Per l'Egitto il 'bolognese' Zaky non vale uno studente americano
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Per l'Egitto il 'bolognese' Zaky non vale uno studente americano

La vergogna nazionale tocca il suo apice nei rapporti con il “faraone” Abdel Fattah al-Sisi cge ci prende in giro su Regeni e ora non libera Patrick Zaky

Patrick George Zaky e Regeni in un murale
Patrick George Zaky e Regeni in un murale
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

9 Luglio 2020 - 15.35


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Quale peso internazionale può avere un Paese il cui presidente del Consiglio millanta rapporti privilegiati con presidenti, autocrati, rais, generali di mezzo mondo, “privilegio” mai confermato dai fatti e se poi a questo si aggiunge un improbabile ministro degli Esteri, ignorante nel senso latino del termine, di geopolitica oltre che della lingua inglese, campione mondiale di giravolte diplomatiche, allora la frittata è fatta.

Come non bastasse, ecco stagliarsi in tutta la sua bassezza politica il duo Meloni and Salvini, con il loro codazzo di odiatori da tastiera, scagliarsi contro Silvia Romano, la giovane cooperante italiana liberata dopo diciotto mesi di prigionia, rea colpevole ai loro occhi offuscati dal livore di essersi convertita all’Islam.

Sono gli stessi serial odiatori per i quali, in fondo in fondo, Giulio Regeni se l’è andata a cercare.

La vergogna nazionale tocca il suo apice nei rapporti con l’Egitto del “faraone” Abdel Fattah al-Sisi non contento delle continue prese in giro alle richieste di verità e giustizia sulla morte del giovane ricercatore friulano, vittima di un assassinio di Stato, il presidente-generale continua a fare orecchie da mercante sulla liberazione di Patrick Zaky.
Due pesi due misure
Evidentemente sul “faraone” esercita più attrattiva ed influenza l’inquilino della Casa bianca: il presidente Usa Donald Trump. Uno studente medico americano detenuto senza processo in una prigione egiziana per quasi 500 giorni e’ stato liberato ed e’ tornato negli Stati Uniti. Lo ha reso noto il dipartimento di Stato americano. Il rilascio di Mohamed Amashah, cittadino con doppia cittadinanza Usa ed egiziana, segue mesi di pressione del governo Trump. Amashah era stato arrestato nel marzo 2019 mentre esibiva al Cairo in piazza Tahrir, epicentro della primavera araba del 2011, un cartello con la scritta “libertà per tutti i prigionieri politici”. “Diamo il benvenuto al rilascio del cittadino Usa Mohamed Amashah e ringraziamo l’Egitto per la sua cooperazione nel suo rimpatrio. Prima di imbarcarsi per tornare a casa, a New Jersey City, Amashah, 24 anni, ha rinunciato alla cittadinanza egiziana come condizione per la sua liberazione. Al pari di migliaia di prigionieri politici in Egitto, lo studente e’ stato tenuto in detenzione preventiva con l’accusa di aver “fatto un uso improprio dei social media” e di aver “aiutato un gruppo terroristico”, secondo Freedom Initiative group, che ha seguito il caso. In base alle ampie leggi anti terrorismo, i procuratori egiziani hanno usato spesso queste accuse vaghe per ottenere il rinnovo dei 15 giorni di detenzione pre-processuale per mesi o anni, spesso con scarse prove. 
 “Certo 500 giorni di carcere per uno studente che aveva solo innalzato un cartello per chiedere la libertà per i prigionieri è un tempo enorme, però questa storia ci insegna che le pressioni a un certo punto pagano”. Afferma Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, la scarcerazione di Mohamed Amashah, cittadino con doppia cittadinanza Usa ed egiziana, detenuto senza processo in Egitto, e rinnova l’appello al Governo italiano affinché prema col Cairo per la liberazione di Patrick George Zaky.
Il presidente americano Donald Trump, continua Noury, “è riuscito a far scarcerare un cittadino egiziano e americano. Speriamo che Giuseppe Conte, che vanta e rivendica rapporti ottimi con Al Sisi, riesca a fare molto prima per ottenere la scarcerazione di un cittadino egiziano e onorario bolognese”.
    Zaky, studente 29enne egiziano iscritto a un master all’Università di Bologna, è in carcere in Egitto per reati d’opinione da più di 150 giorni, da inizio febbraio. La prossima udienza per il rinnovo o meno della detenzione, dopo estenuanti rinvii spesso senza nemmeno la presenza degli avvocati, sarebbe fissata al 12 luglio. Nei giorni scorsi l’Egitto ha annunciato una grazia per 530 detenuti per decongestionare le carceri e Amnesty chiede che il Governo italiano faccia pressione affinché lo studente dell’Alma Mater possa beneficiarne. Pochi giorni fa alla famiglia del ragazzo è stata recapitata una sua lettera dal carcere: “Sto bene, mi mancate, tornerò libero”, ha scritto.   
Il fatto è che il potere contrattuale dell’Italia nei confronti del regime egiziano si avvicina allo zero. Dalla Libia al Mediterraneo orientale, a dare le carte è al-Sisi, al quale Conte e Di Maio attribuiscono il ruolo di “stabilizzatore” nel vicino oriente. Un ruolo assolutamente inventato visto che l’Egitto nella guerra in Libia è tra i più attivi sostenitori del generale di Bengasi Khalifa Haftar, strenuo nemico del Governo di accordo nazionale guidato da Fayez al-Sarraj sostenuto dall’Italia. Su queste premesse è difficile attendersi “magnanimità” da un presidente che ha istaurato un vero e proprio stato di polizia, riempiendo le carceri di oltre sessanta mila presunti oppositori, facendone sparire oltre trentacinque mila.
Quanto poi alla solidarietà verso Patrick Zaky, cosa dire dei consiglieri di Lega e Fratelli d’Italia al comune di Bologna, usciti dall’aula per non votare il conferimento della cittadinanza onoraria al giovane studente egiziano? Ma non c’è da stupirsi: gli adepti della Meloni e di Salvini si sono affrettati a togliere dai balconi dei comuni o delle regioni “conquistate” gli striscioni che chiedevano verità e giustizia per Giulio Regeni.

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