Il “Pinochet” di Ankara contro l’”Orban” di Atene si sfidano sui migranti

La tragedia umanitaria che da Idlib, nella Siria, arriva ai confini tra Turchia e Grecia, ha come attori principali il presidente turco Recep Tayyp Erdogan e il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis.

Migranti cercano di arrivare in Grecia dalla Turchia
Migranti cercano di arrivare in Grecia dalla Turchia
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

7 Marzo 2020 - 16.45


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Il “Pinochet” di Ankara contro l’”Orban” di Atene. Con l’Europa in ostaggio. La tragedia umanitaria che da Idlib, nel nordovest della Siria, si estende ai confini tra Turchia e Grecia, ha come attori principali il presidente turco Recep Tayyp Erdogan e il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis. Dopo una lunga telefonata con Angela Merkel in cui chiedeva una revisione dell’accordo sui migranti con l’Europa del 2016, il presidente turco Erdogan si recherà in visita a Bruxelles, lunedì 9 marzo. Non si conoscono ancora i suoi incontri in programma. 

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Il doppio ricatto

“Per ordine del presidente, non sarà permesso ai migranti di attraversare il Mar Egeo perché è pericoloso”, ha dichiarato la Guardia costiera secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Anadolu.  Sembra una risposta a quel che ha detto il premier greco Kyriakos Mitsotakis, che nei giorni del braccio di ferro politico dichiara “morto” il patto Ue-Turchia, che dal 2016 limitava gli arrivi di migranti in Europa. Lo ha detto in un’intervista alla Cnn, e ha accusato la Turchia di «assistere» lo spostamento di migliaia di migranti verso il confine greco. “Siamo onesti – ha detto – l’accordo è morto. E’ morto perché la Turchia ha deciso di violarlo completamente, a causa di ciò che è accaduto in Siria”. “La Turchia – ha aggiunto Mitsotakis – sta consapevolmente usando i migranti e i rifugiati come pedine geopolitiche per promuovere i suoi interessi»” Il premier ha sottolineato che coloro che tentano di entrare in Grecia non sono siriani ma persone che vivono in Turchia da tempo. “Stanno sistematicamente assistendo, sulla terraferma e in mare, le persone che tentano di entrare in Grecia”, ha accusato, parlando di “ricatto” turco all’Europa. Mitsotakis ha poi detto che Erdogan “deve smettere di diffondere fake news su quel che accade al confine. Non siamo quelli che alimentano il conflitto, ma abbiamo ogni diritto di proteggere i nostri confini. Ci siamo riusciti e ci riusciremo in futuro”. Sabato la polizia greca ha sparato gas lacrimogeno per disperdere i migranti che si erano riuniti al passaggio di confine di Kastanies, e che avevano lanciato pietre agli agenti greci urlando di aprire il confine. Negli ultimi giorni le autorità greche hanno inoltre accusato la polizia turca di lanciare gas lacrimogeno contro di loro al di là del confine, cercando di forzare l’attraversamento della frontiera da parte dei migranti.

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Bruxelles tra due fuochi

In Commissione europea c’è preoccupazione per la questione migranti dopo che Ankara ha deciso di lasciare aperti i confini con l’Europa per consentire il passaggio delle migliaia di profughi in fuga dalle aree in guerra  tra Turchia e Grecia. Passaggio che alcuni hanno considerato un ‘ricatto’ da parte del governo della mezza luna. Secondo il ministero degli Interni di Ankara sono più di 142mila i migranti che si sono diretti verso la Grecia dalla Turchia. Quest’ultima afferma di aver già accolto sul suo territorio 4 milioni di migranti, 3,6 dei quali siriani in fuga dal governo di Bashar Al-Assad. Intanto il presidente turco ha ordinato alla guardia costiera di fermare tutti i migranti che tentano la via del mare Egeo per arrivare in Europa attraverso le isole della Grecia.  

 Fonti governative greche accusano la Turchia di aver compiuto “attacchi coordinati” per “aiutare i migranti ad attraversare la recinzione sulla linea di confine”. Atene denuncia inoltre che Ankara avrebbe fornito ai profughi cesoie per tagliare le recinzioni e passare più agevolmente. Su richiesta di Frontex, che si occupa di monitorare i confini europei, la Croazia invierà nei prossimi giorni otto agenti di frontiera e un automezzo al confine.

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Secondo quanto scrive Avvenire, l’operazione di Ankara “assume i contorni di un’azione di disturbo”, che sembra “una provocazione”: “I migranti vengono tenuti nella retrovia, in attesa dell’ordine di prendere d’assalto la barriera metallica”. I migranti rispondono ai respingimenti lanciando pietre. Ieri mattina alcuni accampamenti sono stati sgomberati, e le persone sono state trasferite a bordo di autobus: non è ancora chiaro se si tratta di uno spostamento lungo il confine o se le autorità di Ankara abbiano iniziato ad allontanarli progressivamente dalla frontiera, una settimana dopo aver annunciato che non li avrebbero più fermati se avessero voluto recarsi in Europa.

