Per il Libano le domande più gravi sono quelle sul domani

La città è devastata. Molte persone non hanno il modo di essere curate. L’intera area potrebbe essere tossica. Chi ha ridotto il Libano nelle condizioni in cui era prima dell'esplosione?

Esplosione a Beirut
Esplosione a Beirut
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

5 Agosto 2020 - 15.46


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E’ difficile dare conto del vero dramma che attanaglia in queste ore Beirut, ma va fatto. Questa città dalla storia così importante per tutto il bacino del Mediterraneo e la sua popolazione, uncaleidoscopio senza pari è davanti a giorni di una difficoltà da fare tremare le vene dei polsi. Il dramma inimmaginabile è questo.

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L’ultima guerra, quella del 2006, fu combattuta tra Hezbollah e Israele e produsse danni enormi.

Tra questi la centrale elettrica, distrutta. Quando la guerra finì si decise con un accordo unanime tra le parti di non ricostruirla. Il Libano avrebbe acquistato energia elettrica da navi prese in affitto. Un’operazione dai costi esorbitanti. In molti scongiurarono il Libano di ricostruire la centrale elettrica. Ci furono anche offerte di alcuni milioni di dollari a fondo perduto. Ma la decisione non è cambiata. Il risultato è stata una bolletta mensile molto cara per ognuno, bolletta che non è basta a pagare il conto, che ha prodotto un passivo di 50 miliardi di dollari.

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Un macigno decisivo nel fallimento economico del Paese dei cedri.

Domani il presidente francese Macron visiterà Beirut. Una visita generosa e coraggiosa, in una città che oggi potremmo chiamare l’Hiroshima del Mediterraneo. Probabilmente non è solo una visita di solidarietà umana,  bisogna avviare l’operazione di salvataggio del Libano, che vuol dire salvataggio fisico e umano dei libanesi. La città è devastata, distrutta. Molte persone non hanno il modo di essere curate. L’intera area urbana, o metropolitana, potrebbe essere tossica. L’intervento dovrebbe essere immediato, tempestivo, urgente. Macron ha ragione. Ma chi saranno i suoi interlocutori? Chi ha ridotto il Libano nelle condizioni in cui è?

Rendiamoci conto di cosa parliamo attraverso due terribili dettagli: che fine hanno i fuochi d’artificio cui si è data la colpa dell’incendio all’inizio di questa tragedia? Ne hanno parlato alla stampa fonti militari. E ora? Si parla ancora di fuochi d’artificio per l’innesco della prima esplosione che poi ha portato alla gigantesca, limitrofa seconda esplosione? Secondo dettaglio della ricostruzione sin qui fornita dell’incidente: riguarda quelle 2700 tonnellate di nitrato di ammonio che si trovavano in un silos del porto di Beirut, in centro città. Oggi quel porto non esiste più, è stato polverizzato dall’esplosione, che ha distrutto centinaia di palazzi, mandando i frantumi vetri e suppellettili a decine di chilometri di distanza. Bene. Abbiamo saputo che quel nitrato di ammonio sarebbe stato nel porto di Beirut da anni e che le indagini dovrebbero appurare chi siano i colpevoli di questa “distrazione”. 2700 tonnellate del più pericoloso esplosivo dimenticate in un silos da anni? Addirittura da sei anni? E’ possibile? E’ credibile? E se anche lo fosse non sappiamo tutti da anni e anni che il porto, come l’aeroporto di Beirut, è sotto il diretto e pieno controllo di Hezbollah? Tutti i traffici leciti e soprattutto illeciti non sono controllati da Hezbollah tanto al porto quanto all’aeroporto? Chi a Beirut non lo sa? E ora il governo voluto da Hezbollah ci dice che farà un’inchiesta sul porto. Questo governo sostiene che i responsabili sono i funzionari governativi di sei anni fa? Questo non ha alcun rapporto con la realtà. Al porto, come all’aeroporto, non si muove foglia che Hezbollah non voglia. E questo lo hanno saputo e accettato tutti i governi libanesi degli ultimi anni, di qualunque colore. Nessuno può dire “io non c’entro” nel disastro libanese. Tutto, o quasi tutto, il ceto politico ha partecipato alla folle gestione del capitolo energetico, tutti il ceto politico ha taciuto, condiviso o subìto la realtà portuale o aeroportuale. Non a caso da ottobre il movimento popolare di protesta che da ottobre ha scosso Beirut ha chiesto a tutti di andarsene, di togliere l’incomodo. “Tutti vuol dire tutti”, scandivano i libanesi per strada, con determinazione. Ma chi li ha ascoltati? Nè in Libano né nella comunità internazionale si è ascoltato “il popolo”. 

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Ma ora Beirut è in ginocchio. Stremata. Morente, In città manca tutto. Gli ospedali rispondono solo a parte della richiesta. Bisognerebbe evacuare un’area vastissima per motivi di sicurezza, almeno per queste prossime ore. Impensabile. Manca tutto. Nessuno è in grado di chiedere ai libanesi di rimettersi in piedi da soli. Un piano Marshall per Beirut serve oggi. Ma gestito da chi? Affidato a chi?

Venerdì mattina il Tribunale Internazionale sul delitto Hariri dovrebbe pronunciare il suo verdetto. Potrà farlo? Se lo facesse potrebbe dire che quattro miliziani di Hezbollah hanno ucciso l’ex primo ministro Hariri e le 21 persone che viaggiavano con lui. Cosa significherebbe, cosa significherà questo verdetto? Il classico governo di unità nazionale, sul modello di quelli che hanno gestito la questione energetica? Il confronto politico sul significato politico della sentenza sarà lecito? Si potrà discutere in mezzo al sangue che riga i marciapiedi di Beirut, ai bambini che ancora non trovano modo essere crauti, ai negozi che non possono essere approvvigionati? E gli effetti della pandemia, i contagi d’Assisi Covid-19, saranno ancora oggetto di leggero intervento?

E’ pesante, fitta, terribile la coltre di incognite che grava su Beirut e sui beirutini. Il bilancio delle vittime non convince nessuno in città. Il bilancio è terribile, ma si deve ancora scavare tra tante macerie. Tutte le persone che conosco sono o hanno in casa parenti feriti. Uscire di casa è rischioso. I problemi vanno affrontati, subito. Anzi, immediatamente. Ma bisogna sapere di quali problemi stiamo parlando. Il rischio è enorme. L’unica cosa che abbonda oggi a Beirut sono le armi. E una domanda che viene posta da Beirut senza essere ripresa suona importante: come mai i primi ad arrivare sul luogo del disastro sono stati loro, gli Hezbollah? Che dovevano fare lì?   

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