Israele, tempo scaduto per il "Governo dell'impunità"
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Israele, tempo scaduto per il "Governo dell'impunità"

E le quarte elezioni anticipate si avvicinano. Le 48 ore aggiuntive concesse dal presidente israeliano Rivlin non sono bastate: il mandato a Benny Gantz per tentare di formare un governo è scaduto

Benny Gantz
Benny Gantz
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

16 Aprile 2020 - 10.07


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Il tempo è scaduto. E le quarte elezioni anticipate si avvicinano. Le 48 ore aggiuntive concesse lunedì dal presidente israeliano Reuven Rivlin non sono bastate: il mandato a Benny Gantz per tentare di formare un governo è scaduto ieri a mezzanotte senza che il leader di Blu e Bianco riuscisse a trovare un accordo per un esecutivo di unità nazionale con il Likud di Benjamin Netanyahu.
I negoziati potrebbero andare avanti ma Rivlin ha già fatto sapere che, a meno che non ci siano modifiche negli equilibri tra i due blocchi di voti, il mandato non passerà a Netanyahu ma tornerà direttamente al Parlamento che avrà 21 giorni per tentare di presentare una squadra di governo guidata da un qualsiasi deputato che abbia l’appoggio della maggioranza. Altrimenti la Knesset verrà sciolta e si andrà a elezioni anticipate, le quarte in poco più di un anno, una prima assoluta per Israele, che non ha mai conosciuto una simile instabilità politica prima. 

Nella prima mattinata Netanyahu e Gantz hanno diffuso una nota congiunta in cui confermano l’intenzione di proseguire i negoziati per un esecutivo comune. I colloqui, almeno in via informale, possono proseguire fino allo scioglimento del Parlamento. La fase di stallo sembra aver indebolito Gantz, che fino al mese scorso godeva – sulla carta – di una possibile maggioranza di 61 deputati. Poi, di fronte all’emergenza Covid-19, la decisione di tentare la via dell’esecutivo di unità con Netanyahu e una leadership alternata. Ed è proprio quest’ultimo a uscire rafforzato: secondo un sondaggio, il 64% degli israeliani sono “soddisfatti” della gestione della pandemia (ad oggi 12500 casi e 130 vittime) e, in caso di elezioni, il suo partito Likud raccoglierebbe 40 seggi a fronte di 19 de rivale con la coalizione Blu Bianco. 

Nodo cruciale

Il nodo principale che impedisce un’intesa tra i due partiti resta il tema giustizia: da una parte, il controllo della commissione parlamentare di selezione degli organi giudiziari, dall’altro la questione dell’imminente processo a Netanyahu per corruzione, frode e abuso di fiducia in tre casi.

La differenza di obiettivi tra Gantz e Netanyahu sembra soprattutto nel programma: l’ex generale vuole un governo a tempo per affrontare la crisi sanitaria, il premier (sostenuto dai sondaggi) vuole una coalizione che duri a lungo, durante e oltre il suo processo.

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Fonti di Blu e Bianco hanno ribadito di voler evitare che un accordo per un governo di unità si traduca nell’immunità per il leader del Likud. La Knesset si riunirà oggi per approvare la legislazione legata al coronavirus, mentre la prossima settimana gli ex alleati di Gantz, Yesh Atid-Telem, intendono presentare proposte di legge che impediscano a un incriminato come Netanyahu di formare un governo; spetta a Gantz, come presidente del Parlamento, a decidere se farle procedere con il voto in aula. Ll presidente di Yisrael Beiteinu (destra laica) , Avigdor Lieberman, questa mattina ha invitato Gantz in un post su Facebook per far avanzare le leggi che impedirebbero a Netanyahu di servire come Primo Ministro mentre è sotto incriminazione. .L’ex ministro della Difesa ha  proposto un emendamento alla legge che impedirebbe a un premier  o ministro di prestare servizio nel caso in cui venga presentata un’accusa contro di loro. Un simile emendamento bloccherebbe la capacità di Netanyahu di ricoprire la carica come primo ministro, dal momento che è stato formalmente accusato di corruzione, frode e violazione della fiducia nel novembre dello scorso anno ed è in attesa di processo.

la crisi causata dal coronavirus non ci dà il diritto o il permesso di abbandonare i nostri valori. Non si può strisciare in un governo del genere e dire che l’hai fatto per il bene del Paese, ha tuonato Yair Lapid nel vivo della trattativa tra Gantz e Netanyahu.  E ancora: “Ciò che si sta formando oggi non è un governo di unità nazionale e non è un governo di emergenza. È un altro governo di Netanyahu. Benny Gantz si è arreso senza combattere.  […] I risultati delle elezioni hanno dimostrato che Israele aveva bisogno di quell’alternativa come noi abbiamo bisogno dell’aria per respirare. Volevamo realizzare un cambiamento, creare una speranza, iniziare un nuovo percorso. E Gantz ha deciso di interromperlo”, ha concluso il fondatore di Yesh Atid, formazione centrista nata nel 2012 occupando un ruolo rilevante nel panorama politico con una precisa identità: contrastare Netanyahu.

