Il virologo Palù su Trump: "Per lui l'idrossiclorochina ha senso, ha centinaia di contatti al giorno"

Giorgio Palù, past president della Società europea di virologia e professore emerito di Microbiologia dell'università di Padova: "I suoi medici lo avranno controllato e lo terranno d'occhio"

Giorgio Palù
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19 Maggio 2020 - 16.05


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Il virologo Giorgio Palù, past president della Società europea di virologia e professore emerito di Microbiologia dell’università di Padova, ha commentato la scelta di Donald Trump di assumere idrossiclorochina in via profilattica contro il Covid-19: “Credo che il presidente americano Trump, assistito com’è da un’intera equipe di medici, si sia sottoposto a uno screening cardiaco prima di assumere idrossiclorochina in via preventiva. Avranno soppesato i possibili rischi legati all’assunzione di questo farmaco, che non ha una funzione antivirale diretta ma blocca alcune funzioni cellulari che il virus sfrutta per la sua replicazione. Sono in corso studi per capire se nell’uomo, oltre che in vitro come ha già dimostrato, possa funzionare. Detto questo, penso che questa scelta potrebbe anche avere un senso, per una persona che ha ogni giorno moltissimi contatti”. 
“L’idrossiclorochina – ricorda – ha una certa tossicità a livello di conduzione atrio-ventricolare. È quindi opportuno che prima di assumerla un paziente anziano sia sottoposto a controllo elettrocardiografico. Molti farmaci si usano a livello sperimentale o compassionevole per bloccare o prevenire una malattia. Penso che i medici di Trump avranno vagliato le sue condizioni cardiache, e quella di assumere idrossiclorochina sarà stata una scelta personale basata su parere medico”.
“In alcune situazioni – evidenzia il virologo – è inutile stracciarsi le vesti perché non ci sono gli studi controllati per l’uso di un farmaco: la ‘Prep’ profilassi anti-Hiv è stata spinta così tanto che ora ci si prende una pastiglia prima di un rapporto sessuale a rischio. Non ci si può sempre scandalizzare, la medicina non è una scienza esatta al contrario della chimica o della fisica, e ancora il buon senso e l’opinione dell’esperto contano. Non si può fare uno studio clinico su tutto, non si può invocare l’approccio e il metodo scientifico per ogni cosa, tanto più che questo virus è diverso in ognuno di noi. D’altro canto abbiamo provato a trattare i primi pazienti con lopinavir-ritonavir e abbiamo visto poi che non serviva. Ma valeva la pena farlo, credo”.

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