Nell'inferno della Siria anche il Coronavirus entra in guerra
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Nell'inferno della Siria anche il Coronavirus entra in guerra

Secondo l’Oms, le capacità della Siria di far fronte all’emergenza Covid-19 sono fortemente ridotte a causa del conflitto ancora in corso, solo il 50% degli ospedali funziona regolarmente

Coronavirus in Siria
Coronavirus in Siria
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

28 Marzo 2020 - 16.33


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Siria, 11 milioni di sfollati, 384mila morti, in grande maggioranza civili, in una guerra per procura entrata nel decimo anno. Siria, l’inferno in terra ai tempi del Coronavirus.  governo della Siria ha confermato il quinto caso di contagio da coronavirus sul territorio del paese sotto il proprio controllo. Secondo il ministero della Salute, il quinto paziente affetto da coronavirus è giunto dall’estero ed è stato posto immediatamente in quarantena. Il quadro è catastrofico. Secondo un recente report dell’Oms, Organizzazione mondiale della sanità), le capacità della Siria di far fronte all’emergenza Covid-19 sono fortemente ridotte a causa del conflitto ancora in corso, solo il 50% degli ospedali funziona regolarmente e il personale medico deve far fronte alla carenza di medicinali e macchinari necessari per la cura del virus. Ma se la situazione nella parte del Paese controllata dal presidente Bashar al-Assad risulta critica, nei campi profughi o nel Nord-Est della Siria la diffusione del Covid-19 desta ancora più preoccupazione. 

Virus e guerra

Come spiega ad Altreconomia Ofe, volontaria della Mezzaluna rossa curda e rifugiata del campo profughi di Shehba, nel Nord-Ovest del Paese non ci sono i mezzi per rispondere a una possibile emergenza da Coronavirus. “Non abbiamo mascherine o prodotti sanitari di base, non ci sono laboratori in cui analizzare i tamponi, né centri specializzati in cui isolare i pazienti che potrebbero risultare positivi. Sono state prese alcune misure precauzionali, ma non sono sufficienti. Il campo è sovraffollato per cui anche solo imporre delle distanze di sicurezza è impossibile”. Dal dicembre scorso al marzo di quest’anno circa un milione di persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case e a trovare rifugio nei campi profughi del Nord-Ovest a causa degli scontri tra le forze governative -supportate da Russia e Iran- e le milizie filo-turche per il controllo di Idlib. “Gli aiuti umanitari non riescono a raggiungerci. Siamo abbandonati a noi stessi”.

La catastrofe diventerebbe sterminio se il virus arrivasse nella disastrata provincia di Idlib. “In Siria, a Idlib, dove quasi 1 milione di persone sono state costrette a sfollare in condizioni inumane in campi cresciuti a dismisura, l’autoisolamento sarebbe praticamente impossibile nel caso di un contagio da Coronavirus, con conseguenze potenzialmente devastanti per famiglie che vivono il decimo anno del conflitto siriano”, avverte Save the Children. Non basta. “Ancora una volta la fornitura di acqua dalla stazione idrica Allouk nel nord-est della Siria è stata interrotta. Si tratta dell’ultimo di una serie di interruzioni nel pompaggio delle ultime settimane. L’interruzione della fornitura d’acqua – durante gli attuali sforzi per frenare la diffusione del Coronavirus – espone i bambini e le famiglie a rischi inaccettabili. Il lavaggio delle mani con il sapone è fondamentale nella lotta contro Covid-19. La stazione è la principale fonte d’acqua per circa 460.000 persone nelle città di al-Hasskeh, Tal Tamer e nei campi di al-Hol e Areesha. Un accesso ininterrotto e affidabile all’acqua potabile è essenziale per garantire che i bambini e le famiglie della zona non debbano ricorrere a fonti d’acqua non sicure”, dice Fran Equiza, rappresentante Unicef in Siria

Stop alle armi.

La Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite per la Siria ha chiesto oggi un cessate il fuoco per “evitare di aggravare il disastro” dopo i primi casi accertati di Covid-19 nel paese devastato dalla guerra. “La pandemia di Covid-19 rappresenta una minaccia mortale per i civili siriani. Colpirà indiscriminatamente e sarà devastante per i più vulnerabili in assenza di urgenti azioni preventive”, ha affermato Paulo Pinheiro, presidente della Commissione. Finora la Siria ha annunciato cinque casi di infezione da coronavirus. “Per evitare l’incombente tragedia, le parti devono tenere conto dell’appello del segretario generale delle Nazioni Unite per un cessate il fuoco ed evitare il rischio di condannare a morte un gran numero di civili”, ha aggiunto Pinheiro.

La guerra in Siria, che ha ucciso oltre 380.000 persone, ha notevolmente indebolito il sistema sanitario siriano. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, solo il 64 per cento degli ospedali e il 52 per cento dei centri di assistenza primaria esistenti prima del 2011 sono operativi, mentre il 70 per cento degli operatori sanitari è fuggito dal Paese.

La guerra si compie anche sul terreno mediatico. E’ la “guerra delle dichiarazioni”.

“Una diffusione su larga scala della Covid-19 in Siria potrebbe avere conseguenze disastrose: gli Stati Uniti saranno responsabili per le persone che al momento si trovano nei territori ad est del fiume Eufrate. Lo ha dichiarato oggi la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, durante un briefing con i giornalisti. “La diffusione del virus in Siria avrebbe conseguenze catastrofiche: soprattutto alla luce del fatto che ci sono ancora molti campi profughi in territori che non sono sotto il controllo di Damasco, come l’area di Rukban”, ha detto la portavoce della diplomazia russa, aggiungendo che gli Stati Uniti “saranno responsabili per tutti i civili che si trovano in quelle aree”.

Ora si attende la risposta di Washington.

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