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La sfida di  Odeh

“L’emergenza sanitaria non può essere utilizzata da Netanyahu per mettere in quarantena lo Stato di diritto – dice a Globalist Ayman Odehh, il leader della Joint List, la Lista araba unita, terza forza parlamentare con i 15 seggi ottenuti nelle elezioni di marzo. Anche in un momento così drammatico – aggiunge Odeh – Netanyahu ma mostrato un cinismo che non conosce limiti. Ora Gantz è di fronte a un bivio: o cede ai voleri di Netanyahu, garantendogli l’impunità, altrimenti dovrà provare a riallacciare i rapporti con il fronte anti-Netanyahu, se vuole ancora restare al centro della vita politica”. Ma non sarà un’impresa facile per l’ex capo di Stato maggiore, che per dar vita a un governo di “emergenza nazionale” con il Likud, ha sfasciato Blu e Bianco, rotto i ponti con la Joint List e il Meretz, la sinistra pacifista, che pure erano stati decisivi per farlo designare da Rivlin come premier incaricato. “Una cosa è certa  – sottolinea Odeh –: noi non sosterremo mai un governo Kahol Lavan-Likud, anche se a farne parte non dovesse esserci Netanyahu. L’abbiamo affermato in campagna elettorale e ribadito all’indomani del voto: Israele ha bisogno di una discontinuità politica con il passato, ha bisogno di un vero governo del cambiamento. Il voto degli arabi israeliani (il 20,9 per cento su una popolazione, secondo il recentissimo aggiornamento dell’Ufficio centrale di statistica di 8.907.000, il 74 per cento ebrei, ndr), è stato decisivo per impedire la vittoria di Netanyahu e della destra radicale e razzista che attorno a lui s’è coagulata. Per noi è un motivo d’orgoglio, ma non abbiamo mai pensato che l’emergenza democratica in cui versa il paese dipenda solo da un primo ministro che si ritiene al di sopra della legge al punto di sobillare la piazza contro un fantomatico golpe della magistratura. Chiudere l’era-Netanyahu non significa solo difendere i principi fondamentali di uno stato di diritto, ma porre fine a quelle politiche che hanno imprigionato il paese, moltiplicato le disuguaglianze sociali, fatto fallire il processo di pace con i palestinesi”. Se Gantz vuole riconquistare il sostegno della Joint List deve assumere, nel programmo di governo, quelli che Odeh indica come punti essenziali per la l sua coalizione: “Porre fine ad ogni discriminazione nei confronti della comunità araba-israeliana, delle sue amministrazioni, in ogni ambito della vita pubblica. Questo è il punto di svolta vero, epocale, per Israele: ogni cittadino ha eguali diritti e doveri, al di là dell’essere ebreo o arabo. Altro punto cruciale riguarda un no secco alla politica di colonizzazione dei territori palestinesi portata avanti da Netanyahu e dai suoi alleati. Il che significa no all’annessione della Valle del Giordano o una modifica unilaterale dei confini d’Israele. Occorre invece rilanciare il dialogo con la dirigenza palestinese del presidente Abbas per arrivare ad un accordo di compromesso che salvaguardi le aspirazioni dei palestinesi a uno Stato indipendente a fianco dello Stato d’Israele. Il nuovo governo non può essere alle dipendenze del movimento dei coloni e delle sue propaggini politiche. Per finanziare gli insediamenti, le destre hanno smantellato la sanità pubblica, tagliato il sostegno alle ragazze madri, all’istruzione, agli anziani. Come tutto il mondo, anche Israele deve fare i conti con il coronavirus. Nel campo medico abbiamo delle eccellenze. Occorre investire in questo campo. È una priorità nazionale”.

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Ma Israele, gli chiediamo, può sopportare nuove elezioni in piena emergenza Coronavirus?  “Evitare nuove elezioni è impegno di tutti, – è la risposta di Odeh – ma non può essere la ragione per imporre soluzioni emergenziali. Se c’è una cosa che Israele non può permettersi è un governo in continuità col passato. Con o senza Benjamin Netanyahu”.

Il messaggio lanciato a Gantz è chiaro: riconquistarsi sul campo quella credibilità politica che ha perso impelagandosi in una trattativa estenuante con “King Bibi”. Per il “Generale” è la prova decisiva. Uscirne vincitore sarà difficile, molto difficile.

 

 

 

 

 

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