europeo, che consenta a chi fugge da guerre e persecuzioni di poter accedere a procedure per la richiesta di asilo eque ed efficaci. Rendendo molto più rigide le regole di tutela dei diritti umani fondamentali dei migranti ed eliminando o limitando al minimo le procedure coercitive di detenzione per i richiedenti asilo”.

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Donne incinte e bambini detenuti nei campi

Al loro arrivo negli hotspot delle isole, i migranti – molti dei quali in condizione di particolare vulnerabilità, come bambini, donne incinta, disabili – vengono di fatto posti in stato di detenzione senza accesso alle necessarie cure e tutele. Il sistema rende poi incredibilmente difficile l’esame delle cause che spingono i richiedenti asilo a lasciare i propri paesi di origine, spesso attraversati da guerre e persecuzioni. Le testimonianze raccolte da Grc nel campo di Moria sono ancora una volta terribili. Rawan (nome di fantasia) arrivata dall’Afghanistan in Grecia da sola con due figli minorenni, vittima di violenza di genere, ha dovuto vivere sotto una tenda per 6 mesi in una zona del campo sovraffollata dove non ci sono nemmeno i bagni.  “La situazione nel campo era già spaventosa, ma con la pandemia è diventato peggio. Se il virus arriva qui – ci dicevamo – scaveranno una gigantesca fossa in cui seppellirci. Ci hanno dato due mascherine e un pezzo di sapone, di cui non sappiamo che farcene visto che non c’è acqua. Alla distribuzione dei pasti c’era talmente tanta gente che era impossibile mantenere la distanza”.

Mesi e anni in cui si rimane intrappolati in condizioni disumane nei campi come Moria, con il bene placet dell’Unione europea; esposti a molestie e abusi, soprattutto se si è donne sole. Questo è l’inferno di Lesbo. Proprio durante gli ultimi mesi di lockdown dovuti all’emergenza coronavirus, si è registrato un aumento di denunce di casi di stupro e violenze.

 “Ricordo una notte in cui degli uomini hanno iniziato a minacciare un gruppo di donne, sono entrati nelle loro tende e gli hanno preso i cellulari – racconta Barlin (nome di fantasia), rifugiata somala in uno dei campi – Una donna qui deve difendersi da sola ed è pericoloso anche solo usare i bagni perché non c’è polizia, nessuno che ti protegga. Molte delle giovani ragazze sono terrorizzate e soffrono di attacchi di panico. Hanno bisogno di essere soccorse, curate, ma nel campo non ci sono medici”.

Alla vergogna del campo di Lesbo, dove vivono in condizioni disumane oltre 20.000 migranti, ora si aggiunge un’altra sconvolgente rivelazione: il governo greco sta imprigionando i migranti in isolamento in un sito segreto, situato nel Nord-Est del Paese, prima di espellerli in Turchia senza che possano presentare richiesta di asilo o parlare con un avvocato. E’ quanto denuncia il New York Times, sottolineando come Atene stia cercando in questo modo di scongiurare la crisi del 2015, quando più di 850.000 persone prive di documenti riuscirono ad entrare nel Paese, per poi proseguire verso l’Europa
Il Nyt è venuto a conoscenza del sito da informazioni raccolte sul terreno e dall’analisi delle immagini satellitari. Diversi migranti hanno raccontato al quotidiano americano di essere stati catturati, privati dei beni, picchiati ed espulsi dalla Grecia senza aver avuto la possibilità di presentare richiesta di asilo o di parlare a un avvocato.
Tramite incroci di informazioni, descrizioni, dati e coordinate satellitari, il New York Times è riuscito a localizzare il centro di detenzione, che si trova nei terreni agricoli tra Poros e il fiume Evros. La Grecia è firmataria della Convenzione europea sui rifugiati ed è quindi illegale rifiutarsi di accogliere una domanda d’asilo o rimpatriare dei richiedenti asilo in Paesi in cui corrono dei rischi. Secondo Eleni Takou, vicedirettore e responsabile della Ong HumanRights360, ogni giorno emergono testimonianze e vittime dei cosiddetti “push-back”, i respingimenti di migranti alla frontiera al di là del fiume Evros.

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A pagarne il prezzo più alto sono i più indifesi tra gli indifesi: i bambini. La clinica pediatrica di Medici senza frontiere a Lesbo  conta più di 100 visite al giorno, tra cui bambini con gravi patologie cardiache, casi di epilessia, diabete. Soffrono di problemi respiratori, dermatologici, legati alla nutrizione e psicosomatici. Bambini “spaventati, esposti a situazioni pericolose e senza un posto sicuro dove stare – testimonia Marco Sandrone  è il capo del progetto di Msf nell’isola. -. Si chiudono a guscio. Accogliamo genitori che ci dicono che i loro bambini non vogliono più uscire dalle tende, che hanno smesso di parlare. Oltre al trauma della guerra, della fuga, la sofferenza di vivere a Lesbo toglie ogni speranza ai nostri piccoli pazienti”. “Il diritto di essere bambini – dice il responsabile di Msf –  è qui fagocitato dalla miseria di un campo senza dignità, alle porte dell’Europa”.

Una Europa che oltre agli occhi ha chiuso le porte a questa umanità sofferente e nel farlo non si vergogna di usare come pretesto il coronavirus, alimentando così la narrazione, falsa ma che penetra nell’opinione pubblica italiana, ed europea, per cui i migranti sono portatori di infezioni, e dunque vanno respinti, e ammassati in campi sovraffollati e malsani come quello di Moria.

 

 

 

 

 

 

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