Nel frattempo la presidente dell’esecutivo Ue, Ursula von der Leyen, e il premier greco Mitsotakis hanno concordato di mettere in atto un piano per garantire la protezione e l’assistenza ai bambini migranti non accompagnati bloccati in Grecia. “Migliaia di bambini non accompagnati raggiungono l’Europa ogni anno. La loro protezione è una priorità per la Commissione – ha detto Von der Leyen – Per questo motivo ho chiesto alla commissaria Ylva Johansson di recarsi in Grecia per trovare soluzioni per garantire la protezione” dei minori. Bruxelles, ha aggiunto, lavorerà “a stretto contatto con gli Stati membri per offrire un posto sicuro a questi bambini”. La decisione di Bruxelles arriva dopo una proposta avanzata mercoledì al Consiglio Interni dal ministro del Lussemburgo, Jean Asselborn, che prevede l’accoglienza da parte degli Stati membri – su base volontaria – di 10 bambini dalla Grecia ogni 500mila abitanti. Francia, Finlandia e Germania si sono già espresse a favore. Contraria l’Austria. “Se le frontiere esterne dell’Unione Europee non funzioneranno allora ci saranno di nuovo confini all’interno dell’Europa – ha tuonato il cancelliere austriaco Sebastian Kurz – se queste persone, alcune delle quali sono anche disposte a usare la violenza, alla fine finiranno in Europa centrale non rimarranno a 13.000 ma presto saranno centinaia di migliaia, forse anche milioni e quindi saremmo finiti nelle stesse condizioni del 2015”. Secondo Kurz, quello del suo governo sarebbe un diritto giustificato anche dalla provenienza di molti dei migranti che stanno provando in questi giorni ad entrare in Grecia: “La maggior parte delle persone che adesso arrivano a questo confine non sono rifugiati che fuggono dalla zona di guerra siriana – ha infatti affermato il cancelliere – ma migranti che vivono in Turchia da anni e quindi non hanno diritto all’asilo in Grecia perché non vengono perseguitati in Turchia”.

Giochi di potere

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La Germania – spalleggiata dalla Bulgaria – ha cercato di convincere i partner europei: bisogna dare un segnale ad Ankara. E ha chiesto di menzionare esplicitamente la disponibilità a versare nuovi fondi. «L’Ue deve continuare e rafforzare il sostegno finanziario alla Turchia per l’accoglienza dei rifugiati e dei migranti» insiste il ministro tedesco Heiko Maas. Sulla sponda opposta si è però fatta sentire la resistenza di Grecia e Cipro, due Paesi che – per motivi diversi – hanno relazioni estremamente tese con Ankara e che non vogliono dare segnali di resa di fronte al ricatto turco.

Tragedia umanitaria

Intanto nei campi profughi è emergenza civile e sanitaria. I Caschi bianchi parlano di catastrofe umanitaria spaventosa. “Non ci sono né cibo né acqua, le persone bruciano i propri vestiti per riscaldarsi” ha detto Raed al Saleh leader dei volontari che soccorrono i profughi.

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A Lesbo, intanto, gli attivisti e le ong sull’isola, nel frattempo, stanno raccogliendo testimonianze di tutti gli attacchi che hanno ricevuto nelle ultime settimane per presentare una denuncia in tribunale. Blocchi stradali, aggressioni ad attivisti, operatori umanitari e giornalisti, auto distrutte: sono decine gli episodi violenti registrati nell’isola nell’ultima settimana, cioè da quando Erdogan ha annunciato di aver aperto le frontiere con il Paese vicino, e il governo greco ha reagito sospendendo per un mese il diritto di asilo e avviando il respingimento di tutti i profughi che attraversano la frontiera dal 1 marzo.

La situazione sull’isola è drammatica, non ho mai vissuto un livello così alto di violenza. Ed è una sensazione condivisa, ci sentiamo tutti minacciati, non ci possiamo muovere liberamente”, dice ad Annalisa Camilli di Internazionale Efi Latsoudi, psicologa, coordinatrice del Pikpa solidarity camp, vincitrice nel 2016 del premio Nansen dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr),  che dopo le numerose minacce ricevute è sotto protezione. “Abbiamo portato questo caso in tribunale, perché si fermi il senso di impunità di queste persone. Ma una sentenza del tribunale non basta, se non troviamo il modo di affrontare il problema siamo tutti in pericolo. Il fatto che alcuni gruppi stiano venendo a Lesbo per attaccare i migranti è gravissimo”.

Tutto questo è documentato da video, testimonianze, report che danno conto di una situazione disumana. A Bruxelles e in tutte le cancellerie europee sanno beni chi sono i carnefici e chi le vittime. Ma ciò che conta è premiare i “Gendarmi” delle frontiere esterne. L’Europa muore a Lesbo.

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