L'attivista: "L'Egitto non consegnerà mai all'Italia gli assassini di Giulio Regeni"

Abdallah Said, attivista egiziano di lungo corso più volte arrestato nel suo Paese e oggi esule nel Regno Unito

Patrick George Zaky e Regeni in un murale
Patrick George Zaky e Regeni in un murale
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22 Giugno 2020 - 17.39


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Non sarà semplice ed è bene non farsi illusioni: ”L’Egitto non consegnerà mai gli uomini dell’apparato di sicurezza che hanno ucciso Giulio Regeni, prima di tutto perché potrebbero fare il nome del figlio di al Sisi, che all’epoca era a capo della struttura che lo aveva preso in custodia. In generale, perché l’Egitto non potrà mai ammettere che si sia trattato di un omicidio di Stato. Sarebbe troppo imbarazzante per i partner occidentali che non hanno mai smesso di fare affari con questo regime”, afferma Abdallah Said, attivista egiziano di lungo corso più volte arrestato nel suo Paese e oggi esule nel Regno Unito, su Focus on Africa, che oggi sull’edizione online pubblica un’inchiesta sull’Egitto e sul caso Regeni di Antonella Napoli e Omer Abdullah.

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”Quello egiziano è tra i sistemi autoritari più spietati e duri del mondo. Anche durante la crisi per il coronavirus il regime ha fatto scattare repressioni immotivate. Approfittando dell’emergenza Al Sisi ha avocato a sé ulteriori poteri. Decine di oppositori, giornalisti, medici e attivisti per i diritti umani sono stati arrestati nell’ultima settimana con lo stesso modus operandi adottato nei confronti dei manifestanti fermati da settembre a oggi. Chiunque esprima dissenso, in questo caso sulla gestione della pandemia di Covid-19, o condanni gli arresti arbitrari e denunci episodi di tortura, finisce nel mirino della Procura speciale antiterrorismo” conclude l’attivista.

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