Libia porti sbarrati, lager pieni: la tragedia infinita dei migranti
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Libia porti sbarrati, lager pieni: la tragedia infinita dei migranti

La tragedia infinita dei migranti non fa più notizia. Si aggiornano i numeri, se c’è la foto straziante di un corpicino senza vita si versano lacrime di coccodrillo, e poi si rispengono i riflettori e si tira avanti.

Lager in Libia
Lager in Libia
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

12 Luglio 2020 - 12.31


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Porti sbarrati, lager pieni. La tragedia infinita dei migranti sembra non fare più notizia. Si aggiornano i numeri, qualche volta, se c’è la foto straziante di un corpicino senza vita da sbattere in prima pagina, si versano, per qualche ora, lacrime di coccodrillo, e poi si rispengono i riflettori e si tira avanti. E lo si fa, con quei vergognosi decreti sicurezza, ancora in vigore, pessimo lascito del governo Conte I-Salvini, con il ribadito sostegno italiano alla cosiddetta Guardia costiera libica, zeppa di trafficanti di esseri umani riciclati nelle sue fila, con il “ricatto dei barconi” perpetrato anche dal Governo di accordo nazionale, guidato da quel Fayez al-Sarraj che pure ha il sostegno dell’Italia.
Mare Mortum
“In Libia stanno assistendo a un aumento degli annegamenti sulle coste del Nord Africa. Si ritiene che il clima più caldo e le chiusure determinate dalla pandemia siano alla base di un aumento del numero di persone che tentano di attraversare il Mediterraneo dal Nord Africa verso l’Europa. Molti non sopravvivono al viaggio, con il 20% in più di persone che, si stima, siano morte nel giugno di quest’anno, rispetto allo scorso anno, secondo l’International Organization for Migration (Iom). Dice il presidente della Federazione internazionale della Croce Rossa, (Ifrc) Francesco Rocca: “Mentre i volontari della Croce Rossa in Italia sostengono coloro che sono riusciti a sopravvivere alla traversata, sfortunatamente dall’altra parte del Mediterraneo, sia i volontari libici che quelli tunisini della Mezzaluna Rossa sono lasciati a raccogliere i corpi di coloro che non lo hanno fatto”.

Quelllo del presidente della Croce Rossa italiana, e anche un duro, sia pure indiretto atto di accusa nei confronti di quelle autorità libiche e tunisine con le quali il Governo italiano ha stretto accordi di cooperazione e di sostegno: ma certo finanziare i “raccoglitori di morti” non è proprio un investimento positivo.
I volontari della Mezzaluna rossa libica e tunisina hanno il difficile compito di trovare i corpi di coloro che muoiono lungo la costa e trasferirli con dignità negli ospedali locali. Solo nel mese di giugno, le squadre della Mezzaluna Rossa hanno recuperato 26 corpi in Libia e oltre 30 in Tunisia. “Ogni persona che muore nel tentativo di attraversare quello specchio d’acqua mortale è più di una semplice statistica – ha aggiunto Rocca – era qualcuno pieno di speranza che voleva una vita migliore da vivere, con la propria famiglia, gli amici, gli affetti più cari. Qualcuno che ha affrontato difficoltà inimmaginabili lungo il cammino, per poi morire”.
Quei porti sbarrati.
 Più del doppio del numero di persone è arrivato sulle rive d’Italia quest’anno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, secondo le Nazioni Unite. Tuttavia, questo non dipinge il quadro completo della situazione. Il governo italiano ha dichiarato i suoi porti non sicuri da aprile a causa della pandemia e qualsiasi sbarco di migranti è stato impedito, fino a quando non possono essere dirottati verso altri Paesi, oppure è stato di fatto ritardato. Ciò ha comportato che i migranti sono stati costretti a restare a bordo delle navi che li avevano soccorsi per lunghi periodi di tempo, con accesso limitato alle cure, alla protezione o a qualsiasi altro tipo di assistenza.
 Per quanto riguarda le operazioni di ricerca e salvataggio, in base alle regole di diritto del mare e internazionale, gli Stati sono competenti”. Come Frontex “quando constatiamo che ci sono persone in difficoltà in mare, inviamo questa informazione a tutti i centri di coordinamento di salvataggio in Italia e a Malta: questo avviene sempre”.
Lo ha detto Fabrice Leggeri, direttore esecutivo dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) durante un’audizione lunedì nella commissione Libertà civili (Libe) del Parlamento europeo.
“Quando ci rendiamo conto che la situazione si verifica più vicino alla costa dell’Africa settentrionale, oltre a Italia e Malta informiamo anche le autorità tunisine”, sottolinea Leggeri. “Solo quando non ci sono altre modalità per salvare vite umane allora informiamo anche il centro di coordinamento del salvataggio libico a Tripoli – precisa – che, per inciso, è stato finanziato dall’Unione europea”.
Ma quella del direttore di Frontex più che un’illustrazione della realtà assomiglia molto ad uno scarico di responsabilità. L’amara verità è che quella mediterraneo resta ancora oggi la “rotta della morte”, e nei lager libici migliaia di disperati vivono in condizioni disumane, sottoposti a torture, violenze sessuali, venduti come schiavi.
Caos armato
“La Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) Ha espresso profonda preoccupazione per i recenti scontri tra elementi criminali, compresi membri di gruppi armati, a Janzour, un quartiere popolato da civili a Tripoli.” E’ quanto scrive l’Unsmil su Twitter in relazione agli scontri armati di qualche giorno fa tra milizie affiliate al Governo di accordo nazionale (Gna) nei pressi di Janzour, per motivi riconducibili, secondo media locali a vicende di criminalità comune.
    “Questi scontri hanno spaventato i residenti locali e provocato un numero di vittime. La Missione condanna tali azioni spericolate, poiché mettono direttamente in pericolo i civili in un momento in cui Tripoli inizia a riprendersi da un lungo assedio di 15 mesi”, scrive ancora l’Unsmil, ammonendo come questi “scontri sottolineano la necessità che il Gna si debba muovere rapidamente per un’efficace e coordinata riforma del settore della sicurezza, di smobilitazione e reinserimento” (delle milizie ndr).
Resa dei conti tra bande criminali, scontri intertribali. Il caos armato libico è anche questo.

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