L'emergenza Covid travolge la Siria: dopo Idlib anche Damasco è al collasso

Le autorità dopo aver a lungo negato la presenza del virus,  non riconoscono la gravità dell’emergenza, parlano di misure di prevenzione rigide e di solo 35 decessi, cifre definite “ridicole”

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Riccardo Cristiano Modifica articolo

26 Luglio 2020 - 10.45


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Fonti siriane che chiedono di restare anonime per motivi di sicurezza affermano che nel Paese ormai è emergenza Covid-19. L’emergenza è ovunque, anche nella disperata provincia di Idlib, nel nord ovest della Siria, dove infuriano i combattimenti e i bombardamenti, come recentemente approfondito anche in un rapporto dell’Onu che parla di crimini contro l’umanità e di crimini di guerra, imputabili alle milizie alleate del regime siriano e i secondi al miliziani loro avversi e spalleggiati dalla Turchia.

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I profughi, oltre un milione e mezzo di civili, ormai sono ufficialmente esposti al contagio senza neanche acqua potabile e i corridoi umanitari, per via del veto russo-cinese al rinnovo dei due corridoi umanitari che da tempo facevano giungere un po’ di aiuti umanitari alla stremata popolazione civile. Si è saputo ufficialmente del primo contagio accertato ad Idlib, poi è tornato lo sbarramento, il silenzio. Ma difficilmente in un contesto così malsano e con tante persone dalle difese immunitarie così provate si può immaginare che la situazione non si stia deteriorando di giorno in giorno.

Ma è la situazione nella Siria sotto controllo delle autorità di Damasco a creare nuovo, vero e profondo allarme. In particolare la situazione viene descritta come molto grave a Damasco, dove non ci sarebbe più posto negli ospedali per assistere i contagiati e un’assoluta carenza di mezzi e personale.

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Come è noto il personale medico scarseggia per via della guerra e delle espulsioni di massa, che hanno costretto all’esilio almeno sei milioni di siriani. I bombardamenti poi hanno distrutto  buona parte delle strutture sanitarie. Ma oggi, stando alle fonti siriane di assoluta affidabilità con le quali siamo entrati in contatto, è tutta la Siria a bruciare per il contagio.

Le autorità di Damasco, dopo aver a lungo negato la presenza del virus,  non riconoscono la gravità dell’emergenza, parlano di misure di prevenzione rigide, adeguate e di appena 35 decessi, cifre definite da tempo ormai come “ridicole” dal Pulitzer Center e da molti altri qualificati osservatori internazionali. Infatti, solo nel nucleo familiare di uno dei nostri informatori nelle ultime ore sono morte diverse persone, difficile credere che i morti possano essere appena 35, come si ostina drammaticamente a sostenere Damasco. Il pericolo che incombe viene descritto dalle fonti come l’inizio di un incendio nella steppa. Il tempo per agire starebbe per finire e l’urgenza di un intervento sanitario internazionale in Siria si impone con chiarezza.

La discussione non può essere vista con lenti pro o anti regime. Un’azione internazionale, fanno capire con concitazione le fonti siriane, è indispensabile e urgente. Il quadro descritto è emergenziale soprattutto nella capitale e questo sicuramente costituisce un problema politico, il regime non riuscirà mai ad ammettere la propria inadeguatezza a fronteggiare la pandemia. Ma i posti letto in ospedale non ci sono più, la gente non può essere curata, la situazione sarebbe ormai fuori controllo. 

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